Fallito il tentativo delle forze del regime neofascista, compreso “il manifesto”, con in testa il M5S per recuperare il voto degli astensionisti
L'astensionismo è il primo “partito” in Sicilia
2.576.036 (il 55,3%) dei siciliani hanno sfiduciato e delegittimato i partiti e le istituzioni borghesi. Il “centro-destra” batte il M5S. Il fascista Musumeci governerà solo con il 17,2% dell’elettorato. Disfatta del “centro-sinistra”. Fava a stento supera la soglia del 5%
La via dell’Ottobre è l’unico modo per liberare la Sicilia e l’Italia dal capitalismo e portare il proletariato al potere
 


Le consultazioni per l'elezione del nuovo governatore e il rinnovo del parlamento siciliano che si sono tenute il 5 novembre 2017 avevano una grande rilevanza politica non solo locale, per il governo, le istituzioni e i partiti siciliani, ma a livello nazionale poiché per quantità di elettorato coinvolto e contingenza politica, rappresentavano un vero e proprio banco di prova per tutti i partiti del regime neofascista in vista delle elezioni politiche previste per la prossima primavera. Non è certo un caso che i maggiori leader nazionali borghesi si sono spesi in prima persona nella campagna elettorale.
 
L'obiettivo comune e dichiarato da parte di tutti i partiti del regime neofascista, con in testa il M5S, era quello di sconfiggere e recuperare l'astensionismo che nelle passate elezioni del 2012 aveva realizzato in Sicilia un record storico. In particolare gli esponenti del M5S per mesi hanno battuto palmo a palmo la Sicilia per convincere gli astensionisti a tornare alle urne e votare per loro. Al coro antiastensionista si è unito persino “il manifesto” trotzkista che proprio il giorno del voto, il 5 novembre, ha titolato l'editoriale della sua direttrice Norma Rangeri “Primo passo, andare a votare”.
 
Sembrava proprio di essere tornati ai tempi dei Comitati civici, diretta espressione del Vaticano e della Democrazia Cristiana, che nel 1948 e nel 1953 sostenevano che la prima cosa era votare: “votate per chi volete ma votate” era la sostanza della loro propaganda.
Ebbene, il tentativo è completamente fallito, le sirene partecipazioniste sono rimaste completamente inascoltate e gli elettori siciliani hanno disertato ancora una volta in massa le urne sfiduciando e delegittimando apertamente i partiti e le istituzioni borghesi.
 
L'astensionismo primo “partito”
 
L'astensionismo e non il M5S è in verità il primo “partito” in Sicilia. Ben 2.576.036 siciliani si sono astenuti (hanno cioè disertato le urne, annullato la scheda o l'hanno lasciata in bianco) pari al 55,3% dell'intero elettorato dell'isola che ammontava a 4.661.111 elettori. Il M5S raccoglie al contrario solo il 9,9% dell'intero corpo elettorale. Il dato dell'astensionismo totale è in lieve calo rispetto alle precedenti elezioni regionali 2012 dell'1,1%, ma è significativo notare che cresce invece la diserzione, ossia l'espressione più aperta, netta e coraggiosa di rifiuto e ribellione verso le istituzioni e i partiti borghesi. Questa infatti si attesta al 53,2% con un incremento dello 0,6% rispetto alle precedenti regionali. Un incremento che a questi livelli ha già del prodigioso. La diminuzione dell'astensionismo totale peraltro è dovuto sostanzialmente solo all'incremento dei voti ai soli presidenti, ossia di quegli elettori che hanno votato solo il candidato presidente senza però scegliere alcuna lista alla quale di fatto hanno ugualmente espresso sfiducia.
 
Per la prima volta in Sicilia ci sono ben tre province, Agrigento, Caltanissetta ed Enna, che superano addirittura il 60% di diserzione.
 
Solo nelle province di Messina e Catania la diserzione non supera il 50% dell'elettorato come del resto era già successo nel 2012. Sono anche le uniche province insieme a Palermo dove si registra un lievissimo arretramento della diserzione. Poca cosa e del tutto fisiologica visto che la diserzione nel 2012 rispetto alle elezioni del 2008 aveva compiuto un balzo del 19%.
 
