Dure accuse di Amnesty alla politica dei respingimenti in Libia e Nord Africa che impedisce ai migranti di sbarcare in Europa
Ue, Italia e Libia complici delle violenze contro i migranti
L'Alto commissariato Onu lancia un appello “disperato per far uscire dalla Libia i rifugiati in condizioni di estrema vulnerabilità”
Ma per Minniti va bene così

 
Com’è ormai noto a tutti, dalla fine del 2016, l’Ue, con l'attiva collaborazione dell’Italia, ha cercato di sigillare la rotta migratoria verso il vecchio continente dall’Africa del nord attraverso vere e proprie missioni militari che hanno teso a blindare le frontiere sud dell'Europa. L’ultima evoluzione del sistema anti-migranti è “Frontex”, che norma il pattugliamento delle frontiere terrestri e marine dell’Unione, oltre a disporre ingenti finanziamenti di diverse centinaia di milioni di euro all’Italia per fare da sentinella in mare e gestire i rapporti con i libici. Già lo scorso novembre la stessa ONU aveva denunciato il patto tra Ue e Libia come “disumano”, affermando per voce dell’Alto Commissario ai diritti umani che “La sofferenza dei detenuti nei campi è un insulto alla coscienza dell’umanità”. Il recente rapporto di Amnesty International va oltre a queste accuse, entra nello specifico delle questioni più importanti e delicate e, soprattutto, mette a nudo il ruolo svolto dall’Italia smascherando gli effetti degli accordi razzisti e fascisti siglati con la Libia. Emerge, in forma chiara e incontrovertibile, che esiste un sistema di sfruttamento della Guardia Costiera di Tripoli, sostenuta direttamente dai governi europei, complici, prima, della frammentazione degli stati bombardati e, ora, delle torture e degli abusi sui migranti detenuti in Libia.

Il Rapporto di Amnesty International
I ntitolato “Libia: un oscuro intreccio di collusioni”, il rapporto descrive come l’Ue stia favorendo di fatto lo sfruttamento dei migranti da parte della Guardia costiera libica, dei trafficanti di esseri umani, e delle autorità addette ai detenuti nei centri; sarebbero centinaia di migliaia i disperati in fuga da fame e guerra, in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi armati, spesso in lotta tra loro per ottenere maggiori vantaggi economici sulla pelle dei migranti. Per drenare l’emigrazione dal continente africano, il patto fra UE e Libia prevede il supporto al Dipartimento che gestisce i centri di detenzione, l’addestramento e l’equipaggiamento della Guardia costiera libica ed anche altri accordi con autorità locali, leader tribali e gruppi armati per incoraggiarli a bloccare il traffico di esseri umani. Dalla fine del 2011 le milizie sono state integrate nella struttura di sicurezza dello stato, ben pagati e protetti dall’affiliazione alle istituzioni, e con il compito principale di controllare le coste. Nulla importa ai governi europei, neanche la presenza nell’attuale legislazione libica, del reato d’ingresso irregolare e la contemporanea assenza di norme per la protezione dei richiedenti asilo, che generano carcerazioni di massa, torture, lavori forzati, estorsioni, uccisioni, stupri che, al momento, sono la quotidianità per oltre ventimila persone. Altre migliaia sono imprigionate da gang criminali e, come spiega il rapporto, “le guardie torturano per estorcere danaro e, quando lo ricevono, passano le vittime ai trafficanti, che organizzano la partenza con la complicità della Guardia costiera”. Stando ai dati, a fine settembre, l’OIM aveva identificato 416.556 migranti presenti in Libia e nel solo 2017 le motovedette di Tripoli hanno intercettato ben 19.452 persone. Ad oggi, cinquecentomila persone sono bloccate in Libia dove subiscono terribili violenze, fino a finire all’asta nei moderni mercati di schiavi. Chiare e dirette al cuore della morale cattolica del vecchio continente, sono arrivate le parole del direttore di Amnesty per l’Europa, John Dalhuisen, che ha affermato “I governi europei non solo sono pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono le autorità nel trattenere le persone in Libia”. Naturalmente a supporto del report, ci sono decine di migliaia di testimonianze dirette di chi, per il rotto della cuffia, è sopravvissuto.

Le accuse all’Italia
Alcuni video, noti e già passati in TV, mostrano una motovedetta libica, la Ras Jadir, provocare il 6 novembre scorso l’annegamento di almeno 50 persone presenti su di un barcone alla deriva mentre a bordo i migranti venivano frustati con una cima; contestualmente la nave dell’Ong Sea Watch, mandata dal Centro di coordinamento di Roma, è stata costretta ad allontanarsi a causa delle minacce ricevute dalle milizie libiche. È interessante scoprire che la Ras Jadir è stata donata dall’Italia alle autorità libiche, con tanto di cerimonie in pompa magna a Gaeta il 21 aprile e ad Abu Sittah il 15 maggio, entrambe presiedute dal ministro Marco Minniti, grande burattinaio degli accordi con Tripoli. Secondo Amnesty, siamo di fronte alla prima volta nella quale viene documentato che la marina libica ha provocato morti in mare utilizzando mezzi forniti da un governo europeo. La volontà del nostro Paese di riservare alla Guardia costiera libica il diritto prioritario di intercettare i migranti, secondo Amnesty, ha fatto sì che l’Italia abbia anche limitato il lavoro delle Ong, di nuovo con il sostegno dell’Ue. In sostanza, Amnesty denuncia con forza che “la priorità dei governi europei è la chiusura della rotta del Mediterraneo, con poco riguardo per la sofferenza che ne deriva”, concludendo: “I paesi Ue non dovrebbero fingere shock per il costo umano quando collaborano assiduamente con i responsabili».

