Elezioni comunali parziali dell'11 giugno 2017
Il 40% dell'elettorato diserta le urne
A Genova, Lucca e Como la diserzione è più del 50%. Frana il M5S. Il PD arretra colpito dall'astensionismo. Mdp stampella del PD. Il “centro-destra” riprende quota. Mezza Palermo si astiene. Orlando rieletto con appena il 22,6% dei voti degli elettori e grazie all'appoggio di 7 liste compresa quella del PD. “Centro-destra” e “centro-sinistra” si disputano il governo dei comuni
CONTINUIAMO A COMBATTERE LE ILLUSIONI ELETTORALI, GOVERNATIVE E RIFORMISTE E A QUALIFICARE L'ASTENSIONISMO COME UN VOTO DATO AL PMLI E AL SOCIALISMO

 
Alle elezioni comunali parziali dell'11 giugno il 40% degli elettori ha disertato le urne. È un fatto importantissimo che conferma l'inesorabile distacco degli elettori e delle masse dalle istituzioni rappresentative borghesi, dai governi e dai partiti della classe dominante, siano questi di “centro-sinistra” o di “centro-destra” o trasversali come il Movimento cinque stelle. Ed è tanto più importante perché avviene in elezioni locali dove conta tantissimo la presenza di numerose liste e di candidati che hanno la possibilità di avere un rapporto più diretto e persino personale e familiare con gli elettori.
La tornata elettorale dell'11 giugno riguardava quasi un quinto dell'elettorato italiano. 1.004 comuni di regioni a statuto ordinario, e delle regioni a statuto speciale Friuli Venezia-Giulia, Sicilia e Sardegna per un totale di 9.172.026 elettori.
Tra i comuni in cui si è votato vi sono quattro comuni capoluoghi di regione (Genova, L'Aquila, Catanzaro e Palermo) e altri 21 comuni capoluoghi di provincia (Alessandria, Asti, Cuneo, Como, Lodi, Monza, Belluno, Padova, Verona, Gorizia, La Spezia, Parma, Piacenza, Lucca, Pistoia, Frosinone, Rieti, Lecce, Taranto, Trapani, Oristano). Le precedenti elezioni si erano tenute ne 2012 fuorché a Lodi e Padova, entrambe commissariate. La prima perché è stato arrestato l'ex sindaco, la seconda per bagarre interne alla maggioranza. Saltate le elezioni invece in sette comuni per mancanza di liste candidate.
Erano considerate un test importante non solo per la dimensione dell'elettorato coinvolto ma anche per studiare strategie in vista delle future e ormai prossime elezioni politiche.
Vince l'astensionismo
Il dato che più salta all'occhio è quello della diserzione dalle urne. In complesso nelle regioni a statuto ordinario e in Sardegna il 39,9% dell'elettorato ha disertato le urne. Si tratta del 6,7% in più rispetto alle precedenti elezioni comunali. In Sicilia la diserzione ha raggiunto il 41,8% e in Friuli Venezia-Giulia addirittura il 44,6% dell'intero corpo elettorale.
Come è normale in elezioni di carattere locale, l'andamento della diserzione varia da provincia a provincia, in base alle specifiche e concrete condizioni economiche, sociali e politiche, ma non presenta più macroscopiche differenze fra Nord, Centro e Sud d'Italia. Anzi il Centro e il Nord hanno sostanzialmente raggiunto e superato lo stesso Sud. In tutte le province si registra un incremento della diserzione dalle urne fino a doppia cifra come nei comuni della provincia di Bergamo (+11,6%), Lecco (+11,4%), Forlì-Cesena (+12,7%), Bologna (+10,2%), Parma (+10,9%), Ancona (+10%), Roma (+11,6%), Nuoro (+10,4) fino alle cifre record della provincia di Ascoli Piceno (+17,9%) e Modena (+15,3%).
Nelle cittadine di Ischia e Barano d'Ischia l'astensionismo (diserzione dalle urne, voto annullato e lasciato in bianco) raggiunge rispettivamente il 30,7% e il 41,6% con incrementi del 4,4% nel primo caso e del 10,5% nel secondo, premiando l'impegno dei marxisti-leninisti per la propaganda astensionista. Anche a Paola (Cosenza) l'astensionismo raggiunge il 31,7%, +2,4% rispetto alle elezioni del 2012. Già su questo numero è presente un'analisi specifica di questo risultato.