In tutte le altre province si registrano incrementi che vanno dall'1,2% di Siracusa al 4,0% di Enna.
Le differenze dell'astensionismo fra provincia e provincia e dei relativi andamenti dimostrano che questa scelta dell'elettorato non è casuale e impulsiva. Al contrario si tratta per la stragrande maggioranza di una scelta consapevole, frutto di un ragionamento politico e calibrata sul tipo di elezione, sui partiti e i candidati in lizza, sul contesto politico e storico.
 
Il primato della diserzione dalle urne spetta anche in questa tornata elettorale a Acquaviva Platani (provincia di Caltanissetta) che sfonda il tetto dell'80%. Fra i comuni capoluogo la palma d'oro spetta invece a Trapani col 56,5% seguita da Palermo (54,1%). In genere il dato della diserzione dalle urne è più alto in provincia rispetto alle grandi città capoluogo. Questo fuorché a Catania (50,5%), Messina (48,9%), Palermo (54,1) e Trapani (56,5%) che invece registrano valori superiori al dato complessivo della rispettiva provincia.
 
La città dove si registra il maggiore incremento è Ragusa dove la diserzione passa dal 45,7% al 49,4% (+3,7%) ed è particolarmente significativo perché si tratta dell'unico comune capoluogo della Sicilia amministrato dal M5S dal 2013. Evidentemente anche qui il M5S ha fallito la sua missione politica ed elettorale di recuperare gli astensionisti.
 
“Centro-destra” al governo, sconfitto il M5S
 
L'astensionismo ha delegittimato e sfiduciato in partenza anche il neogovernatore. Il fascista Nello Musumeci (ex MSI, ex AN e ora con Fratelli d'Italia) governerà con il sostegno di nemmeno 1 elettore su 5. I suoi 830.831 voti infatti (pari al 39,8% dei voti validi) se rapportati a tutti i siciliani che avevano diritto di voto rappresentano appena il 17,2%.
 
Musumeci e la vasta coalizione del “centro-destra” che lo sosteneva, ricompattatasi per l'occasione anche al fine di testarsi in vista delle prossime elezioni politiche, ha battuto il candidato del M5S Giancarlo Cancelleri per pochi punti percentuali ma quanto basta per frustrare i sogni di gloria del partito di Grillo che già prefigurava una vittoria schiacciante verso Palazzo d'Orleans, viatico e preludio della trionfale entrata a Palazzo Chigi.
 
Cancelleri si è fermato invece a 722.555 voti pari al 34,6% dei voti validi, che corrispondono al 15,5% del corpo elettorale. Mentre la lista M5S a lui collegata non raggiunge neppure il 10%. Il che ha suscitato la reazione rabbiosa dell'aspirante premier Di Maio che ad urne chiuse ha attaccato gli astensionisti che non hanno votato il M5S: “Si pentiranno”, ha tuonato. Successivamente ha poi ribadito che l'avversario da battere è l'astensionismo.
In effetti il M5S più che nell'astensionismo ha pescato consensi trasversalmente fra gli elettori degli altri partiti. Il M5S è fra l'altro il partito che si è di gran lunga avvantaggiato di più del voto disgiunto. Fra i voti ottenuti da Cancelleri (722.555) e quelli della lista M5S a lui collegata (513.359) ci sono ben 209.196 voti di differenza. Al contrario a Fabrizio Micari, candidato del “centro-sinistra”, che ha totalizzato 388.886 voti, mancano addirittura 100.053 voti rispetto a quelli ottenuti dalle liste che lo sostenevano (488.939). Poco lo scarto anche per Nello Musumeci che ottiene solo 21.700 voti in più rispetto alla coalizione di liste che lo sostenevano.
 
Il “centro-destra” torna al governo della regione, ma questo risultato non è certo frutto di uno “spostamento a destra” dell'elettorato siciliano. Basti pensare che nel 2001, il primo anno in cui si tenne l'elezione diretta del presidente della regione, l'esponente del “centro-destra” Salvatore Cuffaro ottenne 1 milione e 572 mila voti, quasi il doppio del voti di Musumeci oggi. Nel 2008, Raffaele Lombardo, candidato della stessa coalizione, ottenne addirittura 1 milione e 863 mila voti.
 
