Minacciato anche il golfo di Venezia
No a nuove trivellazioni
Autorizzate dal ministro Calenda
Il governo regala 300 milioni alle multinazionali del petrolio

Secondo il “Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi”, varato dal ministero dello Sviluppo Economico lo scorso 7 dicembre e pubblicato dalla in Gazzetta il 3 aprile, è possibile costruire nuove piattaforme e pozzi entro le 12 miglia marine.
In pratica col provvedimento, oltre a eludere il sostanziale divieto di trivellazioni in prossimità della costa, il testo sdogana potenziali attività estrattive addirittura nell’area del Golfo di Venezia, depotenziando enormemente i poteri delle Regioni nell’iter di rilascio delle concessioni. Si tratta di un provvedimento in piena contunuità con altri adottati negli ultimi mesi dal governo Renzi e Gentiloni, su tutti la riscrittura del procedimento Via, la cancellazione del Piano delle aree per le concessioni petrolifere, alle quali si aggiunge la recentissima e scandalosa decisione di defiscalizzare le piattaforme petrolifere situate lungo i litorali. Ecco dunque l’ultimo regalo da 300 milioni di euro alle multinazionali del greggio che da oggi non dovranno versare Imu, Ici e Tasi, al contrario di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione. Questa ennesima parcella è stata inserita nell’articolo 35 della “manovrina” e la detassazione di tali immobili comporterà un enorme danno finanziario per i Comuni coinvolti, con gravi conseguenze per la copertura di servizi essenziali già in essere. In pratica quindi, da un lato si promuovono tagli per altri 3,4 miliardi di euro, e dall’altro si concedono ulteriori benefici alle compagnie petrolifere. Secondo il costituzionalista Di Salvatore, emerge “Un quadro generale che fa presagire la sostanziale continuità tra la Strategia energetica nazionale (Sen) varata dal governo Monti nel 2013 e le linee guida della nuova Sen, in fase di approvazione in Parlamento. In questo modo vengono disattesi gli impegni presi con l’accordo di Parigi e ignorate le istanze delle comunità impattate dalle attività estrattive da nord a sud dello Stivale”. I No Triv non hanno esitato a definire vergognosa la misura e, in collaborazione con l’Associazione A Sud e con Green Italia, hanno promosso una mozione parlamentare volta a evitare che nelle acque territoriali vi siano nuove trivellazioni petrolifere. La mozione è stata sottoscritta da parlamentari di Sinistra Italiana, Alternativa Libera, Articolo 1 – Mdp, Possibile, Movimento 5 Stelle e da una frangia del Pd. Ma in un parlamento nero e blindato come quello italiano, sarebbe opportuno che i No Triv, così come tutti i comitati e le associazioni ambientaliste sparse fortunatamente un po’ in tutto lo stivale, prendano esempio dalla decennale lotta della Val di Susa, o dai recenti episodi del movimento No Tap salentino, e scendano in prima linea per difendere il mare e l’ambiente. A cosa servirà proporre una mozione parlamentare se essa verrà seppellita o ignorata dalla “maggioranza” istituzionale che sostiene e rappresenta proprio, fra le altre, le multinazionali del greggio? Per i partiti riformisti sarà probabilmente sufficiente svolgere una battaglia di carte per mostrare ai loro potenziali elettori da quale parte stanno e imbonirseli; ma per le popolazioni e per l’ambiente quella battaglia va combattuta al di fuori del vicolo cieco istituzionale e potrà essere vinta soltanto con la lotta di classe.

5 luglio 2017