Per difendere 1650 posti di lavoro
Gli operai occupano la fabbrica Ilva di Cornigliano
La Fiom li appoggia, Fim e Uilm no
Dopo aver ottenuto un incontro al ministero l'occupazione è stata sospesa

I lavoratori della fabbrica di Genova sono sul piede di guerra e non intendono farsi buttare in mezzo alla strada. Lo stabilimento di Cornigliano, un quartiere del capoluogo ligure, è quello che nei piani dei nuovi acquirenti dell'Ilva, il gruppo Am Investco, dovrebbe subire i maggiori tagli occupazionali in rapporto ai dipendenti. Degli attuali 1650 lavoratori ben 600 sarebbero nella lista degli esuberi compilata dalla cordata dell'acciaio che fa capo al magnate indiano Lakshmi Mittal e, con una quota del 15%, all'italiana Marcegaglia spa.
Dopo le note vicende legate alla privatizzazione dell'Ilva, con tagli all'occupazione e pesante inquinamento ambientale provocato dalla gestione della famiglia Riva, il governo è stato costretto a commissariare l'azienda nel 2013 e passare all'amministrazione controllata nel 2015. Dopo averla rimessa sul mercato è stata acquisita dalla Am Investco che ha proposto un piano che prevede un taglio di 4500 dipendenti, con l'azzeramento sia dei diritti, applicando le nuove regole del Jobs act, sia della parte di salario variabile accumulata, come premi e scatti di anzianità, che ha provocato l'immediata mobilitazione dei lavoratori.
Mentre l'attenzione mediatica si è concentrata su Taranto, dove si trova il più grande stabilimento dell'Ilva e i numeri dei licenziamenti sono di conseguenza più alti, i nuovi acquirenti forse pensavano che il pesante trattamento riservato a Cornigliano passasse sotto silenzio. Ma i lavoratori hanno reagito con durezza, come del resto era richiesto dalla gravità della situazione. Lunedì 6 novembre in un’assemblea molto partecipata hanno deciso diverse giornate di lotta con sciopero ad oltranza e, a larga maggioranza, l’occupazione della fabbrica.
I lavoratori hanno dato vita prima a un corteo interno allo stabilimento, poi sono usciti in strada con un blocco, che ha messo in ginocchio la viabilità del Ponente genovese, fino alla bretella di collegamento con l'autostrada e l'aeroporto Cristoforo Colombo. È stata allestita una tenda davanti all'ingresso della portineria che ci resterà per tutta la durata dell'occupazione, sicuramente almeno fino a quando non saranno presi impegni precisi su Cornigliano. "Invitiamo tutti, cittadini e istituzioni a venirci a trovare per difendere Genova e l'accordo di programma" aveva detto il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro. E durante l'occupazione sono venuti in molti a solidarizzare con gli operai dell'Ilva, spesso portando da mangiare alla tenda rossa dove si leggono gli striscioni “i tagli non passeranno” e “come l'acciaio resiste la città”.
L'accordo di programma a cui si riferisce il sindacalista della CGIL è quello firmato nel 2005 in Regione da governo, enti locali e sindacati, che prevedeva, a fronte della chiusura dell'attività a caldo dello stabilimento, l'attuazione di un percorso di continuità occupazionale e del reddito per i 1650 lavoratori genovesi del gruppo siderurgico. Armando Palombo dell’rsu della Fiom Cgil ha dichiarato: “se viene annunciato anche un solo esubero strutturale l’accordo di programma deve essere ricalibrato con tutti i soggetti interessati” riferendosi ai vantaggi ottenuti dall'Ilva, tra cui la concessione di terreni demaniali.
Due giorni dopo, l'8 novembre, i lavoratori dell'Ilva sono scesi di nuovo in piazza con un corteo che ha attraversato il centro cittadino, ha sfilato davanti alla prefettura ed è arrivato in piazza De Ferrari dove si sono fermati in presidio sotto la sede della Regione chiedendo un incontro con il governatore ligure Giovanni Toti (FI). Pur essendo un rappresentante della destra borghese Toti ha dovuto fare buon viso a cattiva sorte e ha cercato di rassicurare la delegazione di operai e sindacalisti sul fatto che la Regione farà di tutto per salvaguardare i posti di lavoro a Genova.
La determinazione dei lavoratori ha provocato rabbiose reazioni. L'azienda ha addirittura sporto denuncia ai carabinieri perché “gli scioperanti hanno fatto irruzione nell'area dove erano ricoverati tutti i mezzi operativi, nonostante i ripetuti richiami della security aziendale”, bloccando ingressi a chi era intenzionato ad entrare, spostando mezzi aziendali che sono stati fatti sfilare lungo il corteo. Il capo di Confindustria, Vincenzo Boccia, si è detto “incazzato” perché “l’attività sindacale dovrebbe avere il senso del limite” mentre il ministro dello Sviluppo Economico Calenda, riferendosi all'occupazione dell'Ilva, ha detto: “ma in quale altro paese del mondo un soggetto che vuole investire 5,3 miliardi viene accolto in questo modo?”
Evidentemente non sono abituati a sentirsi dire di no e vorrebbero i lavoratori e i sindacati sempre e soltanto supini di fronte alle pretese padronali. Ma sono reazioni abbastanza scontate, diverso il discorso per Uilm e Fim. Non tanto perché si sono dissociate dalle forme di lotta più decise, non è certo la prima volta, ma per i toni arroganti e da crumiri che hanno usato. I dirigenti dei metalmeccanici della Cisl hanno addirittura accusato gli operai della Fiom di “violenze” e “prevaricazioni” mentre quelli della Uil di essersi impossessati “in modo improprio della fabbrica”.
Intanto però la protesta ha portato a un primo risultato. Dopo quattro giorni di occupazione della fabbrica il ministero dello Sviluppo ha confermato ufficialmente che ci sarà un tavolo specifico sull’Accordo di programma del 2005 che prevedeva il mantenimento dei livelli occupazionali allo stabilimento Ilva di Genova. Un risultato molto parziale ma che dimostra che la lotta paga e potrebbe ottenere molto di più se Fim e Uilm si adoperassero per l'unità anziché per dividere gli operai. Dopo questa notizia l'assemblea dei lavoratori ha deciso di sospendere l'occupazione.
I marxisti-leninisti appoggiano la lotta degli operai di Cornigliano, esempio di determinazione per tutti i lavoratori dell'Ilva. Pensando anche agli stabilimenti di Taranto crediamo altresì che un gruppo siderurgico di queste dimensioni necessita per forza di cose di una politica ambientale rigorosa ed economicamente onerosa, drasticamente diversa da quella tenuta fino ad ora. Difficilmente questo sarà fatto da un gruppo privato. Occorre che l'Ilva sia nazionalizzata per salvaguardare posti di lavoro e salute dei lavoratori e della popolazione.
 

15 novembre 2017