Stando ai soli comuni capoluogo, che complessivamente rappresentano il grosso dell’intero corpo elettorale investito da questa tornata elettorale, la diserzione è ancora più marcata. Sono infatti le grandi città a fare da maggior traino all'astensionismo. A Genova (51,6%), Como (50,9%) e Lucca (50,7%) la diserzione dalle urne coinvolge oltre il 50% degli elettori. Sfiora il 50% a Belluno (49,7%), Monza (48,1%), Palermo (47,4%), Parma (46,4%).
I maggiori incrementi si registrano a Como (+11,2%), Parma (+10,9%), Verona (+10,8%), Palermo (+10,6) e Cuneo (+10,2%).
Sono valori inimmaginabili appena un decennio fa e in città roccaforti del “centro-sinistra” come Genova, La Spezia e Parma, e in regioni come l'Emilia-Romagna e la Toscana.
E ci riferiamo solo alla componente dell'astensionismo costituita dalla diserzione dalle urne alla quale andrebbero aggiunte le altre due componenti del voto annullato e lasciato in bianco. Anche se ormai queste due ultime componenti hanno un peso molto relativo che si aggira intorno all'1%.
Basterebbero queste cifre per capire che a vincere è stato l’astensionismo cioè quella grande massa di elettori che continuano caparbiamente a prendere le distanze dai partiti e dalle istituzioni del regime. E a perdere sono state ancora una volta le istituzioni rappresentative borghesi, i partiti del regime neofascista imperante, i sindaci e i consigli comunali che risultano così delegittimati in quanto riconosciuti e sostenuti solo da una esigua minoranza.
Frana il M5S
Sono state le prime elezioni veramente deludenti per il Movimento 5 stelle da quando si è affacciato nell'arena politica. Dopo gli exploit delle elezioni amministrative parziali dell'anno scorso dove si trovò a conquistare Comuni come Roma e Torino, questa volta il partito di Grillo e Casaleggio è a contare le perdite più che le conquiste. Non conquista e nemmeno va al ballottaggio in nessuno dei comuni capoluogo e scarsa è la sua presenza anche nei comuni superiori ai 15 mila abitanti dove la competizione proseguirà il 25 giugno prossimo. Soprattutto perde copiosamente voti rispetto alle elezioni comunali del 2012 e frana letteralmente rispetto alle ultime elezioni politiche. Il Movimento 5 stelle è sostanzialmente tornato ai livelli del 2012 dove raccoglieva l'8,1% dei voti validi, mentre oggi i voti sono il 7,8%. Rispetto alle elezioni politiche del 2013, quando il M5S arrivo al 25,8%, il calo è addirittura del 18%. Troppo presto per registrare una tendenza definitiva. Per ora il M5S guadagna consensi nelle competizioni nazionali ma stenta molto a livello locale. Nonostante che sia ormai presente nell'81,4% dei 161 comuni superiori ai 15 mila elettori (+27% rispetto alle elezioni precedenti). Fra l'altro in base agli studi sui flussi elettorali resi noti dall'Istituto Cattaneo, gli elettori che rispetto alle elezioni politiche 2013 hanno abbandonato il M5S hanno preso tante direzioni diverse, ma soprattutto si sono riversati proprio nell'astensionismo. Un dato che conferma fra l'altro la funzione drenante che ha svolto e continua a svolgere il M5S rispetto all'astensionismo.
Particolarmente cocente la sconfitta a Parma che storicamente è stata la prima città capoluogo conquistata dal Movimento 5 stelle. In questa città il sindaco uscente, l'ex M5S Federico Pizzarotti va in vantaggio al ballottaggio con la sua lista “Effetto Parma” sottraendo trasversalmente voti soprattutto al “centro-sinistra” e al “centro-destra”. Circa una metà di elettori che lo avevano votato nel 2012 non lo hanno scelto per la seconda volta ma nemmeno hanno votato il nuovo candidato del M5S che si ferma al 3,2% dei voti validi, preferendo riversarsi in massa nell'astensionismo.
