Fondata una “nuova” organizzazione operaista, trotzkista e movimentista diretta da Cremaschi
Eurostop sposa il socialismo ma non ne dà i contenuti e non dice come arrivarci
Solo seguendo la via dell'Ottobre è possibile conquistare il socialismo

Nei numeri scorsi ci siamo occupati delle due nuove formazioni elettorali riformiste sorte alla sinistra del PD, cioè “Insieme” di Pisapia, Bersani e D'Alema (vedi) e la lista civica di Montanari e Falcone (vedi). Ora vogliamo analizzare il documento “Identità, principi e programma” su cui Eurostop ha improntato la propria assemblea costitutiva tenutasi il 1° luglio a Roma.
A differenza dei due suddetti raggruppamenti, Eurostop sposa apertamente il socialismo ed è per l'uscita dell'Italia dall'euro, dalla Ue e dalla Nato. Probabilmente per questo è stata snobbata dal “manifesto”, che il 7 luglio ha ospitato una tavolta rotonda delle due liste riformiste nel tentativo di unificarle, senza nemmeno degnare Eurostop. E sicuramente per queste importanti prese di posizione molte compagne e molti compagni anticapitalisti e fautori del socialismo saranno portati a credere di aver finalmente trovato l'organizzazione giusta contro le alleanze imperialiste e in piena rottura con il capitalismo. Ci pare però che il documento fondativo di Eurostop presenti numerose contraddizioni, ambiguità ed errori strategici che lo pongono di fatto sui binari del riformismo governativo.

Gli aderenti a Eurostop
In Eurostop si trovano diverse formazioni e anime che un tempo gravitavano intorno a Rifondazione prima che si sgretolasse, e che si sono ritrovate nella piattaforma del “NO sociale” al referendum costituzionale del 4 dicembre, raccoltesi ora sostanzialmente intorno a Giorgio Cremaschi dopo la sua uscita dalla Fiom nel 2015. Negli ultimi anni Cremaschi si è dichiarato per il socialismo e ha lavorato per creare una vasta rete anticapitalista, come ha affermato anche nella sua intervista a “Il Bolscevico” il 18 maggio 2013.
Il nucleo del nuovo raggruppamento è costituito dall'USB e dalla Rete dei comunisti, sua propaggine politica, da tempo vicini a Cremaschi, specie dopo la sua rottura con la Fiom, il quale è a sua volta presente con i gruppi Ross@ e Forum Diritti Lavoro che fanno riferimento a lui. C'è poi il PCI di Alboresi, nuovo volto dell'ex PdCI di Diliberto che si proclama erede di Togliatti e Berlinguer e si è di fatto separato da Rifondazione.
Li affiancano diversi partiti, associazioni, gruppi e individui più o meno sedicenti comunisti e anticapitalisti, fra cui spiccano Manlio Dinucci, ex “marxista-leninista” (fu membro dell'ufficio politico del PCd'I (ml) e direttore del suo organo “Nuova unità”) e oggi agente di Putin, i noti trotzkisti Vasapollo (vicino a Cuba) e Pasquinelli col suo “Fronte popolare” di stampo movimentista, formazioni operaiste come “Genova City Strike” e altri gruppi locali, fino ai Carc che vedono in Eurostop una sponda per la propria strampalata linea del “governo di blocco popolare”.
Assai eloquenti sono i legami internazionali di Eurostop, visto che fra i firmatari dell'appello figurano Dimitris Belatis, membro del CC di Syriza, e Leonidas Vatikiotis, del gruppo trotzkista greco Antarsya. Belatis fa parte dell'area trotzkista di Syriza che, pur criticando Tsipras da sinistra, continua a dare credito al suo partito e al suo governo nonostante si siano venduti all'Ue. Senza contare la palese attrazione per la Russia di Putin, visto che quest'ultima non viene mai citata nei punti del programma che riguardano l'imperialismo, se non come antagonista (non concorrente imperialista) degli Usa insieme alla Cina.

