In 20.000 a Bologna
Grande manifestazione per il Làbas e gli spazi sociali autogestiti
Il sindaco promette una sistemazione, ma “Làbas non ha firmato la pace con Merola”

Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna
Dopo l’ennesimo e infame sgombero operato dalle “forze dell’ordine” nella mattinata dell’8 agosto, su ordine della Questura e con il silenzio-assenso dell’amministrazione comunale bolognese guidata dal PD Virginio Merola, oramai un “esperto” in sgomberi di spazi sociali a forza di manganellate, gli ex occupanti del Làbas avevano promesso una grande e festosa manifestazione che il 9 settembre avrebbe attraversato Bologna per rivendicare a gran voce la riapertura del Làbas, uno dei tanti spazi che negli anni aveva operato con finalità sociali nel quartiere dove si era insediato, aiutando chi, indifferentemente se italiano o straniero, bambino o anziano, avesse avuto bisogno di un tetto per la notte come di uno spazio ricreativo fuori dalle logiche puramente commerciali.
E così è stato. Dalle prime ore del pomeriggio, per i 20 mila manifestanti citati dagli organizzatori, che sono sfilati nel corteo aperto dallo striscione “#RiapriAMOLàbas”, partito dal concentramento in piazza XX settembre, dove i primi interventi hanno affermato con decisione che "Làbas non è contenibile in quattro mura. Che Làbas diventi un ponte. Oggi varie categorie sociali hanno deciso di mettere le lenti non della paura ma del riscatto. In un mondo in cui le porte vengono chiuse anziché aperte questa moltitudine non è scontata. Questo non è un corteo di Làbas per Làbas, ma va oltre. Quella di oggi è una grande occasione. Possiamo incidere sulla città del domani. Dobbiamo dire una cosa molto semplice: Làbas non è un centro sociale, ma uno spazio politico aperto a tutte e tutti. Avanti Làbas, avanti tutte e tutti noi".
Sono intervenuti anche la band “Lo Stato Sociale” e l’attore Alessandro Bergonzoni che ha urlato “Il Comune siete voi, voi siete la Comune” e “Basta manganelli, che non si vedano mai più!”
Il corteo ha percorso via Indipendenza, via dei Mille, via Marconi, via Ugo Bassi, via Farini, Strada Maggiore, via Guerrazzi, e si è concluso in piazza Carducci, passando anche per via Santo Stefano dove la Questura aveva provocatoriamente installato delle reti metalliche e piazzato blindati per impedire un eventuale avvicinamento all'ex Caserma Masini, dove aveva sede il Làbas.
Tra i tantissimi partecipanti, studenti, attivisti, mamme con bambini, vi erano anche Xm24, da mesi sotto minaccia di sgombero, e Crash, altro spazio sociale sgomberato nella stessa giornata dell’8 agosto, e poi gli attivisti del Tpo, il cui leader Gianmarco De Pieri è co-presidente di Coalizione Civica, l’Usb, la Cgil, la Fiom, i contadini di Campi aperti con lo slogan “Seminiamo resistenze”, Link, Uds, Xeno, Ritmolento e tanti altri ancora.
Durante il corteo si sono ripetuti gli interventi contro l’amministrazione comunale e il PD, rivendicando “Casa, diritti, dignità”.
Per smorzare i toni della manifestazione il sindaco Merola il giorno precedente ha risposto ad una lettera dove il Làbas lo “invitava” ad assumersi le sue responsabilità attivandosi per trovare una soluzione alternativa in modo da garantire la continuità del progetto politico e sociale al quale si era tentato di mettere fine con i manganelli l’8 agosto.
Merola si è impegnato a trovare una soluzione temporanea entro 2 mesi, che faccia da ponte ad una collocazione definitiva per il Làbas, in un percorso partecipato che veda riconosciuto il ruolo assunto dagli attivisti nel quartiere Santo Stefano. Gli stessi hanno rivendicato questo come il risultato della mobilitazione che si è sviluppata: “Il sindaco si assume l'impegno formale e pubblico che fortemente abbiamo preteso in queste settimane e che non esitiamo a definire una straordinaria conquista di tutta la città".
L’impegno assunto da Merola è certamente un fatto positivo, da ascrivere alla determinazione degli attivisti del Làbas e non solo; d’altra parte c’è molto da diffidare delle parole di un sindaco che nel corso del suo mandato ha dato il via a numerosi sgomberi di centri sociali in città, avvenuti con la consueta violenza poliziesca, e che ha posto fine, almeno fisicamente e comunque temporaneamente, a tante positive esperienze di attivismo politico e sociale.
Tanto è vero che pochi giorni prima della manifestazione del 9, a fronte di un appello lanciato unitariamente da 11 realtà associative e sindacali: Uisp, Legambiente, Libera, Orlando, Anpi, Arci, Arcigay, Cgil, Fiom, Piazza Grande, la Casa delle donne per non subire violenza, per dare una sistemazione temporanea al Làbas in attesa di quella “definitiva” che potrebbe essere alla ex Staveco (dove si producevano veicoli dell’Esercito), proprio Merola ha sfidato i suddetti organismi a mettere a disposizione le loro di sedi: “Non trasformiamola in una tragedia sociale, perché non lo è. Il problema di trovare una sede a Làbas c'è ma non abbiamo la bacchetta magica. A chi ha firmato l'appello, come Cgil e Anpi, dico: oltre a una semplice firma si possono cominciare a dare anche sedi. I ragazzi di Làbas si trasformino in associazione, si facciano sostenere con qualcosa di più concreto da tutti questi intellettuali impegnati e bravi a riscuotere diritti d'autore… Servono delle regole di tutela per quelli che vanno lì dentro, perché finalmente non parleremo di più di un immobile non a norma, di una pizzeria senza scontrini e regole sanitarie".
Gli stessi attivisti comunque hanno tenuto a precisare che "Làbas non ha firmato la pace con Merola, Làbas ha conquistato uno spazio per tutte e tutti", “La manifestazione sarà una grande giornata di democrazia, di partecipazione e di festa. Una festa che non dimentica gli sgomberi, le speculazioni edilizie, le scelte politiche scellerate, l’incapacità della politica di leggere i bisogni della società. Una festa che nasce da una giornata di resistenza e conflitto sociale come è stata quella dell’8 agosto. Una festa che ha lo sguardo rivolto alla Bologna del futuro, alla Bologna che vogliamo, alla Bologna che già stiamo costruendo. Ci vediamo in piazza più determinati di prima".
Così è stato nella giornata del 9 settembre, e così sarà se ancora una volta l’amministrazione non darà una risposta certa e adeguata al legittimo bisogno di spazi sociali autogestiti delle masse bolognesi.
 

13 settembre 2017