Il PD arretra, il “centro-destra” respira
Il PD e Renzi gongolano per il risultato elettorale solo perché risulta ridimensionato il M5S che considerano il loro principale avversario nella prossima competizione politica. In realtà, se il M5S piange il PD e l'intero “centro-sinistra” non hanno nulla di che ridere.
Il PD, secondo l'Istituto Cattaneo, perde rispetto al 2012 l'1,8% dei consensi e la “sinistra” (Sel, Sinistra Italiana, Articolo Uno, Rivoluzione civile, ecc.) l'1%. Ancor più pesante la perdita rispetto alle politiche 2013: -3,2% il PD, -1,7% la “sinistra”. Significativo è che gli elettori che hanno abbandonato il PD e il “centro-sinistra” in questa tornata si sono riversati in gran parte nell'astensionismo.
È per esempio il caso di Genova, dove il “centro-sinistra” perde verso l'astensionismo il 23% dei suoi elettori rispetto al 2012 e addirittura un terzo rispetto alle elezioni politiche 2013. Ciò spiega, fra l'altro, come mai in quella città il “centro-sinistra” si trova a rincorrere per la prima volta al ballottaggio il candidato del “centro-destra” che pure si è limitato a mantenere i propri voti. Secondo Cattaneo ciò è successo in maniera copiosa anche ad Alessandria, La Spezia, Padova, Parma, Piacenza e Pistoia, le città che per ora ha preso in esame. A La Spezia, per esempio, il “centro-sinistra” ha visto il 20% dei suoi elettorali confluire nell'astensionismo. Rispetto alle politiche sono il 33% a Piacenza e il 30% a Pistoia gli elettori del “centro-sinistra” passati all'astensione.
Fra l'altro nei 161 comuni superiori ai 15.000 abitanti il PD si presentava in coalizione con liste civiche di “centro-sinistra” o partiti alla sua sinistra.
Stando all'analisi del sito Youtrend , in 142 comuni con più di 15 mila abitanti, la media del PD in questa tornata è al 16,6%. Ben lontano dal 40% cui ambirebbe il nuovo duce Renzi. Se ha salvato in qualche modo il risultato lo deve quasi tutto alle liste civiche del “centro-sinistra”, che tutte assieme vengono stimate al 20,2%, e ai voti del Mpd che quasi ovunque gli ha fatto da stampella offrendogli una vergognosa e quanto mai prevedibile copertura a sinistra.
Il “centro-destra” tira un leggero respiro di sollievo. Tiene rispetto al 2012 e recupera qualcosa rispetto alle disastrose politiche 2013. Il merito va soprattutto ai voti guadagnati dalla Lega Nord e dai partiti riuniti sotto l'etichetta “Destra” (Fratelli d'Italia, Alleanza nazionale, ecc.), mentre Forza Italia guadagna rispetto alle politiche il 3,2% ma cala del 2,2% rispetto al 2012.
“Centro-sinistra” e “centro-destra” si sono fra l'altro avvantaggiati dalla sparizione dei partiti del cosiddetto “centro” (UDC, Scelta civica, Alleanza popolare, ecc.) i cui elettori si sono riversati trasversalmente a destra e a manca, ivi compreso il M5S.
Sindaci e consigli comunali delegittimati
Per tirare le somme definitive di questa tornata elettorale, manca a questo punto il turno di ballottaggio che si terrà domenica 25 giugno e riguarderà la stragrande maggioranza dei comuni più popolosi e dei comuni capoluogo. Comunque vada sappiamo però già che i sindaci e i consigli comunali che verranno eletti partono sfiduciati e delegittimati dal forte astensionismo.
Al primo turno sono stati eletti solo tre sindaci: a Cuneo, Frosinone e Palermo. In tutti e tre i casi, per l'effetto del forte astensionismo, i sindaci sono stati eletti solo da una minoranza dell'elettorato. A Cuneo il sindaco di “centro-sinistra” è eletto dal 34% degli elettori. A Frosinone il sindaco di “centro-destra” è stato eletto dal 39,8% degli elettori.
