Con l’appoggio militare determinante dell’imperialismo americano
Le forze curde e arabe occupano Raqqa. Trump esulta
La criminale e inammissibile distruzione dello Stato islamico sarà pagata dai popoli limitrofi ed europei per l'inevitabile sviluppo degli atti terroristi.
L'Arabia Saudita, mandando un ministro nella città distrutta, entra nel gioco della spartizione della Siria

Dopo quasi 5 mesi di incessanti bombardamenti dal cielo e da terra la capitale dello Stato islamico (IS) Raqqa è caduta nella mani della coalizione internazionale, quella santa alleanza imperialista guidata dagli Stati Uniti che ha portato nuove morti e distruzioni in quest’area mediorientale. L’assalto finale è stato lanciato nella notte fra sabato 14 e domenica 15 ottobre. Le Forze democratiche siriane (SDF), composte e dirette per la maggioranza dai combattenti curdi siriani e da forze arabe minori, con l’appoggio militare determinante dell’imperialismo USA, hanno prima conquistato l’ospedale e poi lo stadio, ultimo bastione dell’IS a crollare. Il 17 ottobre in un comunicato le SDF annunciavano la presa totale di Raqqa.
L’occupazione di Raqqa più che una battaglia militare per “ripristinare la civiltà” è stata una delle più criminali barbarie dell’imperialismo dell’ultimo decennio. Da gennaio di quest’anno più di 3.000 bombe sono state lanciate sulla capitale dell’IS, devastando scuole, ospedali e abitazioni civili, rendendola una città fantasma senza elettricità e acqua potabile. Oltre l’80% della città è ridotta in macerie. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani nella battaglia di Raqqa hanno perso la vita 3.250 persone di cui 1.130 civili. Prima della guerra era abitata da oltre 300mila persone, ora ne rimangono meno di 25mila.
I cacciabombardieri della coalizione imperialista che hanno coperto dall’alto l’avanzata delle truppe curde e arabe, in spregio al diritto internazionale ridotto a brandelli anche in questa occasione, hanno sganciato ripetutamente ordigni al fosforo bianco e bombe a grappolo, entrambi vietati dalla comunità internazionale. Senza distinguere obiettivi militari da quelli civili. Il 22 ottobre la Russia ha svelato la verità, anche se strumentalmente visto che i bombardamenti russo-siriani su Deir Ezzor, l’altra grande città in mano allo Stato islamico, hanno fatto ugualmente strage di civili, accusando la coalizione internazionale a guida USA di aver raso al suolo Raqqa con “una campagna di barbari bombardamenti”. Mosca ha accusato i Paesi occidentali di riversare ora aiuti a Raqqa per nascondere la portata della distruzione causata dai bombardamenti. “C’è un solo motivo per tutto questo – si legge nella nota del Cremlino -. Cancellare le tracce dei barbari bombardamenti dell’aviazione americana e della coalizione che hanno sepolto sotto le rovine migliaia di cittadini pacifici ‘liberati’ dagli Stati Uniti”.
Ad innalzare il giubilo della santa alleanza imperialista è stato la sua guida, il dittatore fascista Donald Trump, che il 21 ottobre ha sentenziato: “Con la liberazione della capitale dello Stato islamico, nonché della maggior parte del suo territorio, la fine del califfato dell’Isis è in vista. Evolveremo rapidamente verso una nuova fase nella quale sosterremo le forze di sicurezza locali, elimineremo le violenze in Siria e creeremo le condizioni per una pace duratura affinché i terroristi non possano più tornare a minacciare la nostra sicurezza comune”. Il giorno prima il generale e portavoce delle Forze democratiche siriane, Talal Sillo, aveva affermato che il “Futuro politico di Raqqa sarà determinato nel quadro di una Siria decentrata, federale e democratica” in cui i curdi aspirano a ritagliarsi uno spazio autonomo, consegnando il controllo della città non al governo siriano bensì al “Consiglio civile di Raqqa” formato dai rappresentanti di clan sunniti locali, magari cambiando sponsor, visto l’atteggiamento degli USA che non hanno mosso un dito nell’occupazione di Kirkuk da parte dell’esercito di Baghdad nel Kurdistan iracheno.
Così in una Raqqa che bruciava ancora il 19 ottobre la visita del ministro degli Affari del Golfo dell’Arabia Saudita Thamer as Sabhan, accompagnato dall’inviato speciale USA generale Brett Mc Gurk, ha aperto una partita a scacchi imperialista per dividersi le spoglie dello Stato islamico e della Siria. Di fatto l’Arabia Saudita mettendo subito piede a Raqqa e mostrandosi vicina ai curdi siriani ha lanciato un chiaro messaggio a Turchia e Iran che avrà un ruolo di primo piano nella definizione del futuro del nord della Siria di comune accordo con gli interessi dell’imperialismo americano. Tutto ciò, tra l'altro, dimostra che l'Arabia Saudita non sostiene e non finanzia l'IS.
Lo Stato islamico è in rotta sul piano militare, dove era impossibile resistere di fronte al più possente spiegamento bellico mai messo in campo da una coalizione internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale, come su a quello economico, la presa dei maggior campi petroliferi dell’IS da parte della coalizione imperialista segna il collasso finanziario del califfato, ma non su quello politico e ideologico. Sì, perché la criminale e inammissibile distruzione dello Stato islamico sarà pagato dai popoli limitrofi e europei per l’inevitabile sviluppo degli atti terroristici. La cacciata dei combattenti islamici dai loro territori favorisce di fatto la loro diffusione verso i paesi confinanti sino all’Europa e le immani distruzioni come quelle di Mosul e Raqqa moltiplicano la rabbia e il desiderio di vendetta che alimenta il terrorismo. Purtroppo gli atti terroristici di Parigi, Bruxelles, Nizza, Londra, Manchester, Barcellona saranno anelli di una sanguinosa catena destinata ad allungarsi ancora.
L’unica soluzione possibile per spezzare la spirale bombardamenti imperialisti-attentati terroristici è quella di cessare la guerra contro i popoli islamici e l’ingerenza dell’imperialismo nei loro affari interni. Ma da questo orecchio USA, Russia, UE, Turchia, Iran e Arabia Saudita non ci sentono.
 
 

31 ottobre 2017