Su iniziativa della Sezione Alto Verbano del PCI diretta da Zambonin
PMLI e PCI celebrano assieme la Resistenza e la Rivoluzione d'Ottobre
Marcato intervento antifascista e per il socialismo di Zambonin. Applauditi gli interventi tra cui quelli di Urgo e Frezza
Al Sacrario di San Martino omaggio ai martiri partigiani dell'Alto Varesotto

Dal corrispondente del Comitato lombardo del PMLI
Nella giornata di sabato 8 luglio, compagne e compagni delle Organizzazioni e Cellule lombarde del PMLI hanno presenziato a nome del Comitato lombardo all'iniziativa pubblica alla quale il nostro Partito è stato ufficialmente invitato, promossa dalla Sezione Alto Verbano del PCI, denominata “Il treno di Lenin”. Un'iniziativa, promossa del PCI, per le celebrazioni del 100° Anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, che sta attraversando tutta la provincia di Varese, e che ha fatto tappa in questa occasione, sul monte San Martino, luogo simbolo della Resistenza italiana al nazifascismo. Ed è proprio sul tema dell'organizzazione della Resistenza antinazifascista e in particolare di quella dei comunisti, che si è incentrato principalmente l'incontro, sviluppatosi tra le discussioni del mattino e il pranzo sociale collettivo che si è prolungato fino al pomeriggio.
Le compagne e i compagni del PMLI arrivati di buon ora sulla cima del San Martino, prima di prendere parte all'iniziativa ufficiale hanno voluto rendere omaggio ai martiri partigiani che caddero nella battaglia del novembre del 1943: dei 150 partigiani che si scontrarono contro i 2.000 soldati tedeschi e fascisti, una quarantina furono quelli caduti, alcuni durante i combattimenti, mentre altri vennero fucilati dopo feroci torture o deportati nei campi di sterminio nazisti; i superstiti riuscirono a trovare la salvezza nella vicina Svizzera per poi rientrare in Italia e riprendere la lotta.
I militanti del PMLI hanno deposto un mazzo di fiori rossi al sacrario a loro dedicato insieme al manifesto celebrativo del nostro Partito sulla Rivoluzione d'Ottobre. Un omaggio che si è poi trasformato in un momento di unità antifascista, insieme alle compagne e compagni delle altre forze politiche presenti, con i quali si sono intonate canzoni antifasciste quali Bella ciao e Fischia il vento.
Dopo l'omaggio ai partigiani, intorno alle ore 10 si è aperto ufficialmente l'incontro che si è tenuto nel rifugio adiacente il sacrario. Al tavolo della presidenza, Luca Zambonin Segretario del PCI della Sezione Alto Verbano e Cosimo Cerardi, Segretario provinciale del PCI. Nell'introduzione Zambonin ha proposto un quadro esaustivo del ruolo dei comunisti nella Resistenza e di come essi nella loro lotta traessero forza morale dall'Unione Sovietica quale baluardo del fronte unito antifascista, lotta antifascista in cui molti di essi si erano già forgiati nella guerra di Spagna e che poi portarono come contributo di esperienza e di idee anche in Italia. Inoltre ha denunciato il clima di revisionismo che in Italia tende ad equiparare vergognosamente vittime e carnefici, partigiani e repubblichini, e come questi rigurgiti revisionisti e neofascisti si stiano diffondendo in tutta Europa.
Queste le prime parole di Zambonin: “Oggi, ricordiamo un evento eccezionale, che nella storia dell'umanità non ebbe eguali, e soprattutto desideriamo impegnare le nostre forze per proseguire una lotta iniziata con la Rivoluzione d'Ottobre e proseguita in Italia con la Resistenza per la costruzione di un mondo più giusto, libero e solidale. Il ricordo delle celebrazioni istituzionali assume fin troppo spesso un carattere eucaristico dove la messa in scena ha in comune il tradimento generale con cui la lotta di Liberazione nazionale viene ricordata.
Già negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra il significato di profondo rinnovamento democratico che la Resistenza aveva portato con sé, era stato dimenticato, sovvertito, tradito, adattandolo agli stessi schemi del ritorno alla democrazia parlamentare borghese, quella stessa forma di governo che aveva visto nascere il fascismo e che ad esso non aveva opposto alcun contrasto. Viene tradita con operazioni di stampo revisionistico che in Italia, come in tutta Europa – e vale la pena menzionare il caso dell'Ucraina e le legislazioni anticomuniste degli Stati dell'est, nonché le risoluzioni della UE, che spesso hanno visto la complicità della Sinistra Europea – puntano ad equiparare carnefici e vittime, vinti e vincitori, i responsabili della distruzione e della barbarie provocata dal fascismo e dalla guerra, con coloro che eroicamente ad essa si opposero, spesso a costo della vita e di atroci sofferenze in nome di un'ideale di libertà e di riscatto dalle ingiustizie”.
Subito dopo ha preso la parola Cosimo Cerardi che in larga parte riprendeva l'esposizione storica della relazione di Zambonin sul ruolo della classe operaia e del PCI nell'organizzazione della lotta partigiana.
Quindi si è passati agli interventi dei partiti e delle organizzazioni presenti. Il primo a prendere la parola è stato il compagno Alessandro Frezza a nome del Comitato lombardo del PMLI. Nel suo discorso (pubblicato in queste pagine, ndr) ha in primo luogo reso omaggio, sulla stessa linea di Zambonin, alla figura dei comunisti nella Resistenza italiana, come avanguardia nella lotta al nazifascismo, e che nelle aspirazioni dei partigiani avrebbe dovuto avere il suo sbocco nella conquista del socialismo cosa che poi non avvenne, com'è stato spiegato, per la capitolazione e il riformismo di Togliatti e dell'allora PCI.
