Grave inciucio PD-FI che votano a favore nella commissione del Senato, mentre MDP lo favorisce assentandosi
Stop Ceta: mobilitazione e proteste in piazza

La Commissione esteri del Senato ha approvato il trattato CETA sul libero scambio tra Unione Europea e Canada, con quindici voti a favore contro sei. Adesso il provvedimento dovrà passare all’esame dell’Aula per essere definitivamente ratificato. In Commissione hanno votato a favore il Pd e Forza Italia, contro Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana, Misto e Lega. Mdp-Articolo 1, inaugurando le proprie dinamiche opportuniste, non ha partecipato al voto, favorendo nei fatti l’approvazione, e generando polemiche con i promotori del sit-in di protesta che si è svolto in contemporanea in piazza del Pantheon a Roma. Esulta assieme a Gentiloni, anche il presidente della Commissione, la vecchia volpe democristiana Pier Ferdinando Casini: “L’approvazione del Ceta è il primo passo di un cammino parlamentare che mi auguro porti alla sua ratifica definitiva. Il Parlamento europeo ha lavorato molto a lungo su questo Trattato, e non è un caso che oggi in Commissione le forze che fanno capo al Partito socialista europeo e al Partito popolare europeo abbiano votato insieme“. Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, proprio in questi giorni in visita in Canada dove ha dichiarato che la globalizzazione dei commerci veicola “pace e collaborazione politica” , il CETA è “un grande passo avanti di collaborazione concreta ed è importante per l’economia del Canada e della Ue”.

Le reazioni dell’associazionismo progressista
Nei fatti, attraverso l’asse del Nazareno, l’Italia è al momento l’unico paese europeo a procedere a spron battuto sulla strada della ratifica parlamentare del CETA. Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura e Progetti Speciali di Greenpeace Italia, definisce il voto di PD e Forza Italia come “un vergognoso autogol a scapito di diritti, salute, ambiente e dell’agroalimentare italiano”. L’ampio fronte comune di opposizione al Trattato composto da Coldiretti, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori e Fair Watch, dopo aver ottenuto lo slittamento della votazione della Commissione inizialmente previsto per il 23 giugno scorso, ha rivolto un appello alla presidente della Camera Laura Boldrini e a quello del Senato Piero Grasso affinchè si procedesse ad una discussione approfondita prima di assumere una decisione sulle liberalizzazioni e sulla deregolamentazione degli scambi commerciali, come il CETA. Contrarietà è stata espressa anche da parte della segretaria generale della Cgil Susanna Camusso, che ha dichiarato come il CETA “danneggerebbe fortemente la nostra economia e i nostri lavoratori. Sarebbe invece opportuno che si desse occasione ai cittadini, ai lavoratori, alla società civile e alle parti sociali di esprimere le loro opinioni e perplessità su questo trattato, che interferisce non solo sull’import e sull’export del nostro paese ma sulla vita e sul lavoro delle persone”. Anche la Cgil parteciperà alla prossima manifestazione a Montecitorio convocata il 5 luglio prossimo dalle associazioni.

Le conseguenze del CETA su lavoro e salari
Con la scusa del mercato libero, il CETA finirà per concedere strapotere alle multinazionali, svendendo loro beni comuni come l’acqua pubblica e incentivando l’uso degli Ogm nel nostro Paese e in tutti quelli che lo firmeranno, rendendolo effettivo se ciò accadrà in tutti gli Stati europei. L’accordo di “libero scambio” col Canada avrà un impatto molto duro sugli agricoltori europei e canadesi, continuando a favorire le multinazionali del cibo e dei fitofarmaci agricoli che, con i loro prezzi competitivi che ben poco tengono conto del benessere dei lavoratori, dell’ambiente e della salute pubblica, finiranno per seppellire biodiversità produttive e qualità del lavoro, peggiorando nei fatti quanto già oggi è messo a dura prova dello stesso capitalismo europeo. La Tuft University statunitense, ad esempio, ha stimato che oltre 30mila posti di lavoro siano a rischio con la sola entrata in vigore del CETA, e di come ci sarà una evidente erosione dei salari in molti settori manifatturieri e industriali di tutti i Paesi coinvolti. Una delle motivazioni di primo piano che, unita alle altre, è al centro della opposizione al trattato, è la riforma del sistema degli arbitrati: con il CETA infatti verrebbero creati nuovi tribunali per gestire le controversie tra aziende e Stati. Tribunali che saranno un mezzo a uso praticamente esclusivo delle multinazionali per fare causa ad un Paese tutelando i loro profitti. Il CETA quindi, in estrema sintesi, sarà capace di portare benefici non tanto all’economia come dichiarato da Mattarella, Gentiloni e Casini, bensì alle grandi multinazionali in barba allo stesso principio universale ma ormai regolarmente calpestato, della sovranità nazionale. Entrando brevemente nel dettaglio, l’accordo potrebbe portare ad una invasione di prodotti agricoli canadesi quali vini, alcolici, farine, cereali ed altro, in Europa a seguito dell’abolizione dei dazi doganali, e viceversa. Nel nostro caso, la prima a farne le spese sarebbe la produzione italiana del grano, sul quale non c’è nessun obbligo di introdurre l’etichetta di provenienza. Inoltre delle 291 denominazioni di origine italiane, il CETA riconoscerà solo 41 di esse; questo farà si che in Italia siano introdotti prodotti canadesi con nomi simili alle nostre indicazioni geografiche, impedendo che le medesime arrivino in Canada con le proprie particolarità. Ma c’è di più: il CETA riguarda formalmente solo il Canada ma in realtà apre le porte anche alle quaranta mila filiali canadesi delle multinazionali statunitensi. Questo trattato infatti non è altro che un TTIP mascherato, dal momento in cui le più grandi multinazionali statunitensi hanno una sede in Canada e gli Usa hanno già un accordo di libero scambio con il Canada.

