Ad Abidjan in Costa d'Avorio
Vertice Ue-Ua per bloccare i migranti in Africa
I governanti europei e africani d'accordo sulla lotta al terrorismo, ossia allo Stato islamico

 
Il quinto vertice Ue-Ua, tra l'Unione europea e l'Unione Africana che si è tenuto ad Abidjan, in Costa d'Avorio, il 29 e 30 novembre aveva come tema centrale “Investire nei giovani per un futuro sostenibile”, un argomento che ha occupato una parte corposa dei documenti finali ma che sfrondato dalla consueta demagogia imperialista che promette pace e prosperità per tutti, ovvero altra ricchezza per la borghesia dominante in Europa con qualche briciola anche per quella in Africa e ulteriore sfruttamento e povertà per i lavoratori e le masse popolari, si può riassumere in una delle misure proposte dal presidente francese Emmanuel Macron: far studiare nelle migliori università francesi un certo numero di giovani, tra i più “meritevoli”, dei paesi africani. Un modo per educare e coltivare in base al modello capitalistico occidentale la futura classe dirigente borghese dei paesi africani.
La Ue prometteva un nuovo piano di investimenti nei paesi africani, capace di mobilitare anche 44 miliardi di euro di investimenti privati, che sarà dedicato “per lo sviluppo sostenibile e la creazione di posti di lavoro” a favore dell'occupazione giovanile. Ma gli interventi promessi dalla Ue rientrano comunque nel quadro della politica imperialista che si riassume nello slogan “aiutiamoli a casa loro”, per continuare a tenere la maggioranza dei paesi africani poveri e sottomessi economicamente e tentare di fermare i flussi migratori alla partenza, che era il vero tema centrale del vertice.
Nell'intervento di apertura dei lavori il 29 novembre, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk sollecitava la cooperazione Ue-Ua in particolare in due aree. “Primo, pace e sicurezza. Nonostante i progressi, l'Africa continua ad affrontare conflitti e crisi. Così fa l'Europa, ad esempio sulle nostre frontiere orientali. E tutti e due affrontiamo la minaccia del terrorismo e della radicalizzazione, che si rivolge in particolare ai nostri giovani”, sosteneva sottolineando che “è necessaria una maggiore cooperazione strategica in materia di sicurezza: prevenire i conflitti, combattere il terrorismo e la criminalità organizzata”; “In secondo luogo, è chiaro che la migrazione è una responsabilità comune. È nel nostro interesse avere una migrazione ordinata più controllata, più umana e sostenibile”. Che per l'Ue imperialista e la sua politica delle frontiere chiuse come muri significa zero immigrati, fermare i migranti e far passare solo qualche esule politico, grazie al coinvolgimento degli stessi governi dei Paesi africani.
A rappresentare i 55 Stati membri dell'Unione africana e i 28 Stati membri dell'Unione europea erano i vertici delle istituzioni comunitarie dei due continenti, dal presidente dell'Ua Alpha Condé e il presidente della Commissione dell'Ua Moussa Faki Mahamat ai corrispettivi europei Donald Tusk e Jean-Claude Juncker. All'importante appuntamento non sono comunque mancati i principali leader imperialisti europei, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel al presidente francese Macron, all'italiano Paolo Gentiloni che in Costa d'Avorio concludeva il suo tour di affari africano, dalla Tunisia, all'Angola, al Ghana.
“Che il futuro dell’Europa si giochi anche in Africa credo sia molto chiaro soprattutto a noi italiani, per ragioni storiche e geografiche”, spiegava Gentiloni sventolando la bandiera neocolonialista dell'Europa e dell'Italia in particolare. Le ricchezze naturali del continente africano continuano a attirare gli appetiti delle multinazionali dei maggiori paesi imperialisti in concorrenza tra di loro; la supremazia degli investimenti è passata proprio nel 2016 dagli Usa e dalle vecchie potenze coloniali Gran Bretagna e Francia alla Cina di Xi Jinping, seguita da Emirati Arabi Uniti e Italia. Presidiare le aree di interesse già controllate dall'attacco dei concorrenti e possibilmente estenderle e difenderle dai movimenti armati, classificati comunque come “terroristi” compresi quelli che hanno aderito allo Stato islamico, è diventata parte importante della politica estera della Francia di Macron e dell'Italia in particolare nella regione del Sahel e dei paesi affacciati sul Mediterraneo, Libia anzitutto.
La Francia è forza trainante del G5 Sahel, che dovrebbe intervenire militarmente nell'Africa subsahariana ma che ancora non riesce a decollare. L'Italia che punta in particolare alle ex colonie Libia e Somalia, dove ha una presenza militare, sollecitava l'intervento anche della Nato. L'alleanza militare imperialista “deve guardare verso il Sud. Se la più grande alleanza militare della storia non lo fa, oggi rischia di non essere all’altezza delle sfide contemporanee”, ha sostenuto Gentiloni.
Su queste basi si è realizzata a Abidjan l'intesa tra i governanti europei e africani nella lotta al terrorismo, ossia allo Stato islamico.
La politica neocolonialista della Ue in Africa risultava palese nell'intervento alla sessione di apertura del 29 novembre del presidente della Commissione europea Juncker che ricordava come “l'Europa sta lentamente emergendo da un decennio di crescita lenta; la crescita economica è palpabile, è arrivata in tutti i paesi dell'Unione europea. Ma la crescita dell'Africa è stata impressionante”. Ovviamente una crescita economica non omogenea tra i vari paesi e all'interno di ciascun paese. “La crescita in Africa non ha raggiunto il settore agricolo – evidenziava Junker - in quanto gli agricoltori su piccola scala stanno lottando per aumentare la loro produttività e le imprese europee, gli investitori europei, hanno spesso difficoltà ad accedere al mercato africano e quindi a contribuire a sviluppo del settore privato. Dobbiamo rimediare a tutte queste debolezze”. Per l'amico delle multinazionali Junker non esiste fra gli altri il problema della rapina delle terre, il cosiddetto land grabbing, attuato direttamente dai paesi imperialisti, Cina, Usa e la coppia dei paesi arabi reazionari Arabia saudita/Emirati arabi che si sono già comprate pezzi del continente per coltivarli secondo i loro bisogni, e che ha aggravato il depauperamento delle terre africane attuato dalle monoculture imposte dalle multinazionali. Le difficoltà nascerebbero per colpa degli africani che non aprono agli investitori europei, secondo il presidente della Commissione Ue. Eppure aveva sotto gli occhi la situazione della Costa d’Avorio, fra i primi produttori mondiali di cacao che è coltivato per la maggior parte da piccoli contadini che vivono in povertà, costretti a vendere a prezzi bassissimi i semi di cacao alle multinazionali del cioccolato che ricavano alti profitti.
Il presidente Donald Tusk nella conferenza stampa al termine dei lavori sottolineava che “l'Unione europea è il più grande partner e vicino più prossimo dell'Africa. Il suo più grande investitore, il suo più grande partner commerciale, il suo più grande fornitore di aiuti allo sviluppo e assistenza umanitaria, nonché il suo più grande contributore in materia di pace e sicurezza. E questo summit ha dimostrato la nostra determinazione a rafforzare ulteriormente la nostra partnership”, difendendola dall'assalto dei paesi imperialisti concorrenti.

6 dicembre 2017