Il socialismo: strategia rivoluzionaria o guscio vuoto?
Il documento di Eurostop si pronuncia per “riaprire la via al socialismo” attraverso la “rottura con, e del, sistema di potere”, identifica “le sue istituzioni, i suoi governi e le forze che lo sostengono” come l'avversario da combattere e compie un notevole salto di qualità rispetto a precedenti formulazioni che attaccavano solo il neoliberismo quando afferma che “il capitalismo – e non solo il neoliberismo – è il nemico contro cui battersi”.
Musica per le orecchie di tutti coloro che vogliono il cambiamento sociale e l'abbattimento del capitalismo. Tuttavia non basta pronunciarsi genericamente a favore del socialismo: questo possono permetterselo persino socialdemocratici come Sanders negli Usa, Corbyn in Gran Bretagna e Tsipras in Grecia, o addirittura Enrico Rossi, governatore della Toscana, per fare breccia nei cuori degli elettori di sinistra. Serve scendere nel concreto e chiarire come e con quali strumenti muoversi nella lotta di classe in direzione del socialismo.
Eurostop non dice una parola sul ruolo guida del proletariato come classe rivoluzionaria in virtù del suo posto nel sistema di produzione capitalistica, su come sviluppare in essa la coscienza di essere una classe per sé con i propri obiettivi storici (nonostante la presenza dell'USB e di altre organizzazioni con base operaia) e si limita a parlare genericamente degli “sfruttati dal potere capitalista dell'impresa e del mercato”.
Non dice una parola sullo strumento organizzativo per arrivare al socialismo, se il partito del proletariato o altro, e su come costruire la svolta rivoluzionaria della lotta di classe. Per la verità non parla nemmeno esplicitamente di alcun programma rivoluzionario e quindi non chiarisce come passare dal capitalismo al socialismo.
Non dice una parola sul governo Gentiloni, che pure è al servizio della borghesia, è il suo braccio politico e ne cura gli affari. Quale prospettiva anticapitalista è pensabile senza sviluppare la lotta contro il governo in carica che è responsabile in via diretta delle misure di massacro sociale e salvaguardia del capitale, senza far crescere fra le masse una coscienza antigovernativa?
Non dice una parola nemmeno sui contenuti del socialismo che si vuole realizzare. Anzi, dichiara che è precondizione essenziale al socialismo “riprendere la marcia verso quella democrazia sociale prefigurata dalla Costituzione del 1948, secondo il vecchio teorema di Togliatti per abbandonare la via rivoluzionaria.

