Per bloccare i migranti
Il vertice di Parigi sposta in Africa le frontiere dell'Ue
L'agenzia Ap accusa l'Italia di aver firmato un accordo con le milizie libiche che gestiscono il traffico di migranti

Creare campi di “accoglienza” in Niger e Ciad e sigillare militarmente le loro frontiere settentrionali per bloccare il flusso di migranti prima ancora di entrare in Libia: questo lo scopo dichiarato e questa la conseguente decisione presa dal vertice ospitato il 28 agosto a Parigi dal presidente francese Emmanuel Macron con i capi di Stato e di governo di Germania, Spagna e Italia, l'alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini, e i rappresentanti dei due Stati africani. In altre parole si tratta di un accordo che scambia brutalmente il blocco dei migranti in campi di concentramento in Niger e Ciad pagando profumatamente i governi di questi due paesi, sul modello già collaudato di quello ideato dalla Merkel e finanziato dall'intera Ue per trattenere i migranti siriani in Turchia pagando fior di miliardi al dittatore fascista Erdogan.
Con questo vertice, a cui dovrà seguirne un altro prima di novembre in Spagna, quando si dovrà tenere il previsto summit tra l'Unione europea e l'Unione africana, l'Europa imperialista sposta quindi le sue frontiere meridionali in Africa, nel cuore del Sahel, per chiudere ai migranti anche la porta del Mediterraneo, dopo aver già chiuso quella balcanica estendendo la sua frontiera orientale fino ai confini della Siria e dell'Iraq.
Il cappello politico al comunicato finale del vertice recita che “i capi di Stato e di governo decidono di lavorare insieme per tentare di rinforzare la cooperazione con i paesi di origine allo scopo di fronteggiare le cause fondamentali, prevenire le partenze e migliorare le capacità di rimpatrio dei migranti clandestini (sic) nel loro paese d'origine”. E che a questo scopo “potrebbero essere ideati nuovi mezzi per intensificare e facilitare i rimpatri volontari e la reintegrazione, oltre a quelli già esistenti a livello nazionale, europeo e internazionale, come il rafforzamento dell'integrazione socio-economica dei migranti che rientrano nelle loro comunità d'origine”.

Bloccare i migranti prima che arrivino in Libia
Riguardo agli accordi con Niger e Ciad, il comunicato sottolinea infatti esplicitamente che “la Germania, la Spagna, la Francia e l'Italia come l'Ue ribadiscono la loro determinazione a contenere i flussi d'immigrazione irregolare molto prima che raggiungano la Libia”, e che a questo scopo mirano a “sostenere la presenza crescente di strutture governative nel nord del Niger e del Ciad” e a “rafforzare i programmi in vigore che mirano a migliorare il controllo del confine settentrionale con la Libia”. Si parla anche di “prevenire le partenze e migliorare le capacità di rimpatrio dei migranti clandestini (sic) nel loro paese d'origine”, promettendo di accompagnare l'aumento dei rimpatri “volontari” con un “rafforzamento dell'integrazione socio-economica dei migranti che rientrano nelle loro comunità d'origine”.
Quindi, al di là della retorica ipocrita che vagheggia il ritorno “volontario” dei migranti nei paesi da cui sono partiti per sfuggire a fame e guerre, dove dovrebbero trovare non si sa quando e come una miracolosa “reintegrazione socio-economica” grazie ai fondi Ue, soldi che comunque finirebbero in mano a governi dittatoriali e classi dirigenti corrotte, quello che c'è di immediato e concreto nell'accordo di Parigi è solo la realizzazione di campi di raccolta in Niger e Ciad, in cui sarà operata già sul posto la selezione tra migranti “economici”, cioè i “clandestini” da respingere subito ai paesi di provenienza, e migranti con diritto di presentare richiesta di asilo, anche con la presenza in loco della Unhcr, l'agenzia Onu per i rifugiati, e della Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Mentre contemporaneamente sarà rafforzata con forti finanziamenti, mezzi militari e addestramento del personale forniti dalla Ue, la guardia di confine per sigillare la frontiera con la Libia, come se quella fosse la nuova frontiera meridionale della Ue imperialista. Macron ha precisato non a caso che l'Unione europea garantirà subito dotazioni economiche, di personale e mezzi militari (jeep e sistemi radar per controllare i confini e addestratori per le truppe), a cui “faranno seguito” altri finanziamenti per non meglio precisati “progetti di sviluppo” in campo sanitario e dell'istruzione per i due paesi africani.

