Denunciato “lo schiaffo alla democrazia” da parte del governo Gentiloni
Roma si tinge di rosso contro i voucher
Il solleone non ferma i due grandi cortei promossi dalla CGIL. Forte presenza della classe operaia, dei lavoratori e dei pensionati nonostante la poca fiducia che gode il vertice del sindacato. Tantissime le donne e non sono mancati i giovani.
LA DELEGAZIONE NAZIONALE DEL PMLI, DIRETTA DA ALESSANDRO FREZZA, SI DISTINGUE PER LA COMBATTIVITA' ANTICAPITALISTA E ANTIGOVERNATIVA
 
Dal nostro inviato
Una calda e assolata matinata romana ha accolto il 17 giugno decine di migliaia di manifestanti arrivati da ogni parte d’Italia, chiamati alla lotta dalla CGIL, dopo il guanto di sfida lanciato dal governo Gentiloni all’organizzazione sindacale con la reintroduzione dei voucher sotto la nuova voce di “buoni per il lavoro occasionale”. Un affronto, quello del governo al sindacato e a tutti i lavoratori, che dopo aver raccolto oltre tre milioni di firme per il referendum abrogativo previsto per il 28 maggio si sono visti affossare la consultazione con la cancellazione, tramite decreto legge, dei voucher, salvo essere poi vederseli riesumare dal governo all’interno della manovra correttiva dei conti pubblici approvata dal Senato poche settimane dopo. D’altronde era ben chiaro che l’iniziale sotterfugio della cancellazione, mal digerito dalla Confindustria e dallo stesso governo, fosse solo una manovra per evitare l’ennesima batosta, dopo quella del 4 dicembre, data al governo Renzi che avrebbe con molta probabilità decretato la caduta del governo fotocopia di Gentiloni. Una reintroduzione truffaldina avvenuta in barba all’articolo 75 della Costituzione che tutela e disciplina i referendum popolari.
 
La cronaca della manifestazione
Due i cortei partiti rispettivamente da Piazza Repubblica e Piazzale Ostiense che hanno attraversato il centro cittadino per poi confluire in Piazza San Giovanni. Simbolo della manifestazione una grande mano rossa a simboleggiare, appunto “lo schiaffo alla democrazia” dato dal governo ai lavorarori.
Operaie e operai, lavoratrici e lavoratori, tra cui molti precari, disoccupati, giovani, tutti uniti si sono ritrovati in piazza per gridare e manifestare il loro sdegno e la loro rabbia contro il governo. Le strade di Roma si sono colorate di rosso delle magliette e delle bandiere della CGIL e dei partiti con la falce e martello.
Nei due lunghi serpentoni rossi moltissime erano le associazioni: dall’ANPI presente con diverse sezioni territoriali, agli studenti di Rete della Conoscenza, Unione degli studenti, e Link Coordinamento Universitario. Le organizzazioni studentesche sono scese in piazza con le lavoratrici e i lavoratori per denunciare le condizioni di sfruttamento nell’alternanza scuola-lavoro della “Buona scuola” che si sono propagate a macchia d’olio nel Paese, nei tirocini alle università fino al lavoro volontario e sottopagato (vedi l’esempio EXPO). Un sistema di precarietà, se non vera e propria schiavitù del lavoro, che con il Jobs Act ed i voucher è diventato legge.
Moltissime delle manifestanti e dei manifestanti hanno espresso la propria ostilità e rabbia contro il governo e le sue politiche, alcuni di essi che avevano votato il Partito Democratico, si sono detti pronti a non ripetere lo stesso errore vedendo oggi nel PD un partito democristiano e di destra. Poca fiducia è emersa anche nella dirigenza sindacale, troppo morbida e appiattita su posizioni conciliatrici e prive di spirito di lotta rispetto al massacro sociale in atto.
Presenti in piazza diverse organizzazioni politiche, Rifondazione comunista, Partito comunista italiano, Sinistra italiana, fino agli opportunisti leader della ex “sinistra” PD oggi raccolti in “Articolo 1 – Movimento democratico e progressista”, Roberto Speranza, Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, soggetti che fino a ieri hanno votato o hanno dato il loro silenzio assenso a tutte le porcherie proposte dai governi Renzi-Gentiloni pur di tenersi stretta la poltrona e che oggi, esclusi dal carrozzone piddino tentano di ricostruirsi una “verginità” politica presentandosi come un’alternativa più che al PD alla sua ala renziana.
Da notare come nessuna di queste forze politiche abbia avuto il coraggio o l’intenzione di chiedere le dimissioni del governo, anzi Bersani non ha chiuso la porta per il futuro a possibili alleanze col PD ma non con Renzi o Gentiloni, come se il problema fossero solo codesti figuri e non l’insieme del Partito Democratico, quale partito colonna portante del regime neofascista e capitalista completamente scivolato a destra su tutti i fronti della sua politica interna ed estera.
Unico partito a rivendicare la cacciata del governo e l’abrogazione di tutte le politiche contro operai, giovani e lavoratori era il PMLI.