Il Canada e le politiche ambientali
Secondo gli ambientalisti, il “bitume”, una forma di petrolio mescolata con argilla, acqua e sabbia, rappresenterebbe uno dei principali prodotti ad alto impatto ambientale che potrebbero essere importati da oltre oceano. Il Canada è il maggiore produttore mondiale di questa sostanza, la cui produzione provoca uno sprigionamento di CO2 superiore a quella dell’estrazione del petrolio. La UE, con una decisione inaccettabile, ha deciso di non etichettare più questo tipo di petrolio come “altamente inquinante”, e ciò la dice lunga sul perché; probabilmente i bassi prezzi del bitume, faranno gola agli addetti ai lavori di qualunque altro Paese europeo che certamente non ostacolerà l’immissione sul mercato di questo prodotto, anche se devasta l’ambiente globale. Fra l’altro in Canada sono perfettamente legali 99 principi attivi, tra i quali glifosato e paraquat, banditi in Italia da oltre vent’anni ma che in questo modo saranno reintrodotti dalla finestra, direttamente nel prodotto finito. Nonostante tutto, appare paradossale che il premier canadese sia stato definito un paladino dell’Accordo di Parigi sul clima in chiave anti-Trump: come abbiamo più volte scritto però, anche stavolta la poca attendibilità di quell’accordo emerge prepotentemente, visto che il Canada mancherà sia il proprio impegno di riduzione delle emissioni per il 2020, sia l’obiettivo al 2030, continuando però a spendere 3,3 miliardi di dollari l’anno in sussidi pubblici ai combustibili fossili, tra cui l’inquinante petrolio da sabbie bituminose.

Mobilitiamoci contro il CETA
Il 5 luglio un ancor più ampio cartello di realtà associative, produttive e sindacali manifesterà di nuovo e con più forza a Montecitorio; intanto il giorno della ratifica italiana della Commissione, una nutrita manifestazione ha preso luogo a partire dalle ore 10 in piazza al Pantheon di Roma e, in aggiunta, è stata indetta anche una manifestazione di protesta ‘virtuale’. Gli attivisti hanno invitato la popolazione a mobilitarsi in una “tweetstorm”, in pratica una tempesta di tweet con cui inondare il social con le proprie manifestazioni di dissenso sul CETA. L’idea era quella di taggare i senatori impegnati nella votazione per sensibilizzarli con messaggi e grafiche. L’iniziativa virtuale è stata completamente ignorata , nella stessa misura in cui lo sono le migliaia di “petizioni on line” che continuamente tempestano le nostre caselle email. Per respingere il CETA oggi, così come le tante altre misure antipopolari dei nostri governi, siano essi locali, nazionali o sovranazionali, non c’è altra strada all’infuori della mobilitazione di piazza e della lotta di classe. Lavoro, salario, e rispetto dell’ambiente sono strettamente legati, ed è per questo che per  vincere fino in fondo tutte le battaglie per i diritti e per conquistare una società che metta al centro i bisogni dell’uomo e non i profitti delle multinazionali, occorre legare queste battaglie a quella, centrale e strategica per il socialismo.
 

5 luglio 2017