Per bocca dell'ambasciatrice all'Onu in risposta al lancio del missile intercontinentale coreano
Gravi minacce degli Usa: “Ora la guerra con la Nord Corea è più vicina”

 
L'agenzia di stampa centrale della Corea del Nord (KCNA) annunciava il 29 novembre il successo del test del nuovo tipo di missile balistico intercontinentale Hwasong-15 che con un volo di 53 minuti aveva raggiunto l'altezza di quasi 4,5 chilometri e percorso una distanza di quasi mille chilometri prima di inabissarsi nel Pacifico, a 250 chilometri a ovest al largo della prefettura giapponese di Aomori. Il servizio riportava le parole del leader Kim Jong-un che riteneva il successo del test missilistico come il completamento della potenza nucleare del Paese, che ha dovuto sviluppare armi di difesa strategica per contrastare il “ricatto nucleare imperialista degli Stati Uniti”.
Non si capisce come mai la RPDC non sia l'unico paese a possedere i missili intercontinentali e ad avere un arsenale nucleare ma a parere dello schieramento imperialista, capeggiato dagli Usa e comprendente anche Russia e Cina, sarebbe l'unico a minacciare la pace mondiale. Mosca e Pechino sono per il disarmo nucleare della penisola coreana, seppur accompagnata dalla fine dell'escalation militare guidata da Washington e appoggiata dagli alleati Giappone e Corea del Sud. La risposta di Trump è stata un nuovo rullare dei tamburi di guerra, una grave minaccia che deve essere respinta.
Alla seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu, convocata d'urgenza dopo il test nordcoreano, l'ambasciatrice degli Stati Uniti Nikki Haley ha dichiarato che il comportamento di Pyongyang “avvicina il mondo alla guerra non lo allontana” e minacciato che “se ci sarà una guerra, il regime nordcoreano sarà completamente distrutto”. Non è la prima volta che l'imperialismo americano promette di radere al suolo la RPDC ma non è possibile ignorare la minaccia, nessuno garantisce che alla Casa Bianca non passino dalle parole ai fatti. E che il pericolo esista lo conferma la reazione, seppur solo a parole, questa volta con un tono appena più deciso della Russia di Putin.
L'ambasciatrice Haley chiedeva a tutti i paesi a interrompere i legami con la Corea del Nord dando “piena attuazione a tutte le sanzioni Onu, limitando la cooperazione militare, scientifica, tecnica o commerciale”, “interrompere gli scambi bloccando tutte le importazioni e le esportazioni ed espellere tutti i lavoratori nordcoreani”, e in aggiunta la sospensione dei diritti di voto di Pyongyang alle Nazioni Unite.
Al Consiglio di sicurezza Wu Haitao, vice rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, confermava l'intenzione di attuare le sanzioni Onu ma invitava a una ripresa del dialogo e dei negoziati, iniziando come indica la proposta di Cina e Russia alla Corea del Nord di sospendere tutti i test nucleari e missilistici e agli Stati Uniti e la Corea del Sud di sospendere tutte le esercitazioni militari.
Anche l'ambasciatore della Russia presso l'Onu, Vassily Nebenzia, dopo aver condannato il lancio di missili balistici a lungo raggio della Corea del Nord e sottolineato che Mosca non sostiene Pyongyang come potenza nucleare, denunciava che le esercitazioni militari Usa-Corea del Sud “infiammeranno solo una situazione già esplosiva”. E il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sosteneva che gli Stati Uniti devono smettere di provocare il governo di Pyongyang e affrontare seriamente il negoziato politico. Un consiglio al momento caduto ancora nel vuoto.

6 dicembre 2017