Secondo il “Rapporto di ricerca sul mercato del lavoro” elaborato dalla Fondazione di Vittorio
I Disoccupati reali sono il doppio di quelli ufficiali
Italia fanalino di coda in tutta l'area Euro

In Italia il numero dei disoccupati reali è di circa 2 milioni in più rispetto al dato ufficiale diffuso agli inizi di luglio dall'Istat.
A fare luce su questa drammatica realtà che attanaglia milioni di lavoratori e soprattutto i giovani è il “Rapporto di ricerca sul mercato del lavoro” elaborato dalla Fondazione di Vittorio (FdV), dal titolo “La disoccupazione dopo la grande crisi”, elaborato a giugno 2017 e diffuso l'11 luglio.
Per misurare il tasso di disoccupazione reale la FdV ha definito due diversi parametri di valutazione: (il tasso di sottoutilizzo della forza lavoro e il tasso di disoccupazione allargata) e proposto un metodo alternativo di stima della disoccupazione ossia: “il tasso di disoccupazione potenziale” utilizzando le rilevazioni della Bce e la percezione degli intervistati della “Rilevazione Continua della Forza Lavoro dell’Istat”.
La conclusione è che: “Nella grande sacca dell’inattività si nasconde un pezzo rilevante della disoccupazione, persone fuori dal mercato che il criterio di classificazione tradizionale non cattura”. Pertanto, si legge ancora nel rapporto: “Il tasso di disoccupazione nella sua formulazione più estensiva (che considera anche la sottoccupazione) si attesta in Italia nel 2016 al 23,8%. L’altra stima (il tasso di disoccupazione allargata) attribuisce alla disoccupazione un peso minore ma ancora sopra il 20% della forza lavoro. Il tasso di disoccupazione potenziale corretto - a cura di questa Fondazione - porta il peso della disoccupazione al 18,5%, quasi sette punti sopra il tasso ufficiale”.
L'Istat infatti considera come disoccupati solo “le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che: hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive; oppure, inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro”.
Mentre la ricerca della FdV considera giustamente non solo i disoccupati formalmente riconosciuti, ma anche le “forze di lavoro potenziali aggiuntive (FLPA) ossia tutte le persone in età 15-74 anni immediatamente disponibili a lavorare ma non impegnate nella ricerca di un impiego (i cosiddetti scoraggiati) e dalle persone che stanno cercando attivamente ma non sono subito disponibili a lavorare”.
Il tasso di disoccupazione schizza così al 18,5%, ben 6,8 punti sopra il tasso ufficiale, e il numero dei disoccupati sale a 5 milioni e 200 mila.
“Una misura della disoccupazione che incorpora le FLPA (considerandole alla stregua dei disoccupati attivi) – si legge ancora nel rapporto della FdV - consiste nel rapporto tra disoccupati+FLPA e le forze di lavoro allargate (occupati + disoccupati + FLPA): questo è il tasso di disoccupazione allargata, che nella media dei Paesi dell’Area Euro (AE) si attestava nel 2016 al 14,3% (4,3 punti sopra il tasso ufficiale), in Germania al 6,3%, in Spagna al 23,3% (vale a dire 3,7 punti sopra il tasso ufficiale) e in Italia al 21,8% (10,1 punti sopra il tasso ufficiale!). Nel corso degli ultimi 8 anni il rapporto tra il tasso di disoccupazione allargata e il tasso di disoccupazione ufficiale è risultato relativamente stabile nella media dei Paesi AE (oscillando tra 1,5 e 1,4) mentre in Italia, dove quel rapporto è particolarmente alto (1,9 nel 2016) si è osservata una moderata tendenza alla diminuzione (era 2,4 nel 2008)”.
Lo studio della FdV fornisce, inoltre, un'analisi comparativa con le rilevazioni della Bce inerente la cosiddetta offerta di lavoro reale. Attraverso le due diverse metodologie di calcolo adottate si registra in entrambi i casi una disoccupazione italiana superiore al 20%. Il tasso di disoccupazione allargata per i Paesi dell'area euro è pari al 14,6% (4,3 punti sopra il tasso ufficiale) e al 21,8% per l’Italia (circa 10 punti sopra il tasso ufficiale), mentre il tasso di sottoutilizzo della forza lavoro raggiunge il 17,6% per la zona euro e il 23,8% per il nostro Paese (più del doppio del tasso ufficiale di disoccupazione).
“Quale delle tre stime si voglia prendere a riferimento per misurare la disoccupazione effettiva in Italia (23,8%, 21,8%, 18,5%) il valore è molto più alto rispetto al dato ufficiale - sottolinea il presidente della Fondazione di Vittorio Fulvio Fammoni - e conferma quindi che nell’inattività si cela una quota importante di disoccupazione che le statistiche tradizionali non catturano”. Nel rapporto si spiega infatti che il tasso di occupazione italiano, 8,3 punti sotto quello della zona euro, non è compatibile con un tasso di disoccupazione ufficiale solo 2 punti più alto: dati spiegabili solo con la dimensione dell’inattività. “Affinchè il mercato del lavoro italiano abbia un profilo coerente con quello riferito all'eurozona, occorrerebbe - conclude Fammoni - ridurre drasticamente il numero di disoccupati ufficiali e far emergere una parte consistente della disoccupazione potenziale”.
Altro che “siamo usciti dal tunnel della crisi” come ha detto pochi giorni fa il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, ospite della seconda giornata della festa Left Wing a Fiuggi. La verità è che la politica economica di lacrime e sengue e il contestuale azzeramento dei diritti e delle tutele sindacali imposto col Jobs Act a colpi di fiducia da Renzi e poi proseguita con Gentiloni hanno gettato sul lastrico intere generazioni di lavoratori e di giovani a cui viene precluso perfino la possibilità di sperare in un lavoro dignitoso e in un futuro migliore.

19 luglio 2017