Un altro passaggio importante del discorso di Frezza è stato focalizzare i due temi centrali di questa iniziativa: la Resistenza e la grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre. In maniera esaustiva, nel discorso ha elencato le grandi conquiste della Rivoluzione, il significato politico e di spaccatura che essa ha rappresentato in ogni campo, da quello politico ed economico a quello culturale e morale, spazzando via la società e la cultura fin lì dominante della borghesia per lasciare spazio ad una nuova cultura, quella proletaria. In particolare si è soffermato più volte sulla necessità della rivoluzione violenta e armata, usando anche parole di Lenin e Mao, proprio per rimarcare in quella sede, l'unica possibile strada da percorrere nella lotta per conquista del potere politico da parte del proletariato.
La questione antifascista è stata poi attualizzata nella denuncia del governo Gentiloni. Un tema quello dell'importanza dell'attualizzazione dell'antifascismo, che ha rimarcato con ancora maggior forza Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del PMLI, denunciando quella trama nera che di fatto rimane ininterrotta dalla fine della guerra, partendo dalla strage di Portella della Ginestra, fino ai giorni nostri con la piena realizzazione dei piani neofascisti della P2 che hanno trovati in Craxi, Berlusconi, Renzi e ora la sua fotocopia Gentiloni dei solerti esecutori.
Nelle loro linee generali i discorsi dei due compagni del PMLI sono stati molto seguiti e applauditi dai presenti, non solo per la loro chiara e corretta visione storico politica ma soprattutto perché essi hanno caldeggiato quell'unità di lotta tra forze che si definiscono antifasciste e anticapitaliste, necessaria per respingere gli attacchi governativi che la borghesia sta portando avanti su tutti i fronti contro i diritti e gli spazi di libertà democratico-borghesi della classe operaia e delle masse popolari.
Tra gli altri interventi, da sottolineare quello di Nadia Pizzini Negri, pronipote di una delle vittime dell'eccidio nazifascista di Borgo Ticino del 1944, che ha rimarcato tra l'altro come il fascismo e il neofascismo non debbano essere considerati una normale opinione politica ma un crimine, e Franco Giannantoni, giornalista, scrittore e ricercatore storico, autore di molti libri sulla Resistenza a Varese e provincia che oltre a parlare della Resistenza legata al San Martino, e dello svuotamento nel carattere di lotta che di anno in anno le celebrazioni istituzionali sulla Resistenza subiscono, ha tenuto a precisare inoltre come l'amnistia voluta da Togliatti nel 1946 fu una delle conseguenze del ritorno in auge dei rigurgiti fascisti negli anni a seguire e che questa scelta politica fu aspramente criticata sia dalla base che all'interno dell'allora PCI.
Ovviamente tra noi e i rappresentanti del PCI ci sono stati punti discordanti, in particolare su quanto riguarda il terreno ideologico. Una profonda differenza è venuta fuori tra il PMLI e la sua linea proletaria rivoluzionaria legata all'inevitabilità della rivoluzione armata per la conquista del potere politico da parte del proletariato e il PCI che attraverso le parole di Cerardi ha difeso la “via italiana al socialismo” di Togliatti e la “democrazia progressiva” che di fatto si propone di raggiungere il socialismo con i mezzi della democrazia borghese. Per sostenere questa tesi Cerardi pone un interessante nesso tra questa teoria di Togliatti e le tesi di Gramsci nei “Quaderni dal carcere” sull'egemonia che di fatto spostano il terreno principale dello scontro politico dalla lotta di classe tra proletariato e borghesia alla lotta per l'egemonia culturale da coltivare in seno agli intellettuali, i quali a loro volta dovrebbero influenzare le classi dominanti e preparare così il terreno, a detta di Gramsci, per aprire la strada al socialismo, addirittura senza aver più la necessità di seguire la strada dalle rivoluzione. Con queste teorie Cerardi si spinge fino a spiegare l'impossibilità, all'epoca, da parte del popolo italiano di fare la rivoluzione nel nostro Paese, un Paese dove spadroneggiavano la cultura e la morale borghese (e non potrebbe essere altrimenti in una società dove la borghesia è al potere) e da qui l'idea di Togliatti di abbandonare la via rivoluzionaria per la via parlamentare.
Una tesi, quella di poter arrivare al socialismo pacificamente, che noi giudichiamo come riformista e revisionista e che come tale è stata confermata dalla storia (vedi l'esempio del Cile di Allende) dando ulteriori conferme alle nostre sacrosante critiche politiche non solo alla figura di Togliatti ma anche a quella di Gramsci.
Di certo queste divergenze ideologiche non sono, ed è stato più volte ripetuto in sala, ciò che si vuole e si deve mettere a fuoco nel dibattito e nei rapporti tra noi e gli altri partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, ma al contrario, come sottolineava Urgo è necessario concentrarci su ciò che ci unisce se vogliamo assestare dei duri colpi alla borghesia e al governo Gentiloni.
L'incontro si è concluso con un fraterno pranzo collettivo nel quale i partecipanti in allegria e tra discussioni politiche, canti popolari e un brindisi a Lenin si sono intrattenuti fino al tardo pomeriggio per poi congedarsi coscienti di aver portato il proprio contributo di idee e di unità tra compagni del PMLI e del PCI tracciando una strada di lotta comune.

12 luglio 2017