Tramite il pennivendolo e falsificatore Ezio Mauro
“Repubblica” inneggia a Trotzki come “gran maestro della rivoluzione russa”

Con il centenario della Rivoluzione d'Ottobre ormai alle porte, è del tutto naturale che la borghesia, tramite i suoi intellettuali, guardi con le proprie lenti deformanti controrivoluzionarie a questo epocale evento che cambiò per sempre la storia del mondo e dimostrò che era possibile distruggere il capitalismo. Di certo un servizio a queste letture denigratorie è offerto da Ezio Mauro, ex direttore de “la Repubblica”, nelle sue “Cronache di una rivoluzione”, pubblicate a puntate di mese in mese sul quotidiano che dirigeva; e con la “puntata” del 6 settembre, il noto scribacchino anticomunista ci rivela il suo nuovo amore, niente poco di meno che Trotzki.
Il capitolo del 6 settembre, interamente dedicato alle giornate dell'insurrezione di Pietrogrado (oggi San Pietroburgo), che avvenne vittoriosamente nella notte del 7 novembre (secondo il calendario giuliano allora in vigore era il 25 ottobre), è tutto un contrapporre Trotzki a Lenin: il primo è calmo e stratega, il secondo è irascibile e impulsivo, “inquieto nel suo rifugio protetto dal quartiere operaio” mentre l'altro gira le manopole dell'insurrezione. Trotzki, si premura di precisare Mauro, avrebbe un immacolato pedigree rivoluzionario, “anche se aveva preso la tessera bolscevica da poco”, perché si era fatto la Siberia e l'esilio e aveva partecipato alla rivoluzione del 1905, “un albo d'oro rivoluzionario che stava evidentemente scritto nel destino, visto che era nato nell'anno dell'attentato al treno dello Zar, e proprio nel giorno storico dell'Ottobre, il 26”. Addirittura, Trotzki sarebbe stato il “gran maestro della rivoluzione russa”, titolo che fra l'altro fa sembrare la Rivoluzione sovietica come un complotto massonico.

