Le due superpotenze imperialiste si disputano il controllo del Nord della Siria
Gli Usa abbattono un caccia di Damasco. La Russia minaccia una ritorsione
Le forze curde, appoggiate dall'imperialismo americano, avanzano verso Raqqa, capitale dello Stato islamico

Il 27 giugno la Casa Bianca affermava di avere le prove di preparativi per attacchi chimici della forze governative siriane e minacciava il presidente Bashar Assad di pesanti ritorsioni se avesse compiuto nuovi attacchi chimici come quello dell'aprile scorso. “Come abbiamo dichiarato in precedenza gli Stati Uniti sono in Siria per eliminare l'Isis dall'Iraq e dalla Siria. Se tuttavia Assad condurrà un altro attacco di massa mortale usando armi chimiche, lui e il suo esercito pagheranno un prezzo pesante”: era il messaggio di Trump a Damasco. Ma il destinatario principale era senza dubbio Mosca dopo che gli Usa avevano abbattuto un caccia governativo e la Russia aveva minacciato una ritorsione e fatto salire a livelli finora mai raggiunti lo scontro tra le due superpotenze imperialiste in Siria.
Un duello finora a distanza con l'imperialismo russo che tramite Assad tiene il controllo della Siria occidentale e le sue basi sul Mediterraneo mentre l'imperialismo americano è in vantaggio nella parte nord dove appoggia le forze curde che avanzano verso Raqqa, la capitale dello Stato islamico (IS). L'offensiva finale, la “Grande Battaglia” per la liberazione di Raqqa dall'IS era stata lanciata il 6 giugno dal Comando generale delle Forze Democratiche Siriane (SDF), le brigate arabo-curde accompagnate sul campo da pattuglie di commandos americani. La conquista di Raqqa e dei territori lungo la direttrice che passando per Deir ez-Zor conduce al confine iracheno sono le zone ancora sotto il controllo dell'IS e attualmente il terreno di scontro tra le diverse coalizioni imperialiste che combattono l'IS. Il regime turco di Erdogan ha promesso che reagirà se quel territorio finisse sotto il controllo curdo; i curdi siriani dell'YPG, che forniscono il nucleo centrale delle SDF, hanno promesso che lasceranno il controllo della città alle forze arabe siriane sponsorizzate da Turchia e Usa.
Il 18 giugno le forze del regime siriano avanzando in direzione di Raqqa raggiungevano la città di Tabqa, tenuta dalle forze delle SDF. Aerei governativi colpivano postazioni della SDF e l'aviazione americana reagiva abbattendo un caccia di Damasco. Lo stesso giorno un altro protagonista della contesa sulla spartizione della Siria, l'Iran, metteva in evidenza la sua presenza sullo scenario di guerra lanciando missili a medio raggio sulle postazioni dell'IS a Deir ez-Zor in rappresaglia agli attacchi a Teheran rivendicati dal Califfato.
Damasco reagiva denunciando la “flagrante aggressione che mostra la reale posizione degli Usa in sostegno al terrorismo” mentre per Mosca si trattava di “una violazione cinica della sovranità della Repubblica araba siriana”. Il 19 giugno arrivava la minaccia di ritorsione della Russia. Un comunicato della Difesa ammoniva che “qualunque oggetto aereo, inclusi i jet e i droni della coalizione internazionale, identificato a ovest dell'Eufrate sarà seguito dai mezzi antiaerei russi, sia terrestri sia aerei, come bersaglio aereo nelle aree in cui l'aviazione russa è in missione di combattimento nei cieli siriani” e annunciava la sospensione del memorandum per la prevenzione degli incidenti e sulla sicurezza dei voli militari in Siria firmato il 20 ottobre 2015 con la coalizione imperialista a guida Usa. La Casa Bianca rilanciava minacciando Assad di non usare armi chimiche ma per avvisare Putin.
 
 

28 giugno 2017