Ai ballottaggi per l'elezione dei sindaci del 25 giugno 2017
Vola l'astensionismo. Sindaci delegittimati
Disfatta del PD. M5S al palo. Il “centro-destra” strappa al “centro-sinistra” comuni importanti come Genova
Solo dando forza al PMLI e battendosi per il socialismo È possibile cambiare l'italia

Il 25 giugno oltre quattro milioni di elettori sono stati di nuovo chiamati alle urne per la scelta dei sindaci al ballottaggio in 111 comuni, fra i quali 22 comuni capoluoghi.
Il dato principale è che l'astensionismo ha volato in alto, ben oltre ogni legittima aspettativa. In complesso ha disertato le urne ben il 54% degli elettori. Più di un elettore su due ha deciso che non voleva esprimere una propria preferenza per i due candidati rimasti a contendersi il potere cittadino. L'incremento fra il primo e il secondo turno è stato addirittura del 12%. Superiore a quanto era stato nelle
elezioni precedenti, che in genere si erano tenute nel 2012.

Astensionismo record
Gli incrementi maggiori in Calabria (+20,8%) e in questa regione vogliamo registrare anche l'avanzata dell'astensionismo a Paola (Cosenza) dove la diserzione dalle urne è arrivata al 43% (+12%). In Campania la diserzione cresce del 20,2% e altrettanto avviene al Sud.
Per quanto riguarda i comuni capoluoghi la diserzione dalle urne ha raggiunto addirittura il 67,1% a Taranto la città del massacro operaio e della devastazione ambientale dell'Ilva con un incremento del 25,6% fra il primo e il secondo turno.
A Como la diserzione sale al 64,2% (+13,3% fra 1° e 2° turno), a Catanzaro l'incremento è stato addirittura del 30,4% passando dal 22,6% al 52,9%.
Sopra la media nazionale stanno Belluno (58,8%), Asti (58,3%), Verona (57,6%), Genova (57,3%), Oristano (56,1%), Gorizia (56%), Monza e Parma (54,8%). Sopra il 50% anche Alessandria, La Spezia, Piacenza, Lucca, Pistoia e Catanzaro.
Grosse differenze fra Nord, Centro e Sud ormai non ce ne sono. La diserzione è solo un po' più massiccia nei grossi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni borghesi e dai partiti parlamentari, ma anche dalle cosiddette “Liste civiche” e dai singoli candidati sull'elettorato è maggiore e più capillare.
L'aumento dell'astensionismo fra il primo e il secondo turno non è un dato semplicemente fisiologico perché in passato lo scarto non era così consistente e comunque varia da città a città proprio perché l'elettorato non è più statico e sempre più sceglie consapevolmente di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare.
Il fatto che questa volta il M5S sia stato in gran parte escluso dal turno di ballottaggio, per esempio, ha favorito l'aumento dell'astensionismo poiché molti dei suoi elettori, temporaneamente richiamati al voto dalla “novità” del “terzo polo” costituito dal partito di Grillo e Casaleggio, sono tornati a disertare le urne di fronte alla scelta obbligata fra il candidato del “centro-destra” e del “centro-sinistra”.
Ciò testimonia, fra l'altro, l'azione di drenaggio dell'astensionismo esercitata dal M5S e la copertura che esso offre alle istituzioni rappresentative borghesi illudendo una parte di elettorato sulla possibilità di un reale cambiamento dall'interno delle istituzioni stesse.

Sindaci senza base elettorale
Il dato dell'astensionismo, specie quando è di queste enormi proporzioni, se ignorato, come fanno in genere partiti e media borghesi, rendono comunque falsa e distorta ogni analisi del voto elettorale.
Perché al di là di chi ha vinto o perso la competizione elettorale e di chi avrà il potere nel governo locale, resta il fatto che oltre metà dell'elettorato ha preso apertamente e marcatamente le distanze dalle istituzioni rappresentative borghesi e dai partiti sia della destra che della “sinistra” borghese, e ha oggettivamente delegittimato e sfiduciato i sindaci e i futuri governi locali.