Gli orizzonti strategici di Eurostop: la Costituzione e lo Stato
Se non è zuppa è pan bagnato. In effetti Eurostop, lungi dal prescrivere una chiara linea per il socialismo, presenta una piattaforma strategica concreta molto meno ambiziosa che contraddice clamorosamente numerose prese di posizione generiche e di principio sulla rottura con le istituzioni economiche e politiche del sistema capitalista.
Per Eurostop la lotta concreta e reale oltre i grandi principi va intesa solo e soltanto contro l'Ue e la Nato, come sintetizzato dalla parola d'ordine “o la Costituzione antifascista, o l'EURO, la UE, la Nato”. Addirittura si dichiara che “il programma di Eurostop parte dai principi e dagli indirizzi economico-sociali della Costituzione del 1948”... ossia dal capitalismo, dalla tutela della proprietà privata dei mezzi di produzione e del potere della borghesia! Eurostop non si fa grossi problemi nemmeno a pronunciarsi per “riaffermare la funzione dello Stato”, dichiarazione che non vuol dire nulla se si omette di precisare che lo Stato è capitalista. Al “ruolo democratico dello Stato” (?!) si assegna “preminenza... nella trasformazione che intendiamo realizzare” , che significa restare nei limiti dell'attuale sistema statale e istituzionale.
Tanta è l'infatuazione per lo Stato nazionale che al primo punto del programma, accanto all'uscita dall'euro, c'è il progetto di “una nuova moneta comune all'Europa mediterranea”, evidentemente per fare concorrenza a Germania, Francia e Usa. Una nuova potenza capitalista lanciata sui mercati, dalla quale il proletariato e le masse non avrebbero nulla da guadagnare.
Non si può concepire nessun vero cambiamento, tanto meno conquistare il socialismo, se viene lasciato intatto lo Stato borghese, se ci si illude che sconfiggere l'Ue, rompere i vincoli neoliberisti e riconquistare la piena sovranità nazionale basterà per creare uno Stato a misura di popolo pur perdurando il capitalismo, il suo sistema di sfruttamento e la sua necessità vitale di salvaguardare il capitale e il profitto privato a spese dei lavoratori. Infatti la rivendicazione programmatica concreta non è il passaggio dal capitalismo al socialismo, bensì un “nuovo sistema economico e politico, che non è ancora socialista, ma che non è più quello ordoliberista”. Il socialismo è messo a prendere polvere nella soffitta dei principi e la sua attuazione è rimandata a data da destinarsi.
Come si può poi ignorare che la Costituzione del '48 cambiata più volte (vedi Titolo V e art. 81) è ormai carta straccia e superata da una Costituzione di fatto che tutela il presidenzialismo, il federalismo e l'interventismo, cioè il regime neofascista in atto? Se anche lo si ammette, come fanno sia pure debolmente alcune forze che compongono Eurostop (come la Rete dei comunisti), la soluzione non può essere un ritorno al passato, alla riconquista di pochi e stretti spazi democratici rimanendo nell'alveo del costituzionalismo, ma la lotta per conquistare molti più diritti oltre a quelli che sono stati tolti e una società completamente nuova.
In sostanza, per Eurostop tutta la piattaforma rivendicativa di nazionalizzazione delle banche, delle imprese strategiche, di rottura dei trattati neoliberisti ha lo scopo ultimo (e dichiarato) di tornare alla Costituzione e allo Stato capitalista pre-trattati di Maastricht. Che, da un punto di vista di classe, è la posizione della piccola borghesia impoverita dalla crisi ed entrata in contrapposizione con i grandi monopoli finanziari europei. Cremaschi già in occasione della campagna referendaria sulla controriforma costituzionale di Renzi aveva tessuto le lodi della prima repubblica, vista quasi come un'oasi di diritti e conquiste (parziali) dei lavoratori a cui tornare.
Per questi motivi il progetto di Eurostop, pur attaccando il riformismo, è a sua volta completamente riformista e governativo. Tant'è vero che non si dice nulla sulla posizione elettorale da tenere, ma si apre alla possibilità di partecipare alle elezioni, sostenendo che “non è un puro programma di governo, anche se come questo si potrebbe configurare”.

Seguire la via dell'Ottobre per rompere con Ue, Nato e capitalismo
Il PMLI sarà a fianco di Eurostop nelle battaglie per la nazionalizzazione delle banche e delle imprese strategiche, per il ritiro dei trattati europei e imperialisti, per l'annullamento del debito (anche se Eurostop lo chiede solo parziale), contro il precariato, in difesa del welfare e dell'ambiente, per abolire la Bossi-Fini, la Minniti-Orlando e il pareggio di bilancio nella Costituzione. Ci saremo anche per il referendum per l'uscita dell'Italia dall'Ue.
Tuttavia i 3 NO di Eurostop a euro, Ue e Nato sono insufficienti se non si parte da un altro fondamentale NO, il NO al capitalismo.
Per noi affossare l'Ue e riconquistare la sovranità nazionale è un passaggio indispensabile e utile a indebolire il potere della borghesia monopolistica e imperialista, ad assestare un duro colpo alle politiche di macelleria sociale, compressione dei diritti dei lavoratori, fascistizzazione dello Stato e guerra imperialista e a creare condizioni più favorevoli alla lotta di classe. Ma questo non è minimamente sufficiente se non è inquadrato in una strategia rivoluzionaria contro tutto l'ordinamento economico, politico, istituzionale e sociale del capitalismo, a partire dal suo stesso Stato. Non ci sono passaggi intermedi fra la lotta contro l'Ue e la lotta contro il “proprio” capitalismo: essi sono complementari l'uno all'altro e l'unica strategia veramente favorevole alle masse è contro il capitalismo e l'Ue per un sistema economico e sociale e per istituzioni politiche completamente nuovi e favorevoli al popolo lavoratore: il socialismo.
Questa è la via vittoriosa che ci ha insegnato la Rivoluzione d'Ottobre, di cui quest'anno ricorre il centenario, e che dobbiamo seguire in Italia e in Europa per liberarci del capitalismo.

12 luglio 2017