Il modello da seguire è quello italiano
Quanto alla Libia il comunicato ribadisce che la strada da seguire è quella del rafforzamento di una “cooperazione economica che renda possibile un'alternativa al profitto economico della tratta umana”: in altre parole pagare i trafficanti rendendo più lucroso per loro trattenere i migranti anziché farli passare. Anche perché in questo modo possono spogliarli lo stesso di ogni loro avere e in più prendere i soldi europei per tenerli prigionieri e utilizzarli come schiavi. In questo senso il comunicato giudica “particolarmente tempestivo” e da sostenere pienamente il progetto italiano per “la gestione integrale della frontiera e dell'immigrazione in Libia” e per “gli accordi di pace fra le tribù del sud della Libia”, nonché giudica “un progresso vantaggioso che permette di migliorare l'organizzazione e l'efficacia dei salvataggi” nel Mediterraneo il “codice di condotta sui salvataggi in mare” imposto da Minniti alle Ong che ha di fatto legato loro le mani.
L'Italia infatti si era già mossa per tempo nella stessa direzione poi sancita dal vertice di Parigi: il 21 maggio il ministro Minniti aveva incontrato i suoi colleghi di Libia, Niger e Ciad, proprio per “sostenere la costruzione e la gestione di centri di accoglienza” in questi ultimi due paesi, e per “promuovere lo sviluppo di una economia legale alternativa a quella collegata ai traffici illeciti”. Tradotto, l'Italia prometteva soldi ai trafficanti per trasformarsi in carcerieri di migranti all'interno del Niger e del Ciad anziché trasportarli in Libia. Questo accordo ha avuto poi un secondo tempo il 28 agosto, sempre a Roma, nell'incontro tra il ministro dell'Interno e i suoi colleghi di Ciad, Libia, Mali e Niger, venuti a battere cassa dopo aver contribuito alla forte riduzione del flusso dei migranti nel Mediterraneo che si è registrata tra luglio e agosto.
Il 13 luglio a Tripoli Minniti ha fatto la stessa operazione con 14 sindaci libici dei territori del sud in cui transitano i migranti, promettendo soldi in cambio della rinuncia a lucrare sul traffico degli stessi. E col governo fantoccio di Fayez al Serraj ha trattato il potenziamento e l'addestramento della guardia costiera, che ora spara sulle navi delle Ong, nonché l'ingresso delle navi militari italiane nelle acque libiche. Cose anche queste che hanno contribuito alla riduzione del flusso estivo.
E questo solo a livello ufficiale. Poi ci sono gli accordi segreti, che naturalmente sia la Farnesina che il Viminale smentiscono. Accordi tra il governo italiano, tramite i servizi segreti, con le milizie libiche, in particolare le brigate che operano nella zona di Sabratha, che difendono i terminali petroliferi dell'Eni ma controllano anche gli scafisti e i punti di imbarco dei migranti: anche a loro il governo Gentiloni sta inviando fiumi di denaro per tenere bloccati i migranti nelle carceri libiche, dove vengono sottoposti a torture e violenze di ogni genere; oltre a essere impiegati come schiavi per lavorare nei campi petroliferi, dopo essere stati spogliati di ogni loro avere.

Il governo italiano paga i trafficanti di uomini
Lo ha confermato anche un rapporto dell'Associated Press”, che citando almeno cinque funzionari della sicurezza di Sabratha,rivela un accordo tra i servizi italiani e i capi di due brigate libiche coinvolte nel traffico di esseri umani. Le milizie coinvolte sarebbero due, con base a Sabratha, guidate da due fratelli appartenenti al clan dei Dabbashi che controlla la città e il traffico di migranti. L'agenzia americana parla di “una diminuzione dell'86%” degli sbarchi in Italia tra luglio e agosto, attribuendola in parte alle condizioni del mare e all'attività della guardia costiera libica, ma soprattutto “all'accordo con le due più potenti milizie della Libia occidentale”. Poiché le due brigate sarebbero incorporate nelle forze di sicurezza di Serraj, i servizi italiani avrebbero avuto il pretesto legale per trattare direttamente con i loro capi, perché considerati “non trafficanti ma parte del governo riconosciuto”. “I trafficanti di ieri sono la forza anti-traffico di oggi”, conclude il servizio dell'Ap.
Questi vergognosi accordi, sia alla luce del sole che sottobanco, condotti dall'Italia di concerto con l'Ue, sono stati denunciati anche da don Mussie Zarai, presidente dell'agenzia Habeshia che aiuta i migranti. Il sacerdote eritreo, recentemente indagato dalla procura di Trapani per le sue posizioni in difesa delle Ong, ha ricordato che la Corte penale internazionale ha aperto un'inchiesta sul trattamento dei migranti in Libia e sul comportamento della sua guardia costiere, avanzando l'ipotesi di “crimini di guerra”. “Chiunque sia artefice di questa politica di respingimento e chiusura totale e chiunque la sostenga – ha aggiunto Zerai – si rende complice di tutti questi orrori e prima o poi sarà chiamato a risponderne”.
Tra questi, aggiungiamo noi, in prima file c'è il governo di Gentiloni e del nuovo Scelba Minniti, che nella sua linea anti-immigrati sta mostrando tutta la sua politica razzista di stampo neocolonialista e mussoliniana. Che all'interno si dispiega con gli sgomberi, le violenze poliziesche e i rimpatri forzati dei migranti. E all'esterno con l'invio di navi da guerra nelle acque libiche e pagando i trafficanti di uomini, proprio mentre a livello ufficiale accusa ipocritamente le Ong di avere rapporti con essi.
Queste politiche razziste e neocolonialiste, compresi gli accordi di Parigi, non riusciranno comunque a fermare l'ondata dei migranti in fuga da carestie, miseria e guerre, che premono alle porte dell'Europa. Essa troverà altre vie di sbocco, come dimostra tra l'altro l'aumento dei flussi migratori dal Niger verso l'Algeria segnalato a metà agosto dal ministero degli Esteri di quel paese.

6 settembre 2017