Il ddl all'esame del Senato nega l'indizione di scioperi ai sindacati e ai lavoratori non confederali
Il governo Gentiloni, dopo quelli di Berlusconi e Renzi, all'attacco del diritto di sciopero nel trasporto pubblico
Un decreto contro i lavoratori e i sindacati non confederali tra l'altro favorisce il monopolio di Cgil, Cisl e UIL

I tentativi di limitare, se non cancellare, uno degli strumenti più potenti che i lavoratori hanno in loro possesso per far valere i propri diritti si fanno sempre più numerosi e minacciosi. Gli attacchi al diritto di sciopero non sono una prerogativa esclusiva dell'attuale governo, bensì hanno caratterizzato tutta la storia dell'Italia repubblicana nata dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia è negli ultimi 30 anni che si sono intensificati grazie anche all'atteggiamento dei sindacati confederali che nel passato ritenevano questo diritto inviolabile e non negoziabile.
Da tempo invece Cgil, Cisl e Uil si sono resi complici del varo di numerose leggi restrittive specie nel settore pubblico, passate sotto le voci di “codice di autoregolamentazione” e “fasce di garanzia” che già sono leggi antisciopero. Queste misure però non soddisfano più i governi e i padroni che intendono vietare ulteriormente gli scioperi nei trasporti e nella sanità, mentre si stanno già toccando un po tutti i settori, dal turismo al commercio. Attraverso le cosiddette “clausole di raffreddamento” condivise dai sindacati confederali e inserite in quasi tutti i contratti nazionali, si arriva a includere i lavoratori del settore privato e categorie come quelle dei metalmeccanici e dei chimici, lontani anni luci da qualsiasi catalogazione, seppur pretestuosa, di “servizio pubblico essenziale”.
L'ultimo attacco in ordine di tempo al diritto di sciopero è partito a giugno, quando alcune sigle sindacali hanno proclamato uno sciopero nei trasporti contro la privatizzazione del servizio pubblico. La demagogia e la retorica sono state sparse a piene mani e il governo ha usato senza vergogna la menzogna e il capovolgimento della realtà dei fatti. “ Contro gli scioperi che mortificano la capitale agli occhi del mondo” (Giachetti, PD), “una minoranza di lavoratori tiene in ostaggio la maggioranza dei cittadini” (Del Rio, ministro dei trasporti), "L'ennesimo sciopero dei trasporti è uno scandalo. Fatto ancora una volta di venerdì” (Renzi).
Pietro Ichino (ex PCI ora PD) è tornato alla carica chiedendo che venga approvato il disegno di legge che lui presentò assieme ad altri nel 2015. Si rammarica che la sua proposta si sia poi arenata in parlamento anche se rivendica che la legislatura in corso non è stata con le “mani in mano” assoggettando il settore dei beni culturali alla disciplina generale dello sciopero nei servizi pubblici, a seguito di un assemblea dei lavoratori del Colosseo. Il giuslavorista che da decenni cerca di smantellare i diritti dei lavoratori propone una legge che permetta d'indire lo sciopero solo dopo un preavviso di almeno 5 giorni, lasciando comunque il monopolio alle organizzazioni maggiormente rappresentative, cioè Cgil, Cisl e Uil, sancendo ancora una volta il ruolo di sindacati di regime dei confederali. Nel caso siano altri sindacati a proclamarlo, nello specifico sarebbero quelli “di base”, allora sarà necessario un referendum tra i lavoratori, mentre le assemblee sindacali non potrebbero più svolgersi durante l'orario di lavoro, cancellando una storica conquista, quantomeno nel settore pubblico.
Ed è sulla proposta di Ichino che si basa il disegno di legge che il governo ha intenzione di varare. Una legge fascista e neocorporativa, un ulteriore tassello nell'instaurazione di relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano che non a caso assomiglia tanto al corporativismo vigente nel ventennio dove la dittatura fascista concedeva solo ai sindacati di regime la possibilità di rappresentare (entro certi limiti beninteso) i lavoratori. Il tutto è stato rimandato a settembre per motivi tecnici data l'imminenza delle ferie estive, tuttavia Gentiloni è tranquillo e può contare, oltre a quello del suo partito, sul sostegno di Forza Italia e di altre formazioni di destra che durante i governi Berlusconi hanno più volte attaccato il diritto di sciopero. Se non lo voteranno lo faranno esclusivamente per mettere in difficoltà la maggioranza parlamentare.
Sul diritto di sciopero non si deve indietreggiare di un millimetro e non sono accettabili le dichiarazioni della segretaria della Cgil Susanna Camusso che, pur non allineandosi al governo, lascia spazio alla trattativa su questo tema. Sono inaccettabili gli attacchi ai lavoratori e ai “sindacati di base” che hanno scioperato, accusati addirittura di farlo di venerdì per allungare il week-end, senza menzionare il fatto che gli scioperanti hanno perso i soldi di una giornata di lavoro. Evidentemente il governo teme una ripresa delle agitazioni e non si aspettava una adesione così alta. Perché mai una “esigua minoranza” avrebbe messo in ginocchio il traffico nelle città? In realtà in molti centri le adesioni hanno superato il 50% con punte del 90% a Firenze, andando ben al di là della rappresentanza effettiva di USB, Cobas e di chi aveva indetto lo sciopero del 16 giugno.
Il governo e molti partiti di “opposizione” tirano in ballo i “diritti dei cittadini” ma non dicono una parola sui motivi degli scioperi. Sono proprio le loro politiche di privatizzazione, sia a livello nazionale che locale, che vanno a creare i disservizi nei trasporti ferroviari, su gomma, nelle metropolitane, mettono a repentaglio la sicurezza dei viaggiatori, danneggiano i pendolari per lavoro e per studio a favore dell'alta velocità e della vendita di biglietti ad alto costo, oltre a tagliare migliaia di posti di lavoro. I lavoratori del settore pubblico invece, esercitando il diritto di sciopero, difendono le loro condizioni e il loro posto di lavoro, ma al tempo stesso lottano per tutte le persone che hanno diritto a un servizio di trasporti pubblici efficiente e a prezzi popolari che i vari governi borghesi vogliono smantellare completamente.
 

30 agosto 2017