Se si rapportano i voti ottenuti dai sindaci eletti con l'intero corpo elettorale e non già con i soli voti validi, ci si renderà perfettamente conto che essi hanno ancor prima di iniziare una debolissima base elettorale e di massa potendo contare solo sulla fiducia e il consenso di una risicata minoranza che in genere si aggira intorno a un quarto dell'elettorato. A Taranto il sindaco è stato eletto dal 16% degli elettori della sua città. A Como dal 18,3%. Ad Asti dal 21,9%. A Genova dove per la prima volta dal dopoguerra il sindaco passa dal “centro-sinistra” al “centro-destra”, Marco Bucci può contare solo sul 22,9% degli elettori. Persino Leoluca Orlando, ormai al suo quinto incarico da sindaco, e che tanto vanta l'appoggio dei suoi concittadini in realtà nonostante sia stato eletto già al primo turno e con ben 7 liste a sostenerlo ha raccolto solo il 22,6% degli elettori che avevano diritto di voto.
Il fenomeno peraltro non presenta significative differenze territoriali, fra Nord, Centro e Sud. Né pare incidere in modo pesante l'area a cui appartengono i candidati sindaci. Lo stesso Pizzarotti (ex M5S ed oggi sostenuto da liste civiche) a Parma è stato rieletto col 25,6% degli elettori.

La disfatta del PD
L'astensionismo finisce per far perdere tutti i partiti e le liste in lizza. Nessun sindaco, sia di “centro-destra” che di “centro-sinistra” può vantare di essere stato eletto dalla stessa quantità di elettori del suo predecessore.
La batosta più tremenda è stata comunque per il PD di Renzi. Non conquista nessuna poltrona su 5 in ballottaggio in Emilia-Romagna, nessuna su 3 in Liguria; 1 sola su 3 in Toscana; nessuna su 3 in Umbria e Marche; 1 su 10 nel Lazio e nessuna su 4 in Abruzzo. Perde anche Gorizia nella regione della renzianissima Debora Serracchiani.
In Lombardia le cose non vanno meglio e soprattutto perde centri come Monza, Como e Sesto San Giovanni. In Piemonte prende appena 3 sindaci su 8 ballottaggi ma fra questi non ci sono i capoluoghi Asti e Alessandria. Solo un po' meno peggio al Sud.
Il PD perde voti assoluti ovunque. A Pistoia ne perde un terzo. A La Spezia addirittura li dimezza. Riesce persino a perdere voti fra il primo e il secondo turno (quando in realtà dovrebbero aumentare) a L'Aquila, Avezzano e Budrio.
A Genova perde per la prima volta il municipio dopo aver perso il governo in Liguria e a Savona. E ora anche a La Spezia.
Un discorso a sé merita Padova. Qui l'imprenditore del PD Sergio Giordani è stato eletto sindaco, pur essendo partito in svantaggio dopo il primo turno, grazie al soccorso dei voti della lista “Coalizione civica” di Arturo Lorenzoni i cui 22.357 voti si sono quasi interamente riversati sul candidato del PD al secondo turno andando a far compagnia a un coacervo di forze che vanno dai popolari di Alfano, ai fuoriusciti di Forza Italia, a “La Sinistra per Giordani”. È particolarmente significativo perché la lista di Lorenzoni, che nasce all'insegna dell'indipendenza dai partiti e del rifiuto di alleanze e inciuci, al contrario ha fatto un accordo col PD che prevede in cambio la poltrona di vicesindaco. Alla faccia della coerenza.
Riassumendo nei 110 comuni al ballottaggio (escludendo Trapani le cui elezioni sono state annullate per mancanza di quorum e il Comune sarà quindi commissariato), il “centro-sinistra” a guida PD passa da 64 a 34 comuni, mentre il “centro-destra” passa da 32 a 53. Le Liste civiche passano da 12 a 15. Il M5S passa da 2 comuni a 8. Ma fra questi non c'è neanche un comune capoluogo.