Il comizio della Camusso
Nel comizio conclusivo tenuto dalla leader della CGIL Susanna Camusso, parole sono state spese contro l’arroganza del governo, ma nessun attacco diretto è stato portato ad esso, e men che meno ne sono state chieste le dimissioni.
Camusso ha parlato dell’importanza della centralità del lavoro, della necessità di mettere al primo posto i contratti e non i voucher, ma non ha minimamente parlato di abrogare il Jobs Act che di fatto ha posto a legge la precarietà nel mondo del lavoro.
Continua così la linea concertativa e di basso profilo del più grande sindacato italiano che non ha nessuna intenzione almeno per il momento di mettere in campo tutto il potenziale della piazza e della classe operaia, soprattutto attraverso lo sciopero generale, per portare a fondo la lotta contro il governo e le sue politiche antioperaie e antipopolari. Anzi offre indirettamente una sponda al governo, sconfessando lo sciopero generale dei trasporti di venerdì 16 giugno proclamato dai “sindacati di base”, e seppur denunciando il tentativo del governo di approfittare degli scioperi dei “sindacati di base” per rigettare sul tavolo politico l’idea fascista di imporre delle limitazioni al diritto di sciopero la Camusso non trova di meglio che rilanciare l’idea neocorporativa dell’istituzionalizazione del sindacato attraverso la legge sulla rappresentatività che riconosce solo ai sindacati di regime accreditati da governo e Confindustria la legittimità di indire uno sciopero, allineandosi di fatto così con la politica repressiva di governo in merito.

Il PMLI
Il PMLI era presente, perfettamente immerso tra le masse, con una qualificata e combattiva Delegazione di militanti e simpatizzanti provenienti da Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Campania, e sostenuti dai compagni delle organizzazioni di Roma e di Civitavecchia. Fin dal concentramento i marxisti-leninisti, diretti dal compagno Alessandro Frezza, hanno subito alzato i toni della protesta lanciando una serie di slogan che hanno attirato l’attenzione dei manifestanti, i quali hanno mostrato simpatia ed interesse per quella rossa falange così combattiva e determinata.
Operai, donne e giovani si sono avvicinati e hanno chiesto materiale informativo, copie de “Il Bolscevico” esprimendo i loro apprezzamenti alla bandiera del Partito con la quale in alcuni casi si sono fatti fotografare. Lo stesso apprezzamento ed entusiasmo ha accompagnato la delegazione marxista-leninista lungo tutto il corteo. Al passaggio, e tutt’intorno lo spezzone del PMLI, i manifestanti hanno accolto la delegazione con applausi seguiti dal lancio degli slogan e delle canzoni proletarie rivoluzionarie che a più riprese venivano lanciati dai marxisti-leninisti, un ragazzo proveniente dalla Danimarca presentandosi come membro di un sindacato danese ha ripreso col telefono i compagni, chiesto le motivazioni della protesta ed espresso la sua solidarietà alla lotta.
Lavoro ai giovani / va garantito / certo / stabile / ben retribuito; Il referendum / li avrebbe bocciati / i voucher / i voucher / vanno cancellati; La “Buona scuola” / è da bocciare / vuole solo / privatizzare; Sciopero / sciopero generale / sotto Palazzo Chigi / a manifestare, questi, insieme a Bella Ciao, Bandiera rossa e l’Internazionale i più ripresi e rilanciati, fino all’arrivo in piazza San Giovanni dove la delegazione ha preso posizione in prima linea sotto il palco degli oratori.
Un ruolo particolare nello spezzone l’hanno ricoperto sopratutto le compagne, indomite combattenti rivoluzionarie in prima linea su tutti i fronti dell’agitazione e della propaganda con volantinaggi al concentramento e durante il corteo, con il lancio di slogan dal megafono o semplicemente portando con orgoglio la bandiera del Partito.
Molte sono state le fotografie e le riprese video di cui è stata oggetto la delegazione, tra cui le interviste dell’“Ansa” e de “La7”, quest’ultima andata in onda nella trasmissione del mattino “Omnibus”. In entrambe le interviste i compagni hanno espresso con lucidità le motivazioni della presenza in piazza del Partito e le sue rivendicazioni tattico/strategiche: dalla risposta di piazza all’arroganza del governo Gentiloni, alla necessità di lottare per il diritto al lavoro, un lavoro stabile, a tempo indeterminato, a salario pieno, sindacalmente tutelato, denunciando al contempo il reddito di cittadinanza del M5S come un’elemosina di Stato che non risolve il problema della disoccupazione. Sottolineiamo però la scorrettezza dell’“Ansa” che nell’intervista ha sistematicamente censurato le insegne e il nome del Partito, mai citato. D’altronde conosciamo bene da molto tempo quanto fitta sia la rete della censura intorno al PMLI.
Attraverso un messaggio scritto, la Commissione per il lavoro di Organizzazione del CC del PMLI, ha calorosamente ringraziato ed elogiato tutti i membri della Delegazione per l’importante ed esemplare lavoro che hanno svolto alla manifestazione.

