Atto fascista
Arrestato il governo della Catalogna
Puigdemont: “Governo legittimo in prigione per le sue idee”
Gli indipendentisti protestano in piazza a Barcellona

 
Il governo di Mariano Rajoy ha usato il pugno di ferro contro le legittime richieste indipendentiste catalane, dall'invio della guardia civil a smantellare i seggi referendari dell'1 ottobre alla destituzione di presidente, governo e parlamento catalano; la Procura spagnola continuava il lavoro con un atto fascista, l'incriminazione e l'arresto del governo di Barcellona, o meglio dei ministri che non avevano seguito il presidente Carles Puigdemonti in Belgio e erano rimasti nella capitale catalana. Il 2 novembre sono finiti in carcere l'ex vicepresidente Oriol Junqueras e 7 ministri; per Puigdemont e i quattro ministri rifugiati a Bruxelles scattava il mandato d'arresto europeo. Gli arrestati sono accusati di ribellione, sedizione, malversazione, abuso di potere e disobbedienza alle autorità, accuse che prevedono fino 30 anni di carcere. Immediate le proteste degli indipendentisti che scendevano in piazza a Barcellona chiedendo la liberazione dei “prigionieri politici”.
L'ex presidente Puigdemont denunciava che “il governo legittimo della regione era incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano”.
“È una giornata buia per la Catalogna, il governo eletto democraticamente nelle urne va in carcere” dichiarava la sindaca di Barcellona Ada Colau che auspicava la creazione di un “fronte comune per ottenere la liberazione dei detenuti politici”. Anche il leader di Podemos, Pablo Iglesias, che aveva appena cacciato il responsabile della costola catalana dell’organizzazione (Podem) per le sue posizioni a favore dell'indipendenza, condannava l'incarcerazione “degli oppositori. Noi non vogliamo l'indipendenza ma oggi chiediamo la libertà per detenuti politici”.
Le organizzazioni indipendentiste chiamavano alla protesta e migliaia di manifestanti scendevano in piazza in diverse città per protestare contro il “processo politico” avviato contro il Governo catalano; la principale manifestazione del 2 novembre si svolgeva a Barcellona, davanti al Palazzo della Generalitat dove i manifestanti gridavano “Puigdemont è il nostro Presidente”, “Libertat! Per i prigionieri politici” e cantavano l'inno di Els Segadors. Altre manifestazioni erano in programma nei giorni successivi in tutta la Catalogna per la settimana di mobilitazione, indetta dalle associazioni indipendentiste Omnium Cultural e Asamblea Nacional Catalana, fino alla grande manifestazione a Barcellona convocata per l'11 novembre.
I partiti politici indipendentisti catalani si preparano invece alle elezioni anticipate del 21 dicembre proclamate dal governo spagnolo per il rinnovo delle autorità regionali. L'ex vicepresidente del Governo e leader del primo partito catalano Erc, Oriol Junqueras, lanciava un appello “affinché il bene sconfigga il male, rispondete a Madrid con il voto delle elezioni del 21 dicembre. Fate ogni giorno quello che potete perché il bene sconfigga il male nelle urne. In piedi, con determinazione, fino alla vittoria!”. Puigdemont, da Bruxelles, dichiarava che era pronto a candidarsi alle elezioni e sosteneva che la Catalogna deve avere “un governo legittimo che sia al riparo dai rischi della giustizia spagnola”; “c'è bisogno di continuità” nel governo catalano e le elezioni “devono svolgersi nel modo più normale possibile” anche se, aggiungeva, “non è con un governo in prigione che queste elezioni saranno indipendenti, neutrali, normali”. E lanciava la proposta di formare una lista unitaria per le elezioni del 21 dicembre, “una lista per la Catalogna, per la libertà dei prigionieri politici e per la Repubblica”.

8 novembre 2017