La trotzkista storica del “Manifesto” e ora di Sinistra italiana continua a imbrogliare gli anticapitalisti
Castellina: Addio Rivoluzione d'Ottobre “E' meglio conquistare la società”

Nella sequela di interventi diretti a denigrare e attaccare la Rivoluzione d'Ottobre in occasione del suo Centenario va segnalato anche quello fatto da Luciana Castellina al Forum internazionale “Ottobre, rivoluzione, futuro” tenutosi a Mosca il 5 novembre scorso, con un discorso pubblicato da “Il Manifesto” trozkista sotto il titolo “A cento anni dal'17: meglio conquistare la società”.
Un intervento, quello della trotzkista storica, fondatrice del “Manifesto” e oggi esponente di Sinistra italiana, particolarmente subdolo e sofisticato, in quanto non attacca frontalmente la Rivoluzione d'Ottobre, non parla di un suo “fallimento” storico o “tradimento” dei principi ispiratori, come hanno fatto altri rinnegati, socialdemocratici e trotzkisti prima di lei, ma dà invece per scontata, almeno formalmente, la sua necessità storica e il suo valore progressivo per l'umanità. Semplicemente il suo attacco anziché sul passato si concentra sull'oggi, con la negazione di qualsiasi valore di ispirazione, di esempio e di incoraggiamento che il capolavoro rivoluzionario del proletariato russo guidato da Lenin e Stalin possa rappresentare ancora oggi per tutti i proletari e i sinceri anticapitalisti che aspirano al socialismo.
A questo scopo Castellina comincia subito col negare l'esistenza stessa ai giorni nostri di un “soggetto non solo puramente politico ma sociale, che può svolgere un ruolo rivoluzionario”, perché “la classe proletaria, ciò che eravamo abituati a pensare come soggetto, non esiste più nelle forme che conoscevamo”. A suo dire “quella classe è stata sconfitta, è stata frantumata socialmente, economicamente, culturalmente. É geograficamente dispersa, i contratti collettivi sono sempre più sostituiti da quelli individuali. Contratti individuali attraverso i quali il lavoratore ha l'illusione di svolgere un'attività autonoma e libera. L'individualismo ormai la fa da padrone dovunque”.

Castellina fa “sparire” il proletariato
A parte il fatto che bisognerebbe chiederle conto della sua parte di responsabilità in tutto questo, se non altro per il suo passato di dirigente del PCI revisionista fino al 1970, la falsità della sua tesi consiste nel confondere ad arte quello che è indubbiamente un arretramento della coscienza di classe del proletariato ad una condizione premarxista di classe “in sé”, proprio per colpa del PCI revisionista e delle sue filiazioni successive riformiste e trotzkiste, con una presunta sparizione del proletariato come classe sociale, e ciò evidentemente allo scopo di dimostrare che oggi la via dell'Ottobre non sarebbe più percorribile perché mancherebbe la “materia prima”, ossia il “soggetto rivoluzionario” capace di compierla e di guidarla.
Ma un conto è dire che oggi mancano le condizioni soggettive per la rivoluzione socialista, perché prima occorre far riacquistare al proletariato la coscienza di classe “per sé”, la coscienza di essere la classe generale in grado di guidare tutti gli sfruttati e gli oppressi ad abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo; un altro conto è sostenere che il proletariato è stato sconfitto e disperso e non esiste più neanche come classe “in sé”, essendo ridotto a un insieme di entità individuali, e rendendo con ciò implicitamente inverosimile la prospettiva stessa della rivoluzione socialista sul modello universale dell'insurrezione bolscevica del 1917.
E infatti, a suffragare questa tesi, Castellina aggiunge: “In secondo luogo credo dobbiamo riflettere sullo sviluppo delle forze produttive che non svolgono più un ruolo progressivo. Ve lo ricordate 'il grande becchino' del capitalismo? Vi informo che non esiste più”. Qui si va oltre la negazione del valore universale e attuale della Rivoluzione d'Ottobre, ma si tenta di confutare le basi stesse del marxismo e del materialismo storico, negando la necessità storica della fine del capitalismo e dell'avvento del socialismo.
In ogni caso per la trotzkista storica del “Manifesto” la Rivoluzione d'Ottobre non può più essere presa a modello, anche perché oggi “le decisioni più importanti non vengono più prese nei parlamenti ma sorgono da accordi tra le grandi holding transnazionali che controllano i mercati globali e queste decisioni incidono sulle nostre vite molto di più di qualsiasi parlamento. Dove si trova oggi il Palazzo d'Inverno? È veramente difficile dirlo quando le decisioni sono prese molto lontano da noi”.

Riesumata la tesi gramsciana delle “casematte”
Qui siamo di fronte ad una tesi di tipica matrice trotzkista: siccome oggi il capitalismo decide e opera su scala transnazionale – è il sottinteso della sua argomentazione - non sono possibili rivoluzioni in singoli paesi. E chi lo ha stabilito? Perché mai il proletariato italiano, riacquistata la propria coscienza di classe e guidato da un autentico partito marxista-leninista, una volta che siano maturate le condizioni oggettive e soggettive per dare l'assalto al potere politico, come avvenne nel 1917 in Russia, non potrebbe rovesciare la borghesia, distruggerne la macchina statale e instaurare il socialismo in Italia, sull'esempio della gloriosa Rivoluzione bolscevica?
Castellina si guarda bene dall'affrontare questa questione, ma insiste invece sulla sua tesi precostituita dell'impossibilità, se non addirittura dell'inutilità della conquista del potere politico, finendo inevitabilmente per rifare il verso alla concezione gramsciana riformista della “conquista graduale” di aree di contropotere democratico all'interno della società borghese: “Il superamento (sic) di questo sistema – dice infatti la trotzkista storica, e a questo punto anche gramsciana – è un processo lungo che non può essere solo la conquista del potere politico, la 'conquista della società' è assai più importante... io credo che si riproponga ancora una volta quella che Gramsci chiamava la 'conquista delle casematte'”.
Padronissima Luciana Castellina di decretare “superato” il marxismo-leninismo e di riesumare come “attuale” il gramscismo, che si confà sicuramente meglio alla sua indole trotzkista. Quello che però non le permettiamo è di citare a vanvera il Lenin di Stato e Rivoluzione per dare una vernice di sinistra alle sue decrepite tesi riformiste e liberali. Come ha fatto nel suo discorso a Mosca, stabilendo un parallelo tra i soviet quale strumento di democrazia proletaria di cui Lenin parla nel libro, ma all'interno del processo rivoluzionario allora in pieno svolgimento, e la concezione gramsciana della “conquista della società” all'interno del sistema capitalistico inamovibile, concezione che la fondatrice de “Il Manifesto” trotzkista vorrebbe propinare agli anticapitalisti al posto dell'esempio della gloriosa Rivoluzione d'Ottobre.
 
 

22 novembre 2017