Falsità sul ruolo di Trotzki nell'insurrezione di ottobre
Sarà che la passione abbaglia Mauro, perché il resto dell'articolo è una sequela di falsità, errori e omissioni. Per esempio quando afferma: “Nella battaglia politica di Lenin contro Zinovev e Kamenev, che volevano aspettare l'Assemblea Costituente di novembre per prendere il potere legalmente, Lev Davidovic [Trotzki, ndr] appoggia la tesi leninista dell'insurrezione subito”. In realtà, la stessa seduta del Comitato centrale del Partito bolscevico (10 ottobre) che respinse la proposta suicida di Kamenev e Zinovev, respinse pure l'emendamento di Trotzki che voleva attendere la convocazione del Congresso dei Soviet, rivelando così in anticipo la data dell'insurrezione e dando tempo prezioso al governo borghese di Kerenski.
Mauro riconosce che fra Lenin e Trotzki c'è “una differenza strategica, anzi politica”, che non è esattamente una quisquiglia, ma la riduce al fatto che Trotzki voleva il Soviet come “strumento dell'insurrezione, mentre Lenin come sempre mette al centro il partito-guida”. Certo, qui si vuole ripetere la favola, già esposta dal “manifesto” del 21 maggio (vedi), su Trotzki che già agli albori della rivoluzione vede i germi della “dittatura del partito” concepita da Lenin e successivamente attuata da Stalin, ma le divergenze col padre dell'Ottobre non erano certo quelle. Semmai andrebbe ricordato che Trotzki (alla faccia del pedigree rivoluzionario...) si era opposto alle idee di Lenin in tutte le fasi della costruzione del Partito bolscevico; che era ancora di fatto un menscevico (sia pure “centrista”) durante la rivoluzione di febbraio; e che solo con il golpe controrivoluzionario di Kornilov in luglio si decide a passare al bolscevismo. Questo nonostante che in quei mesi frenetici, dove ogni momento era d'oro e la miccia poteva scoppiare all'improvviso, Lenin avesse già pubblicato da tempo le sue Tesi d'aprile, per non parlare delle sue altre opere di grande valore politico e organizzativo riguardo il partito, la rivoluzione e il capitalismo in Russia e nel mondo. È comunque un passaggio solo formale, non un'autentica adesione ideologica al leninismo, tant'è che gli scontri con Lenin riprenderanno già all'indomani dell'Ottobre, soprattutto sulla pace, sulla possibilità di costruire il socialismo in Russia senza attendere la rivoluzione europea, sulla natura del partito.
Che Trotzki abbia avuto un ruolo centrale, indispensabile e fondamentale nell'insurrezione è una storia messa in giro dai trotzkisti sin dalla morte di Lenin. Già Stalin nel 1924 in Trotzkismo o leninismo puntualizzava: “I trotzkisti propalano insistentemente la voce secondo cui l'animatore e l'unico dirigente dell'insurrezione d'Ottobre sarebbe stato Trotzki. [...] Lo stesso Trotzki, ignorando sistematicamente il partito, il CC del partito e il comitato di Pietrogrado, passando sotto silenzio la funzione dirigente di questi organismi nell'insurrezione e spingendosi insistentemente avanti come figura centrale dell'insurrezione, contribuisce volontariamente o involontariamente a diffondere le dicerie su una funzione particolare da lui avuta nell'insurrezione. Sono ben lontano dal negare la parte senza dubbio importante avuta da Trotzki nell'insurrezione. Ma devo dire che Trotzki non ha avuto e non poteva avere nessuna funzione particolare nell'insurrezione d'Ottobre, e che, essendo presidente del Soviet di Pietrogrado, egli non ha fatto che eseguire la volontà delle istanze competenti di partito, che guidavano ogni suo passo”.
Trotzki nei giorni dell'insurrezione ricopre le funzioni di presidente del Soviet di Pietrogrado e, quindi, presidente del Comitato militare rivoluzionario. È inoltre membro dell'ufficio politico del partito, ma non del centro organizzativo eletto dal CC bolscevico il 16 ottobre. Quindi ha sì un ruolo importante e di primo piano, ma resta un ingranaggio del partito e della rivoluzione, che invece devono a Lenin la fondamentale e indispensabile preparazione teorica, ideologica, politica, strategica e organizzativa senza la quale probabilmente il proletariato russo non sarebbe riuscito a prendere il potere. È la megalomania di Trotzki, figlia del suo opportunismo politico, che lo porterà a riscrivere la storia dell'Ottobre per mettere in ombra il Partito bolscevico e lo stesso Lenin, arrivando a negare l'esistenza del centro organizzativo, che era diretto da Sverdlov e Stalin, e persino a imputare a quest'ultimo di avere ingigantito il ruolo di Lenin a scapito di quello di Trotzki. Ci sarebbe poi da aggiungere che, se effettivamente ricoprì un ruolo significativo nei giorni certo fondamentali dell'insurrezione, Trotzki nei mesi e negli anni precedenti fu spesso apertamente nemico di Lenin, guadagnandosi l'appellativo di “Giuda Trotzki”, al contrario di Stalin che si distinse come convinto e coerente sostenitore della sua linea.
Anche quando si angustia che Trotzki “non immaginava che il terrore di Stalin sarebbe riuscito a divorare entro pochi anni anche lui, l'architetto della rivoluzione” (altro titolo del tutto immeritato), Mauro si guarda bene dal dire che lo scontro fra la linea leninista, rappresentata da Stalin, e la linea trotzkista dopo la morte di Lenin si sviluppò alla luce del sole, attraverso vasti e partecipati dibattiti che occuparono il Partito bolscevico per svariati anni, con il blocco trotzkista sconfitto nel 1926 e Trotzki espulso il novembre dell'anno successivo dal partito per avere perseverato nelle sue attività frazionistiche contro l'unità bolscevica e la costruzione del socialismo. Attività che sarebbero proseguite negli anni successivi sotto forma di sabotaggi, attentati, tentativi di scissione e altre manovre segrete. Per inciso, è noto che Stalin fu contrario all'espulsione di Trotzki nel gennaio 1925 (pur avendone “i numeri”), poiché la discussione era ancora in corso: proprio uno spietato tiranno!

L'attacco a Lenin dietro gli osanna a Trotzki
Trotzki fu quindi tutt'altro che il “gran maestro della rivoluzione russa”, tutt'al più fu il gran propugnatore dell'opportunismo. L'infatuazione di Mauro per la sua figura non è poi così sorprendente: Trotzki ben si presta a chiunque voglia denigrare e delegittimare non soltanto l'esperienza di costruzione del socialismo in Urss sotto la guida di Stalin, ma anche e soprattutto l'intera idea della dittatura del proletariato, travisandola in “dittatura del partito”, e di lì a seguire la stessa concezione leninista del partito rivoluzionario d'avanguardia, alla testa del proletariato e saldamente radicato fra le masse, basato ideologicamente sul marxismo-leninismo e organizzativamente sul centralismo democratico.
Questo è il tipo di partito a cui il trotzkismo e i falsi partiti comunisti sono allergici e che è stato decretato morto dal riformismo e dal revisionismo comunque mascherati, ma è proprio il tipo di partito che occorre per dare una svolta rivoluzionaria alla lotta di classe in Italia (e non solo) e per radicare fra le masse una strategia finalmente orientata ad abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo. Il PMLI lavora per costruire un grande e forte partito di questo tipo: chi vuole farla finita col capitalismo non si faccia illudere dal trotzkismo e si confronti con i marxisti-leninisti per portare a compimento questo fondamentale compito rivoluzionario, seguendo gli insegnamenti che ci ha lasciato cento anni fa la Rivoluzione d'Ottobre.

13 settembre 2017