Continuare la lotta
Tirando le somme, questa mobilitazione è stata senza dubbio la necessaria e partecipata risposta all’arroganza del governo e della classe dominante borghese, contro le organizzazioni sindacali e i lavoratori, ma è ben chiaro come essa non sia assolutamente sufficiente a imporre un freno alle politiche antioperaie e antipopolari del regime neofascista. Che sia una tattica della dirigenza della CGIL, Camusso in testa, col misero tentativo di accreditarsi come interlocutore sindacale affidabile presso il governo o che sia miopia politica sta di fatto che finora il modus operandi del sindacato non ha minimamente scalfito le politiche del governo Renzi-Gentiloni, dai voucher al Jobs Act alla “Buona scuola”.
Certo è che le lotte messe in campo dalla CGIL si sono dimostrate insufficienti e questo frena nel suo insieme lo spirito di lotta delle masse lavoratrici e popolari. È necessario che la CGIL dia un’inversione di tendenza alla lotta, radicalizzandola, nelle fabbriche, nelle scuole e nelle piazze, fino alla proclamazione dello sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi, uno sciopero politico che chieda le dimissioni del governo Gentiloni e l’abrogazione delle politiche antioperaie, antipopolari, di penalizzazione dei giovani, in particolare chiediamo l’abolizione dei nuovi voucher, abolizione del Jobs Act e di tutte le forme di precariato. Questa inversione di tendenza nella lotta, all’interno della CGIL può venire solo dalla classe operaia, e dalle masse lavoratrici iscritte o non iscritte al sindacato ma che sono la base dell’organizzazione.
Il PMLI con i suoi militanti, simpatizzanti e amici già porta avanti con ardimento questo lavoro all’interno della CGIL per spingere il sindacato su posizioni più conflittuali e di lotta. Lotta per dire no ai voucher, no alla precarietà del lavoro, no alla disoccupazione, no all’elemosina di Stato sottoforma di reddito di inclusione, e sì al diritto al lavoro stabile, a tempo indeterminato, a salario pieno e sindacalmente tutelato per tutti in particolare per i giovani, sì alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, sì alla pensione a 60 anni per donne e uomini. Queste sono le parole d’ordine che devono diventare lo slogan sulla bocca di ogni operaia e operaio, di ogni disoccupata e disoccupato, di ogni studentessa e studente, di ogni lavoratrice e lavoratore e imporle con la lotta di piazza delle masse sfruttate e oppresse al governo Gentiloni e a Renzi che lo ispira e lo manovra. Tutti i sindacati dovrebbero unirsi su queste parole d’ordine.

28 giugno 2017