Un discorso a parte merita il caso di Palermo. Qui Leoluca Orlando è stato rieletto al primo turno col 46,3% dei voti validi, anche perché la legge elettorale siciliana prevede il quorum al 40% e non al 50%, ma solo dal 22,6% degli elettori, visto che per metà gli elettori di Palermo si sono astenuti. Non solo. Nel 2012 Orlando fu eletto quasi a sorpresa col sostegno di solo due liste (“La Sinistra” e l'Italia dei valori di Di Pietro). Quest'anno al contrario sono ben 7 le liste che lo sostenevano fra cui anche il PD, che pur di stare in coalizione ha rinunciato a presentare il proprio simbolo, ex esponenti di “centro-destra”, “centristi” e “moderati” vari. Insomma i circa 20 mila voti in più che ha racimolato rispetto al 2012 sono veramente pochi rispetto alle liste che ha imbarcato nel frattempo.
È la quinta volta che Orlando guiderà il Palazzo delle Aquile, ma non crediamo che possa fare qualcosa di più e di meglio rispetto a ciò che non ha fatto nei vent'anni precedenti (fin da quando era ancora democristiano) per le masse popolari palermitane.
Per quanto riguarda le altre città che vanno al ballottaggio saranno sostanzialmente “centro-sinistra” e “centro-destra” a disputarsi il governo dei comuni. Il PD con le liste civiche ha raggiunto il ballottaggio in 86 casi mentre il “centro-destra” in 89 e parte in vantaggio tre volte di più. Nei 22 comuni capoluogo PD e Forza Italia saranno presenti in 20 casi ma il “centro-destra parte in vantaggio in 15 comuni e il “centro-sinistra” solo in 5. Il rapporto è completamente invertito rispetto al 2012 quando in vantaggio era il “centro-sinistra” in 13 comuni e il “centro-destra” in appena 2.
La battaglia dei marxisti-leninisti continua
La tendenza astensionista sembra inarrestabile. Tuttavia le liste in cui compaiono la falce e martello continuano a essere votate. Si tratta di centinaia di migliaia di fautori del socialismo che credono ancora che si possono cambiare le cose e la società per via parlamentare. In base ad alcuni calcoli che valutano intorno al 6-7% dei voti validi la percentuale raggiunta dalla “sinistra”, solo in questa tornata elettorale vi sono oltre trecentomila elettori di sinistra che hanno votato partiti alla sinistra del PD.
Una contraddizione tra l'astensionismo elettorale di massa e il partecipazionismo elettorale di una componente fra le più avanzate dell'elettorato.
Una contraddizione che pesa sullo sviluppo della coscienza politica del proletariato e delle masse e della lotta di classe.
Una contraddizione che può essere risolta solo dal PMLI, dalla sua capacità di convincere le fautrici e i fautori del socialismo che l'unica via per abbattere il capitalismo, realizzare il socialismo e dare il potere al proletariato è quella della Rivoluzione d'Ottobre, di cui quest'anno ricorre il Centenario.
Dobbiamo quindi continuare a decuplicare i nostri sforzi per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali e riformiste che di fatto sabotano la lotta di classe e rallentano la presa di coscienza anticapitalista, antistituzionale e rivoluzionaria del proletariato e delle masse popolari italiane e per qualificare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Questo lavoro va fatto fin da ora là dove vi saranno le elezioni di ballottaggio il 25 giugno, ma anche ovunque in vista delle elezioni politiche che si terranno in autunno o a primavera prossima e per le quali la classe dominante borghese e i suoi servi, vecchi e nuovi volponi riformisti, stanno già mettendo in cantiere nuove trappole elettorali e politico-organizzative per ingannare l'elettorato di sinistra, ingabbiarlo nel recinto della Costituzione borghese e nel riformismo a rimorchio del regime neofascista.
Intanto trasmettiamo i più vivi e riconoscenti ringraziamenti da parte dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi ai militanti, ai simpatizzanti e agli amici del Partito che si sono impegnati, ciascuno in base alle proprie possibilità, a propagandare l'astensionismo marxista-leninista. Particolarmente apprezzati gli articoli scritti su “Il Bolscevico”.
 
 
13 giugno 2017