Nuova disfatta del “centro-sinistra”
 
Il “centro-sinistra” registra da parte sua una vera e propria disfatta. Se il governatore uscente Crocetta nel 2012 aveva ottenuto 617.073 voti, oggi Micari (candidato di PD-AP e altre liste civiche, fra cui quella dell'ex governatore) ne ottiene poco più della metà e non riesce ad andare oltre l'8,3% del corpo elettorale.
Nel 2012 il “centro-sinistra” risultava vincente in 8 province su 9 (fuorché a Catania). Oggi in nessuna provincia è in testa e nemmeno arriva per secondo, sopravanzato sia dal “centro-destra” che dal M5S. Una bocciatura sonora del disastroso governo Crocetta ma anche una sberla in faccia al PD e al neoduce Renzi. Il risultato della coalizione, anche se il PD sostanzialmente tiene i suoi voti rispetto al 2012, va infatti oltre ogni attesa sconfitta e non è giustificabile nemmeno coi voti sottratti dai fuoriusciti del Mdp. Esso del resto giunge dopo una serie di sconfitte elettorali inanellate dal PD di Renzi e rischia di pesare come un macigno sul prossimo appuntamento delle politiche.
 
La lista di Claudio Fava, “Cento passi per la Sicilia”, sostenuto da Mdp, Sinistra italiana, Prc, Verdi ottiene solo 122.633 voti e riesce a stento a superare la soglia di sbarramento del 5% dei voti validi (5,2%) ottenendo un misero seggio nel parlamento siciliano per fare il “punto di riferimento per chi sentirà di doversi opporre agli interessi che questo governo sottende”, anche se Musumeci, sottolinea Fava, “è persona perbene”.
 
Qualificare l'astensionismo
 
Le elezioni regionali siciliane testimoniano ancora una volta che l'astensionismo è ormai una realtà consolidata. E non è un caso che sia così vasto in una regione come la Sicilia che vanta il secondo posto in Italia per il tasso di disoccupazione, che registra uno dei tassi di povertà più alti di tutto il Paese e quasi la metà della popolazione è, secondo dati Istat, sulla soglia di povertà e a rischio di esclusione sociale.
L'astensionismo, comunque motivato, è un fatto politico importante perché dimostra il netto distacco fra le masse popolari e i governi, le istituzioni rappresentative e i partiti borghesi, ivi compreso il M5S. È una scelta elettorale apprezzabile in sé che oggettivamente arreca dei duri colpi al regime neofascista perché ne mina la credibilità, lo delegittima e gli toglie consenso e appoggio di massa. Resta però il problema, soprattutto per gli astensionisti di sinistra, di qualificare politicamente il proprio voto e rendere esplicito che esso non è solo un voto contrario ai partiti borghesi ma è anche un voto contro il capitalismo e per il socialismo.
È questo un problema di ordine strategico che ovviamente non potrà essere risolto spontaneamente ma solo attraverso il rafforzamento del PMLI e quindi dalla sua capacità di convincere gli astensionisti e tutte le fautrici e i fautori del socialismo, che magari ancora si ostinano a votare partiti che si presentano come di “sinistra” o addirittura “comunisti”, che la via dell'Ottobre è l’unico modo per liberare la Sicilia e l’Italia dal capitalismo e portare il proletariato al potere.
 
Il PMLI, ignorato dai media, ha fatto quanto ha potuto per sostenere gli astensionisti. Commovente ed esemplare l'impegno dei militanti e dei simpatizzanti della Cellula “Stalin” della provincia di Catania che si sono fatti in quattro per propagandare l'astensionismo tattico del PMLI. A essi, come ai compagni palermitani, è andato il ringraziamento riconoscente del Centro del Partito.
 
L’auspicio è che si moltiplichino quanto prima in Sicilia e in tutta Italia le forze del PMLI e che lavorino concretamente e alacremente perché l’astensionismo sia usato come un voto dato al PMLI e al socialismo.
 

8 novembre 2017