La multinazionale Nestlè chiude e licenzia a Parma e Perugia
Manifestazioni per il lavoro alla Perugina

Sono ben 544 i posti di lavoro messi in discussione dalla Nestlè, proprietaria di molti stabilimenti e marchi anche in Italia. Si tratta di due vertenze distinte ma entrambe riconducibili alla multinazionale alimentare con sede in Svizzera.
Una riguarda la chiusura della Froneri, società di Parma produttrice di gelati. I lavoratori sono sul piede di guerra da mesi perché la Nestlè non vuol sentire ragioni e tornare sui suoi passi. Il 10 ottobre all'uscita dal municipio dove si era recata una delegazione della direzione della Froneri un manager e un Amministratore Delegato, nonostante fossero scortati da Polizia, Carabinieri e Vigili, sono stati coperti d'insulti e spintonati dai lavoratori inferociti ed esasperati dalla prospettiva dei licenziamenti. I lavoratori dell'azienda parmense si sono recati anche in Umbria, in solidarietà con i lavoratori della Perugina, anch'essi parte del gruppo Nestlè e a rischio licenziamenti.
Quello di San Sisto, alla periferia di Perugia, è uno dei più importanti poli produttivi del cioccolato all’interno del gruppo Nestlè a livello europeo, dove vengono prodotti gli storici Baci Perugina, eccellenza del cioccolato Made in Italy nel mondo. Non sembra neppure che ci siano sentori di crisi altrimenti non si comprendono le entusiastiche dichiarazioni sui risultati di vendita dei prodotti dello stabilimento perugino unite all'impegno di investimenti importanti. A sentire gli svizzeri la produzione, grazie all'export, è aumentata del 40%.
Un anno fa la Nestlè dichiarò di avere pronto un piano d'investimento da 60 milioni di euro in tre anni per lo stabilimento umbro. L'annuncio fu fatto in pompa magna alla presenza dell'allora presidente del Consiglio, il nuovo duce Renzi, che assieme ai manager del gruppo in Italia voleva presentare la Perugina come esempio de “l'Italia che non si ferma”, come dice il titolo di un suo libro.
Esclusa la crisi di ordinazioni c'è il sospetto più che fondato che Nestlè stia tirando la corda, atteso che tra pochi mesi scadrà una delle ultime casse integrazioni di cui ha beneficiato. Una mossa riconducibile al Jobs Act che limita fortemente l'utilizzo della CIG straordinaria per cui la Nestlè preferisce licenziare visto che non può più utilizzare gli ammortizzatori sociali che una lavorazione stagionale come quella del cioccolato spesso richiede.
Una mossa che minaccia 364 posti di lavoro su un totale di 800. La risposta dei lavoratori non si è fatta attendere e il 7 ottobre è stato indetto uno sciopero con l'adesione totale di tutti i dipendenti. Fin dalla prima mattinata centinaia di persone hanno invaso il centro storico di Perugia, una mobilitazione che ha coinvolto tutta la città. Erano presenti anche i lavoratori di altre aziende in crisi come la Colussi e la Novelli, i dipendenti pubblici e i pensionati dello Spi-Cgil. Dopo la manifestazione in piazza la giornata di lotta è proseguita con un blocco stradale.
Una mobilitazione di massa che evidenzia lo stretto rapporto con la fabbrica per il suo peso occupazionale, la sua storia e il nome assonante alla città di Perugia che la fanno sentire come un bene appartenente a tutta la popolazione. Siamo ancora lontani da una soluzione ma come ha spiegato Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai Cgil: “Grazie alla grande mobilitazione dei lavoratori, di politica, istituzioni e società civile locale, per la prima volta l’atteggiamento monolitico dell’azienda ha vacillato. Per la prima volta non sono stati rimessi sul tavolo i numeri degli esuberi”.
 
 

18 ottobre 2017