Incontro tra i due governanti imperialisti in margine al G20 di Amburgo
Putin e Trump si accordano su Siria, Stato islamico, Ucraina, denuclearizzazione della penisola coreana e la sicurezza informatica
Entrambi disponibili a continuare a discutere le contraddizioni su questi e altri temi

Il 7 luglio, a margine del Vertice del G20 di Amburgo, si è svolto l'incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello americano Donald Trump. Putin era reduce dal vertice a Mosca col collega cinese Xi Jinping, che ha rafforzato i legami e soprattuto la cooperazione strategica tra i due paesi, i due attuali principali avversari imperialisti degli Usa. Trump era reduce dalla visita a Varsavia dove aveva lisciato il pelo al governo reazionario polacco accusando Mosca di essere “aggressiva e destabilizzante”. Toni ben diversi da quelli che userà nell'incontro di Amburgo dove i due governanti imperialisti registravano diverse intese e alcune divergenze, definivano un meccanismo di confronto permanente affidato ai ministri degli Esteri e davano un segnale del loro potere nelle crisi mondiali annunciando al volo un'intesa per una tregua nella Siria sud-occidentale e per affrontare i temi spinosi della crisi Ucraina. L'incontro e i risultati concreti che ne sono usciti, anche se la loro efficacia è tutta da verificare, hanno quantomeno oscurato il contemporaneo vertice del G20 che seguendo il tema della presidenza tedesca di “Dare forma a un mondo interconnesso”, ovviamente secondo gli interessi e le regole del capitalismo, ha sostanzialmente replicato gli esiti del G7 di Taormina del maggio scorso.
Sia Putin che Trump hanno giudicato il loro incontro quasi come un fatto epocale ma la diffusione dei risultati l'hanno demandata alle conferenze stampa del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e del segretario di Stato americano Rex Tillerson.
A incontro ancora in corso l'agenzia Associated Press, citando membri dello staff americano, annunciava che Usa e Russia avevano raggiunto un accordo per un cessate il fuoco nella Siria sud-occidentale a partire dal mezzanotte del 9 luglio; l’accordo prevedeva anche il coinvolgimento di Israele e Giordania. Sarà l'americano Tillerson che in conferenza stampa si dilungherà sull'intesa che riguarda la zona siriana dei governatorati di Quneitra e Daraa, al confine con la Giordania e il Golan occupato da Israele. La tregua in questa sorta di zona cuscinetto sarà controllata dalla polizia militare russa in coordinamento con forze americane e giordane. Così lo sbriciolamento di un pezzo di Siria è sistemato ed è quello di maggiore importanza per i sionisti imperialisti di Tel Aviv che non vogliono milizie libanesi di Hezbollah o iraniane a ridosso di quel confine. Tanto per far capire chi decide sul futuro della Siria, che non è certo il popolo siriano.
I due presidenti hanno discusso anche “di altre aree dove è possibile la de-escalation. Speriamo di replicare l'accordo sulla tregua ovunque nel Paese una volta sconfitto l'ISIS”, sosteneva Tillerson, sottolineando che “questo primo risultato potrebbe condurre a una più estesa collaborazione in Siria per giungere a una transizione che eventualmente porti alla emarginazione di Assad”. Ossia all'obiettivo dell'imperialismo americano, che al momento è bloccato da Mosca. E infatti l'affermazione del segretario di Stato Usa era contestata da Putin in persona che l'8 luglio, al termine del G20, sosteneva che “Tillerson è una persona rispettabile ma non è ancora un cittadino siriano” e non spetterebbe a lui decidere il futuro di Assad e della Siria. In ogni caso è una decisione che passa da Mosca che finora a tenuto in piedi la baracca del regime di Damasco. Nessun distinguo invece sulla guerra allo Stato islamico in Siria e in Iraq, che Putin e Trump considerano pressoché chiusa.
Riguardo alla crisi dell'Ucraina, Tillerson rivelava che, su richiesta del presidente Putin, gli Stati Uniti hanno nominato un rappresentante speciale, l'ambasciatore Kurt Volker, cui affidare “un canale di comunicazione USA-Russia per promuovere la risoluzione della crisi Ucraina sulla base degli accordi di Minsk”. Lo attendiamo presto a Mosca, sosteneva Lavrov; magari per verificare al più presto quanto rivelato dall'agenzia russa Ria Novosti in merito alla posizione degli Stati uniti di voler fare pressione sul presidente ucraino Poroshenko perché acceleri i negoziati sulla risoluzione pacifica della crisi del Donbass, della regione controllata dai separatisti, in cambio di sostanziosi investimenti americani nell’economia ucraina.
Altro tema sul quale Putin e Trump hanno raggiunto un'intesa riguarda la creazione di un gruppo di lavoro per definire un accordo quadro sulla cyber sicurezza, da garantire anche rispetto “la minaccia terroristica”.
Alcuni distinguo, sempre secondo la ricostruzione di Tillerson, i due governanti imperialisti li registravano riguardo a come intervenire sulla vicenda della Corea del Nord. Il segretario di Stato Usa sottolineava comunque che si trattava di punti di vista diversi ma riguardavano la tattica, con la Russia che ha interessi economici da tutelare, perché comunque “la politica ufficiale della Russia persegue il nostro stesso obiettivo, una penisola coreana denuclearizzata”.
Molto più conciso il resoconto di Lavrov che nella sua conferenza stampa definiva l'incontro di Amburgo costruttivo, sottolineava che il colloquio confermava l'intenzione di tutti e due di arrivare ad “accordi che siano positivi per entrambi” e puntava soprattutto a mettere in evidenza gli accordi che erano stati raggiunti su Siria, Ucraina e sicurezza informatica. Il resto era affidato alla discussione tra i due ministeri degli Esteri, in applicazione delle disponibilità espresse da Putin e Trump a continuare a discutere le contraddizioni su questi e altri temi.
 
 
 
 

12 luglio 2017