Nel primo trimestre 2017
Più licenziamenti e contratti a termine, meno a tempo indeterminato
Certificato il fallimento del Jobs Act di Renzi

Il Jobs Act di Renzi, come abbiamo denunciato più volte fin dalla sua approvazione, è un'autentica iattura per i lavoratori e porta benefici solo ai padroni che in due anni si sono già pappati 18 miliardi di incentivi, non hanno creato un solo nuovo posto di lavoro e ora, grazie alla contestuale abolizione dell'articolo 18, hanno dato il via a nuove ondate di licenziamenti.
A certificarlo sono i dati diffusi il 18 maggio dall'Osservatorio sul precariato Inps secondo cui con la fine degli incentivi alle imprese continuano a calare drasticamente anche i contratti a tempo indeterminato mentre sono in forte aumento i licenziamenti disciplinari, il lavoro precario, in apprendistato e in somministrazione.
Nel primo trimestre 2017 i nuovi contratti stabili, comprese le trasformazioni da apprendistato o da contratti a termine, sono stati 398.866: il saldo tra i nuovi posti e le cessazioni di contratti stabili è stato di 17.537 contro i 41.731 dell’analogo periodo del 2016, quando gli sgravi c’erano ancora pur se in forma ridotta, e i 214.765 nuovi contratti “netti” (612.158 attivazioni meno 397.393 cessazioni) attivati nel primo trimestre 2015. Un crollo del 91,8 per cento. Spariti gli sgravi, le imprese sono tornate a licenziare e ad assumere solo con contratti a termine, proprio come prima del Jobs Act e della legge di Stabilità per il 2016.
1.439.000 sono state le assunzioni nel periodo esaminato dall’Osservatorio Inps, con un +9.6% rispetto all’anno precedente. Peccato che siano gli apprendisti a essere i più assunti, con un aumento del 29.5%, e i lavoratori a tempo determinato (+16.5%). Cala il tempo indeterminato (-7,6%).
Dunque le cosiddette nuove assunzioni di cui cianciano Renzi e i suoi tirapiedi al Lavoro e all'Economia, Poletti e Padoan, non sono dovute all'attivazione di contratti di lavoro stabili, come di solito viene fatto credere. Da questa cifra vanno sottratte le trasformazioni da contratto a tempo determinato a tempo indeterminato, incluse le prosecuzioni a tempo indeterminato degli apprendisti: sono 89 mila, con una riduzione del 6,8% rispetto allo stesso periodo del 2016. Vanno poi esclusi 40 mila contratti di apprendistato e, soprattutto 315 mila contratti precari, inclusi quelli stagionali. I contratti a tempo indeterminato veri e propri sono appena 22 mila. L’Inps sottolinea che le cessazioni dei contratti sono state 381 mila. Il saldo è di 17.537 unità per di più in calo rispetto al primo trimestre del 2016 quando il saldo era di 41 mila unità e gli sgravi erano a pieno regime. Rispetto allo stesso periodo del 2015 c’è un abisso: il saldo era di oltre 214 mila unità.
Ad aumentare insomma è soltanto il lavoro precario a cominciare dagli apprendisti (+29,5%), ossia da coloro che dopo il periodo di prova o di formazione professionale potrebbero essere non confermati sul posto di lavoro. Dopo di loro ci sono gli assunti a tempo determinato (+16,5%). Ed è sintomatico sottolineare che i settori dove più crescono i contratti precari sono quelli del commercio, turismo e ristorazione, ossia dove la rotazione della forza lavoro a basso tasso di competenze e produttività è più alta.
Non solo. A partire da questi primi tre mesi del 2017 l’Inps ha registrato un boom di un’altra forma di precariato giovanile, e studentesco in particolare, che si lega direttamente alla controriforma scolastica Renzi-Giannini attraverso il progetto di “alternanza scuola-lavoro” grazie al quale le assunzioni in apprendistato sono aumentate del 35% ed è significativa anche la crescita dei cosiddetti contratti di somministrazione (+14%). Ossia del vecchio “lavoro interinale” in mano alle agenzie private.
Accanto a tutto ciò, i dati Inps confermano anche un’altra tendenza, ormai in atto da mesi, che riguarda la crescita esponenziale dei licenziamenti per motivi disciplinari tra i dipendenti a tempo indeterminato nelle aziende oltre i 15 dipendenti. L’abolizione dell’articolo 18 voluta da Renzi è coincisa con un aumento in un anno del 14,4% da 16.004 a 18.349. Rispetto al 2015 sono aumentati del 44%. Nei primi tre mesi di quest’anno le aziende hanno licenziato 143 mila persone con un aumento del 2,8 rispetto al 2016. Un dato che conferma un altro aspetto devastante della controriforma del lavoro, ossia il cosiddetto “contratto a tutele crescenti”.

13 giugno 2017