Il rapporto Italia – Libia e la regia di Minniti
L’accordo di Skhirat del 17 dicembre 2015, che consegnava il potere a Sarraj nel governo fantoccio di “unità nazionale” di Tripoli, scadrà dopo i due anni che l’Onu, grande sponsor interessato del governo, aveva concesso per condurre il paese a elezioni, che avrebbero dovuto formalizzare una nuova costituzione e un nuovo esecutivo favorevole agli europei. Oggi è probabile che l’accordo sarà rivisto per allungarne i termini, oppure tutto sarà lasciato com’è, sperando che basti il rinnovo fino al settembre 2018 della missione Onu in Libia, votata a settembre dal Consiglio di Sicurezza con la risoluzione 2376 a prorogare il potere di Sarraj. La questione di fondo è che lo stesso governo di unità nazionale è stato partorito dall'imperialismo internazionale, nato già privo di legittimità interna poiché non è stato votato dal popolo libico né ha ricevuto l’approvazione del governo di Tobruk, né quella Camera dei Rappresentanti il cui voto era considerato essenziale proprio dal quarto comma, primo articolo del regolamento del GNA stesso. In questo quadro politico immobile, nel quale continuano sullo sfondo le tragedie umane dei migranti, ecco che l’Italia di Minniti, in vista delle prossime “elezioni” strizza l’occhio anche al generale ribelle Haftar, capo dell’esercito della Cirenaica, nonché fantoccio di Egitto, Emirati Arabi e Russia. Questo nuovo rapporto, che consente all’Italia di tenere i suoi piedi in due staffe, mantenendo centrale l’impegno e l’egemonia in Libia, è stato ufficializzato anche dalla visita di Haftar a Roma di qualche settimana fa, ricevuto da Alfano, dalla ministra della difesa Pinotti e dal premier Gentiloni. Pochi giorni dopo, ecco il turno di Sarraj con una visita di Minniti a Tripoli, il quale non ha perso occasione per elogiare la guardia costiera libica, la stessa accusata di abusi ed omicidi sui rifugiati, “ per i risultati ottenuti nelle missioni di soccorso nei migranti nel Mediterraneo”.

Italia e Libia rigettano le accuse
Il ministro degli Esteri libico Mohamed Taher Siala, in visita ufficiale a Mosca, ha liquidato il rapporto di Amnesty International, considerandolo “molto esagerato”, e sostenendo che il problema sarebbe “puramente organizzativo”. Arriva comunque per sua voce un caloroso ringraziamento a Minniti: “La situazione dell’immigrazione in Libia è molto complicata, ma siamo soddisfatti dell’aiuto che stiamo ricevendo dall’Italia per migliorare le condizioni nei campi di detenzione e per l’addestramento della Guardia costiera”. All’indomani delle accuse di Amnesty, il regista degli accordi che hanno posto al centro delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo la Guardia costiera libica marginalizzando le ONG, il nuovo Scelba Marco Minniti, ha rivendicato l’operato, dichiarando che “ penso di aver messo in campo una visione delle questioni che riguardano l’emergenza migranti.”. Il primo supporto alla sua politica fascista, Minniti lo trova fornendo un assist spregiudicato agli xenofobi e razzisti toccando il tema terrorismo con i foreign fighters: “Stanno tornando a casa, le vie che possono utilizzare sono le rotte dei migranti. Potrebbero essere venticinque o trentamila”. Lo supporta il viceministro agli Affari esteri, Mario Giro, rafforzandone il concetto: “Accettiamo la denuncia, ma il nostro impegno e la nostra strategia in Libia non cambiano. Abbiamo mandato le ONG a totale garanzia”. Sostanzialmente, ecco servito un mussoliniano “Noi tireremo dritto!”

Le mani del governo sono sporche di sangue
Nonostante la faccia tosta di Minniti, la responsabilità politica è del governo Gentiloni - che recentemente si è recato in Africa dove ha promesso altri investimenti in cambio di un ulteriore freno all’emigrazione - e di Renzi che è stato l’iniziatore del processo che voleva a ogni costo l’Italia in prima linea nella gestione e nel controllo della Libia. Per noi il rapporto di Amnesty International parla chiaro: tutti i governi dell’Unione europea sono consapevolmente complici degli abusi e dei crimini commessi dalle autorità libiche su decine di migliaia di migranti detenuti illegalmente in Libia poiché essi stessi sono a conoscenza delle spaventose condizioni di internamento dei migranti, degli stupri, torture e uccisioni. Una connivenza con torturatori e criminali che, in particolare per il nostro Paese, è finalizzata al contenimento ed alla dissuasione delle migrazioni; obiettivo per il quale si arriva al punto di collaborare direttamente col sofisticato sistema di sfruttamento dei rifugiati e dei migranti. Per quanto riguarda l’Italia, hanno le mani sporche di sangue Minniti, Gentiloni e Renzi, ma anche Mattarella che in qualità di Presidente della Repubblica è garante anche del trattamento degli esseri umani coinvolti dalle politiche migratorie italiane; le ha anche la magistratura che dovrebbe intervenire direttamente sull’azione di governo se, come in questo caso, siamo di fronte a reati dello stesso ordinamento nazionale ed internazionale. Anche gli altri partiti e movimenti che si candidano a governare il Paese in primavera non escono puliti poiché, oltre alla destra razzista, anche il movimento di Grillo, per voce del suo candidato premier Di Maio, ha più volte attaccato le ONG definendole sprezzantemente “taxi del mare”. Per noi è vero ciò che denuncia Amnesty; se i governi europei collaborano direttamente con chi commette crimini contro l’umanità, sono essi stessi responsabili di crimini contro l’umanità.

20 dicembre 2017