Svolta tra i due Paesi
Il greggio avvicina Russia e Arabia Saudita
Accordo tra Putin e re Salman in visita a Mosca
L'imperialismo russo allarga la sua infuenza in Medio Oriente a scapito di quella dell'imperialismo americano

La visita a Mosca di Re Salman dell'Arabia Saudita al nuovo zar Vladimir Putin lo scorso 5 ottobre è stata la prima di un sovrano in carica della Casa dei Saud in Russia. Definita un evento “epocale” dal presidente russo, si è conclusa con la firma di accordi che non solo sanciscono una nuova alleanza energetica tra le due grandi potenze petrolifere ma ha registrato anche una svolta nelle relazioni diplomatiche.
Le intese nei settori dell’energia e del commercio erano state preparate nel maggio scorso durante la visita a Mosca del principe ereditario Mohammed, figlio di re Salman, e hanno portato tra le altre alla firma del memorandum d’intesa tra la multinazionale petrolifera saudita Aramco e la compagnia mineraria Saudi Basic Industries Corp (Sabic) con la Sibur, la più importante società petrolchimica della Russia. I vertici di Aramco firmavano un accordo anche con Novatek, il produttore di gas statale russo. Le intese tra le società petrolifere rispecchiavano l'unità di intenti tra Mosca e Riyad per accordare le loro strategie e tenere stabile il prezzo del barile di petrolio, fonte principale delle entrate dei bilanci dei due paesi.
La firma delle due parti di un accordo per la creazione di un fondo speciale per l’energia del valore di 1 miliardo di dollari metteva la carne sul fuoco per la cooperazione nei settori del petrolio, del gas e delle energie rinnovabili. L'Arabia saudita ha l'obiettivo di generare entro il 2023 quasi 10 gigawatt con fonti rinnovabili o nucleari. Già nel 2015 l’Arabia Saudita aveva firmato un accordo preliminare con la Russia per costruire i suoi primi reattori nucleari, per una diversificazione delle fonti energetiche ma soprattuto per provare a accorciare la distanza con il corrispondente programma nucleare della rivale Iran.
Il petrolio rappresenta il filo conduttore dell’avvicinamento tra Mosca e Riyad che ha permesso ai colloqui tra Putin e re Salman di andare oltre e di segnare una svolta nei rapporti tra i due Paesi. L'Arabia Saudita è il pilastro dell'imperialismo americano nella regione e l'asse tra Washington e Riyad resta ben saldo come confermava l'esultanza saudita il 12 ottobre alla decisione di Trump di non certificare il rispetto dell'accordo del 2015 con Teheran, di chiedere al Congresso Usa di approvare nuove e più dure sanzioni contro il regime iraniano e agli alleati di unirsi agli Usa contro il programma missilistico di Teheran. È un pilastro fortissimo economicamente ma un nano in campo militare, con forze dotate delle più moderne armi in circolazione ma di numero esiguo. Comunque in grado di compiere massacri in Yemen per ostacolare il successo dell'influeza iraniana, ma non molto altro.
Re Salman salito al potere nel 2105, alla morte del predecessore Abdullah, prendeva atto che l'intervento militare russo nella crisi siriana permetteva a Mosca di mantenere le sue basi e al regime di Damasco di riconquistare buona parte del paese evitando il collasso previsto dall'intervento della cordata imperialista guidata dagli Usa e comprendente Arabia Saudita, Turchia e Israele. La Turchia di Erdogan era stata la prima a mollare il gruppo e a stringere l'accordo con Mosca, che aveva già incamerato l'intesa con l'Iran ed era divenuta il principale protagonista in Siria e non solo.
Alla vigilia della visita di re Salman a Mosca, Putin aveva detto che era consapevole delle preoccupazioni dell’Iran e dell’Arabia Saudita per quanto riguardava la crisi siriana e assicurava che la Russia era determinata a cercare un compromesso soddisfacente per tutti. Quale carta di credito può vantare il fatto di essere riuscito a far sedere dalla stessa parte del tavolo Iran e Turchia che già si pestavano i piedi sul campo e appoggiavano rispettivamente il regime di Assad e una parte delle opposizioni, per una gestione a tre dei negoziati di Astana sulla spartizione della Siria. Con Riyad, che come i sionisti punta all'obiettivo grosso ovvero a cancellare le ambizioni egemoniche di Teheran nella regione, sarà un po' più complicato e infatti le divergenze in merito alla crisi siriana sembrerebbero rimaste tali e quali dopo l'incontro di Mosca. Ma intanto l'imperialismo russo si conferma un interlocutore obbligato degli attori imperialisti nella regione e allarga la sua infuenza in Medio Oriente a scapito di quella dell'imperialismo americano nel momento in cui il Cremlino dimostra di poter occupare anche il vuoto diplomatico lasciato dagli Usa.

31 ottobre 2017