Fra i 24 comuni capoluogo 6 vanno al “centro-sinistra” che prima ne aveva 17, 16 al “centro-destra” che ne aveva 5, le Liste civiche mantengono due comuni.
Il Movimento 5 stelle che era riuscito a raggiungere il ballottaggio solo in 10 su 159 comuni con più di 15 mila abitanti, è rimasto sostanzialmente al palo. In più ci sono segnali negativi importanti come quello di Genova dove crolla dal 30% sui voti validi ottenuto nel 2013 al 18% attuale. Oppure a Parma, la prima grande città conquistata dal Movimento, che ha totalizzato solo 2.426 voti rispetto ai 13.817 di cinque anni fa. Senza contare che qui viene riconfermato sindaco proprio l'ex M5S Pizzarotti.
Si conferma che il M5S ha più difficoltà a raggiungere il ballottaggio poiché corre da solo, ma una volta che lo raggiunge grazie al suo trasversalismo e dopo aver dato prova, laddove hanno in mano le città, ma anche in parlamento, di essere sostanzialmente dei “moderati” tutti interni al sistema, seppure in svantaggio riescono poi a ribaltare il risultato del 1° turno e a vincere grazie alla convergenza dei voti del “centro-destra” com'è successo a Carrara e altrove.
Il “centro-destra” canta vittoria. Ma c'è molto fumo e niente arrosto. Strappa al “centro-sinistra” città importanti e storiche come Genova, La Spezia, Monza, Pistoia, Sesto San Giovanni. Ma lo fa contando soprattutto sulla caduta libera del PD pur senza incrementando i propri consensi. A Genova il candidato del “centro-destra” ottiene 112.398 voti quando cinque anni fa il “centro-sinistra” ne aveva ottenuti 114.245, mentre quest'anno ne ottiene solo 91.057. A Pistoia il candidato del “centro-destra” conquista la poltrona con 19.049 quando cinque anni fa il sindaco del “centro-sinistra” fu eletto con 23.284 voti. E di esempi ce ne sono molti dove al “centro-sinistra” sarebbe bastato di gran lunga mantenere i propri voti per battere il “centro-destra”. Prendendo per esempio Verona. Qui l'ex leghista Tosi nel 2012 passò con 76.904 voti. Al suo successore Sboarina ne sono bastati 30 mila in meno, ossia 46.962, per essere eletto e battere la fidanzata di Tosi che al secondo turno aveva apparentato persino il PD. La Lega che ha cantato vittoria e inneggiato alla vendetta realizzata quest'anno a Verona ha raccattato appena 9.704 voti rispetto ai 13.065 del 2012.
L'elettorato non ha quindi premiato il “centro-destra”. Piuttosto ha punito il “centro-sinistra” e ha preferito in larga misura l'astensionismo.
In genere, l'elettorato ha voluto punire il governo uscente. Hanno cambiato infatti “colore” di governo ben 88 città su 159. Ed essendo in questa tornata comuni in stragrande maggioranza governati dal “centro-sinistra” è ovvio che se ne sia avvantaggiato il “centro-destra”.
È l'ennesima prova che l'elettorato non firma più cambiali in bianco a nessuno. Era già così per una gran parte dell'elettorato ma lo è sempre più anche per l'elettorato di sinistra e del “centro-sinistra”. Solo in Umbria e in Toscana resta ancora una sorta di “zoccolo duro”, ma esso si va sempre più sgretolando. Tant'è vero che in Toscana il PD ha perso anche questa volta pezzi importanti come Pistoia e Carrara.
Renzi, che prima ha fatto il pesce in barile quasi disinteressandosi della competizione elettorale e poi ha tentato di minimizzare la portata della sconfitta, non ha veramente da dormire sonni tranquilli. È la terza sconfitta elettorale consecutiva che subisce: amministrative 2016, referendum costituzionale, amministrative 2017. È evidente che l'elettorato lo ha voluto bocciare per l'ennesima volta e con lui il suo governo fotocopia Gentiloni.

