Gli imperialisti e i loro servi hanno raso al suolo Mosul
Ma lo Stato islamico non si è arreso, anzi continua la lotta contro l'imperialismo

Il comando militare dell'offensiva governativa su Mosul annunciava l'8 luglio la riconquista della Città vecchia, l'ultimo quartiere ancora in mano allo Stato islamico (IS); il primo ministro iracheno Haider al-Abadi visitava la città il giorno successivo per annunciarne la liberazione e celebrare “l’eroismo” che aveva portato la bandiera nazionale a sventolare di nuovo sul fiume Tigri, quantunque la resistenza delle formazioni dell'IS fosse ancora attiva in alcune strade.
I quasi 100 mila uomini dell'esercito di Baghdad, delle milizie sciite addestrate dall'Iran e dei reparti dei peshmerga, i curdi iracheni, ci hanno messo otto mesi, dall'inizio dell'offensiva il 17 ottobre scorso, per riprendere il controllo della città, capitale dell'IS in Iraq e luogo dal quale il leader Abu Bakr al-Baghdadi aveva annunciato nel 2014 la nascita del Califfato. Una dura battaglia condotta in parallelo con quella in Siria su Raqqa, nella quale le forze degli imperialisti e dei loro servi hanno voluto vincere a tutti i costi, al prezzo di radere al suolo la città a colpi di bombe usate financo in zone densamente popolate e causando diverse migliaia di vittime civili e quasi un milioni di profughi. Senza peraltro chiudere la partita con lo Stato islamico che continua la sua lotta contro l'imperialismo.
Diverse agenzie arabe, assieme a quella che veniva presentata come una vittoria quasi decisiva contro lo Stato islamico, lanciavano anche la notizia della probabile morte di al-Baghdadi e della sua sostituzione con un nuovo leader, il responsabile dell'IS in Libia. Pochi giorni prima la notizia della morte del Califfo probabilmente sotto le bombe siriane era rimbalzata da Teheran a Mosca. Al momento non ci sono conferme, anzi una nota dei servizi curdi siriani smentiva ogni cosa. Certo che la strategia militare e politica dell'IS cambierà una volta perduta Mosul, indipendentemente da chi ne sarà il leader, altrettanto certo è lo scontro fra le forze imperialiste e i loro alleati nel fronte contro lo Stato islamico per appuntarsi sul petto la medaglia dei giustizieri e per la spartizione del controllo delle zone “liberate”.
Le forze dell'IS controllano comunque ancora tre zone nell'ovest dell'Iraq, da quella di Hawija, a sudest di Mosul a quella di al-Qaim, al confine ovest con la Siria e la regione di Tal Afar, la cittadina nella quale, secondo il governatore di Ninive, l'IS ha trasferito il quartier generale amministrativo. Zone che sono collegate con quelle siriane ancora sotto controllo dell'IS a partire da Raqqa. Ai miliziani in campo in Iraq e Siria vanno aggiunte le decine di migliaia che hanno espresso fedeltà all'IS, dalla Nigeria alle Filippine.
Nel congratularsi con le forze militari irachene e i combattenti curdi peshmerga per aver contribuito alla vittoria di Mosul, il tenente generale Stephen Townsend, comandante delle operazioni della coalizione imperialista a guida Usa, ricordava che “è giunto il momento per tutti gli iracheni di unirsi per assicurare che l'ISIS sia sconfitto nel resto dell'Iraq e che non sia consentito alle condizioni che hanno portato all'aumento della sua presenza sul territorio di ripresentarsi. Non bisogna commettere errori”. Facile a dirsi, non altrettanto a metterlo in pratica dato che la nascita dell'IS è stata generata dall'aggressione e dall'occupazione imperialista, che restano in piedi.

19 luglio 2017