Atto di citazione contro gli ex vertici della banca di Arezzo da parte del liquidatore
Il papà della Boschi ha “spolpato” Banca Etruria
Chiesti 15,8 milioni di danni

Banca Etruria è stata ''spolpata e portata allo sfacelo'' da una serie di errori madornali e da ''un'incredibilè' quantità di erogazioni di favore.
È quanto emerge dall'atto di accusa formulato l'11 ottobre da Giuseppe Santoni, commissario liquidatore dell'istituto di credito, nella citazione al tribunale civile di Roma contro gli ex vertici e i revisori della società Price Waterhouse Cooper spa.
Il ricorso quantifica il danno finale in 520 milioni di euro, attribuendo alla società di revisione responsabilità per 112 milioni ''per omesso controllo contabile”.
Nell'elenco dei manager chiamati a rispondere al giudice civile di Roma, ci sono i revisori dei conti, i direttori generali e, soprattutto i componenti degli ultimi tre consigli di amministrazione, compreso l'ultimo guidato da Lorenzo Rosi che aveva come vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Ed è proprio l'ultimo consiglio di amministrazione, con vice presidente Pierluigi Boschi, che viene accusato dal liquidatore di particolare responsabilità, in virtù della scelta di non seguire le indicazioni degli ispettori della Banca d'Italia e procedere ''all'aggregazione con un partner strategico''.
Il riferimento è soprattutto al rifiuto dell'offerta di Banca Popolare di Vicenza, definita ''decisione dolosa o gravemente colposa” per aver provocato un mancato introito di oltre 212 milioni di euro.
Per Santoni la parabola discendente della vecchia Etruria è «una incredibile storia di mala gestio ai danni della società, dei suoi creditori, dei risparmiatori e della credibilità del sistema bancario italiano». Con la causa al Tribunale civile di Roma punta a recuperare parte del patrimonio sperperato come ristoro per i danni causati «da illecite condotte commissive e omissive di tutti costoro».
Se i giudici gli daranno ragione, per i 37 ex amministratori citati (sono membri dei due cda dal 2009 al 2015, il collegio dei sindaci e il direttore generale Luca Bronchi) vorrebbe dire sborsare in solido 464 milioni. A cui si potrebbero aggiungere 112 milioni a carico del revisore Price Waterhouse Cooper spa che secondo Santoni «ha sempre espresso giudizi positivi, senza mai formulare rilievi».
Il nome di Boschi compare spesso nell'atto di citazione, perché è stato consigliere dal 2011 e vicepresidente dal 2014 ed è associato ad almeno quattro casi di “malagestione dei crediti” sui dodici elencati e gli viene attribuita la responsabilità (insieme agli altri) delle sofferenze bancarie e della mancata fusione con la Popolare di Vicenza.
Complessivamente, Boschi senior potrebbe essere chiamato a risarcire una cifra stimata attorno ai 15,8 milioni.
Nell'atto di citazione si ripercorre la storia degli ultimi anni di Etruria a partire appunto dalla «dissennata erogazione di crediti senza garanzie nell'intento di agevolare soggetti legati agli ex esponenti aziendali». Soldi usciti dalle casse della Popolare e mai del tutto rientrati. E che ora il liquidatore rivuole indietro.
Su tutti spiccano il maxi prestito alla Sacci spa (ad era Federici, che era anche consigliere di Etruria) per cui si chiedono 38,9 milioni; i finanziamenti alle aziende clienti dello studio professionale del consigliere Nataloni, erogati «senza seguire le procedure standard» e che ora valgono 19,2 milioni; lo sgangherato affare del maxi yacht della Privilege Yard in cui Etruria ha buttato 22,7 milioni; l'operazione di Villa San Carlo Borromeo, 17,9 milioni.
Santoni sostiene che gli ex amministratori Etruria «non si sono minimamente preoccupati di far fronte al crescente rischio del credito» e hanno snobbato le due lettere di sollecito (24 luglio 2012 e 3 dicembre 2013) del governatore di Bankitalia. Quando serviva non hanno voluto rafforzare il Dipartimento gestione sofferenze, rimasto con 20 dipendenti. «Di tutte queste criticità il cda era pienamente consapevole» e i danni sono quantificati in 112 milioni complessivi.
Sulla mancata fusione con la Popolare di Vicenza nel 2014 quando i conti Etruria erano ormai in dissesto, Santoni ribadisce che non se ne fece nulla e la trattativa fallì «nonostante l'assoluta urgenza dell'operazione indicata come unica via d'uscita dall'Autorità di vigilanza”. Per Santoni la mancata integrazione con BPV ha procurato un danno da risarcire con 212 milioni: l'importo del capitale di Etruria di allora.
A conti fatti la causa civile presso il tribunale di Roma contro i 37 ex dirigenti e il revisore dei conti di Etruria porta a un un totale di 576 milioni di danni che ciascuno degli ex dirigenti dovrà rifondere sulla base dei mesi in cui è rimasto ai vertici dell'istituto.
Sul fronte penale invece il Giudice per l'udienza preliminare (Gup) del tribunale di Arezzo, Giampiero Borraccia, sempre l'11 ottobre ha deciso di accorpare i quattro procedimenti legati al dissesto della banca.
Si tratta dei due filoni che hanno per capo di imputazione principale la bancarotta fraudolenta (alcuni imputati sono tuttavia accusati solo di bancarotta semplice), quello che vede imputati otto sindaci revisori e quello a carico dell'ex direttore generale Luca Bronchi e dell'ultimo presidente della banca, Lorenzo Rosi, relativo alla liquidazione dello stesso Bronchi (1,2 milioni di euro).
Molto alto il numero delle domande presentate dalle parti civili. In tutto sono 2500, di cui una buona fetta, circa 1800, presentate per conto di piccoli risparmiatori dalle varie associazioni dei consumatori. Un numero di richieste così elevato è stato superato solo dal processo Parmalat. Venti indagati, tra cui spiccano gli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi e gli ex vicepresidenti Natalino Guerrini, Giovanni Inghirami e Alfredo Berni, rischiano il rinvio a giudizio per i reati a loro contestati.

20 dicembre 2017