La Sardegna in piazza contro le servitù militari
40 mila ettari occupati dai poligoni

In Sardegna vi sono 40.000 ettari di territorio occupati stabilmente dai poligoni militari. A questi, si aggiunge l’occupazione temporanea utile alle esercitazioni che interessano periodicamente un tratto di mare e di spazio aereo pari a circa 20.000 chilometri quadrati, quasi come la superficie dell’intera Sardegna. Il mese scorso l’isola ha dovuto ospitare l’esercitazione “Mare aperto”, che ha visto addirittura il transito di navi provenienti da diversi teatri di guerra nel porto di Cagliari. Contestualmente, il sito web di informazione Sardiniapost, scriveva che:” Nei mesi scorsi la fabbrica di bombe made in Sardinia usate dai sauditi nel conflitto in Yemen, ha avviato l’iter per l’ampliamento dello stabilimento sardo, mettendo sul piatto 40 milioni in due anni.”. Una evidente escalation della militarizzazione dell’isola, se è vero com’è vero che i vertici tedeschi della società, diretta emanazione della tedesca Rheinmetall, si sono mossi anche verso Sa Stoia, l’area industriale di Iglesias, dove Rwm vorrebbe allestire un deposito per lo stoccaggio di “materiali di imballaggio vari” nel quale è però prevista anche la realizzazione di un deposito di materiale combustibile con una superficie lorda pari a 1.700 metri quadrati. Praticamente ormai la Sardegna non serve agli imperialisti italiani e d’occidente solo come grande piattaforma militare per le forze armate nazionali e per la Nato, ma anche come grande centro di produzione di armi da esportare verso paesi in guerra. Il 2 giugno, nel giorno della festa della Repubblica borghese italiana, a Cagliari si sono riunite centinaia di persone per manifestare contro le servitù militari e contro la militarizzazione dell’isola; in poche parole, “A Foras!”, fuori le basi militari dalla Sardegna! Proprio per iniziativa di “A foras”, il cartello che raccoglie la galassia antimilitarista sarda, migliaia di persone hanno voluto ricordare che le istituzioni hanno unilateralmente imposto alla Sardegna un carico di servitù militari attualmente pari a circa il 60% del totale italiano, a fronte di una popolazione sarda che è circa il 3% di quella italiana. Al mattino un corteo nel centro della città è partito da Marina Piccola per dirigersi verso piazza dei Centomila, mentre al pomeriggio si è tenuto un concerto al parco del Colle San Michele contro l’occupazione militare della Sardegna. Degno di nota il fatto che assieme agli antimilitaristi hanno sfilato i 400 dipendenti sardi di Tre e di Wind che temono di perdere il lavoro dopo l’accorpamento delle due compagnie di telefonia mobile e la sua probabile riorganizzazione. L’iniziativa, secondo i promotori, è stata “una grande mobilitazione di tutta la Sardegna contro tutti gli eserciti e contro tutte le multinazionali delle armi che, con la complicità del governo nazionale e di quello regionale in carica e dei suoi predecessori, operano ogni giorno nell’isola, traendo profitto dall’industria bellica e continuando a portare morte e distruzione nel mondo e sempre nuove ondate di profughi disperati verso le nostre coste.” In questo senso, è’ un dato di fatto che nel solo 2017 il governo Renzi-Gentiloni abbia destinato 23 miliardi di euro spese militari, il che equivale oltre 64 milioni al giorno pari a poco più dell’1,5% del pil, mentre, ad esempio, le spese per il diritto pubblico alla salute ed all’istruzione sono state ulteriormente tagliate, e che alla ricerca siano arrivati appena 5 miliardi annui. Quindi, mentre milioni di famiglie versano in condizioni di povertà assoluta, le spese militari per sostenere la politica neocolonialista imperialista e interventista del governo continua ad aumentare, come già annunciato dagli studi dell'Osservatorio sulle spese militari italiane Mil€x (www.milex.org) presentate il 23 novembre alla Camera. Considerati non solo il bilancio della Difesa, ma anche tutti i capitoli di spesa “militari” in capo al ministero dello Sviluppo economico, come le aggressioni imperialiste all’estero e i programmi di “ammodernamento e acquisto” di armamenti utili a foraggiare le aziende belliche nostrane a cominciare dalla Leonardo, ossia l'ex Finmeccanica, Fincantieri e Iveco che nel corso degli ultimi anni si sono spartiti commesse per oltre 50 miliardi di euro, è evidente come il 2017 superi ancora certe aspettative, ad esclusivo vantaggio delle 112 industrie armiere (12 grandi e cento piccole e medie) beneficiarie delle commesse statali. (vedi “il bolscevico” 1/2017 ).
 

13 giugno 2017