Cambiare l'Italia
“Centro-sinistra”, “centro-destra”, Movimento 5 stelle, chiunque abbia prevalso sull'altro, alla fine la musica è e rimarrà sempre quella del capitalismo.
Perché alla prova dei fatti se non si mette in discussione il capitalismo, il suo sistema economico, sociale, istituzionale, statale e militare, la sua politica interna, le sue alleanze politiche e militari internazionali, a cominciare dalla Ue e dalla Nato, non è possibile produrre alcun cambiamento sostanziale nelle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, delle masse popolari, giovanili e femminili italiane.
L'astensionismo sta volando e continua il distacco delle masse dai partiti e dalle istituzioni del regime neofascista, ma permane forte anche nell'elettorato di sinistra l'influenza elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale e riformista propagandata dai falsi partiti comunisti e da vecchi e nuovi volponi riformisti che preparano nuove trappole e nuove illusioni elettorali e politiche per ingabbiare nel capitalismo e in ciò che rimane della Costituzione borghese del '48 le elettrici e gli elettori che vorrebbero uscirne.
In vista delle elezioni politiche c'è già un gran lavorio in questo senso: dalla Lista civica Falcone-Montanari, a quella Pisapia-Bersani, alla Lista Eurostop di Cremaschi il quale prospetta persino una società socialista.
Tutte queste liste e movimenti, legati strumentalmente alla Costituzione del '48, si propongono di cambiare l'Italia ma si tratta semplicemente di un nuovo inganno riformista. Già in passato la borghesia ha alimentato tramite questa via delle grandi aspettative politiche ed elettorali che poi alla luce dei fatti si sono dimostrate solo una grande illusione e un grande inganno.
Tutto ciò alimenta la contraddizione tra l'astensionismo elettorale di massa e il partecipazionismo elettorale di una componente fra le più avanzate dell'elettorato, rallentando fortemente la lotta di classe e la maturazione nel proletariato, nelle masse popolari e nelle nuove generazioni della coscienza rivoluzionaria antistituzionale, anticapitalista per il socialismo.
Siamo pienamente coscienti che la svolta politica in Italia avverrà solo se riusciremo a far comprendere al proletariato che deve prendere in pugno la situazione lottando contro il capitalismo e per la conquista del potere politico e del socialismo per via rivoluzionaria abbandonando ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, pacifista e riformista.
Solo il socialismo, secondo il modello sovietico realizzato per la prima volta nella storia nella Russia di Lenin e di Stalin e poi successivamente nella Cina di Mao secondo le indicazioni generali di Marx ed Engels, e al quale il PMLI si richiama fedelmente, è il sistema economico, sociale e politico in grado di cambiare radicalmente lo stato di cose presenti.
Chi vuole fare come in Russia nell'Ottobre del '17, chi vuole veramente il cambiamento ci aiuti in questo grande sforzo affinché le masse si liberino totalmente da ogni influenza borghese e capitalista e dalla perniciosa influenza dell'elettoralismo, del parlamentarismo, del partecipazionismo e del riformismo e considerino l'astensione come un voto dato al PMLI e al socialismo. Ci aiuti a far conoscere il PMLI, la sua linea strategica e tattica, la sua struttura organizzativa, i suoi valori e la sua pratica proletarie rivoluzionarie, la sua ferma e incrollabile fiducia nel socialismo. Ci aiuti a far comprendere alle fautrici e ai fautori del socialismo cominciando dalle ragazze e dai ragazzi rivoluzionari, che l'unica via per abbattere il capitalismo, realizzare il socialismo e dare il potere al proletariato è quella della Rivoluzione d'Ottobre, di cui quest'anno ricorre il Centenario.
Perché solo dando forza al PMLI e battendosi per il socialismo è possibile cambiare l'Italia.

28 giugno 2017