Un modo per ridurre il finanziamento alla scuola e favorire nuove disparità e discriminazioni nel sistema scolastico pubblico
No al Liceo breve
Aumenta la selezione meritocratica di classe e comunque favorisce scuole di serie A e serie B e percorsi formativi esclusivi per i più ricchi e privilegiati

Anno nuovo, nuove stangate! Possiamo sintetizzare così quello che si prospetta per le masse studentesche, il corpo insegnanti e il personale ATA in questo appena iniziato 2018.
È infatti appena stato introdotto per l'anno 2018/2019 dopo aver ricevuto il via libera dalla ministra dell'istruzione Valeria Fedeli, in via sperimentale, il famigerato liceo breve, l'ennessima controriforma del sistema scolastico italiano.
Dopo decenni di controriforme dei governi borghesi di destra e di cosiddetta sinistra, con il liceo breve si punta a un ulteriore passo avanti dopo la legge sulla “Buona scuola” e l'alternanza scuola/lavoro per il completo affossamento del diritto all'istruzione pubblica in Italia per i figli della classe operaia e di estrazione popolare.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire nel dettaglio in cosa consiste il “liceo breve”.
Come dicevamo il liceo breve entra da quest'anno e per l'anno scolastico 2018/2019 in vigore nella sua fase sperimentale sul territorio nazionale. Già in passato erano stati tentati fallimentari esperimenti in materia ma il campo d'azione si era limitato a una decina di scuole (pubbliche e private).
Oggi, su 197 istituti di scuola secondaria superiore che si sono proposti come possibili “cavie” 100 sono stati selezionati dal governo per l'esperimento e in ognuno di essi solo una classe inizialmente sarà coinvolta, per cui ci troviamo, a cifre fatte, davanti a oltre 2.000 studentesse e studenti che saranno sottoposti a sperimentazione. Con i licei brevi il percorso di studio secondario superiore che oggi arriva fino a 5 anni e si conclude al 19° anno di età si riduce di un anno portando a 4 gli anni di studi e a 18 anni l'età massima per completarli. In sostanza le studentesse e gli studenti sottoposti a questa riduzione di un anno si vedranno sottoposti a un carico maggiore e più asfissiante di studio e di ore scolastiche (che potrebbero passare dalle attuali 900 a 1050) per tener testa ai loro compagni che seguono il quinquennio.
I sostenitori del progetto (in testa a tutti ovviamente il PD) che applaudono all'idea di un liceo di soli 4 anni hanno accampato le più svariate necessità legate a questa iniziativa. Da quella di un improbabile ammodernamento del sistema scolastico italiano per equipararlo a quello degli altri paesi europei (una balla colossale visto che solo alcuni paesi adottano un simile sistema e non sono tra quelli che brillano per essere dei modelli dell'istruzione pubblica) alla necessità di anticipare l'entrata dei giovani nel mercato del lavoro, un'antica rivendicazione della Confindustria più volte rilanciata di recente dal ministro Poletti.
Non dobbiamo lasciarci ingannare dal termine sperimentazione, perché in realtà com'è successo con le famigerate prove Invalsi, il ministero segue questa scorciatoia truffaldina per imporre e generalizzare in un secondo tempo tale sperimentazione all'intero comparto scolastico. Per evitare un nuovo fallimento il ministero ha preteso che i partecipanti alla sperimentazione fossero motivati e meritevoli. Col liceo breve nei fatti si punta in primis ad istituzionalizzare la suddivisione classista della scuola pubblica. Diventerà infatti molto più difficile per i figli del proletariato e delle classi popolari frequentare con successo i licei, sovraccaricati fino allo stremo nello studio nozionistico. Non avranno di questi problemi i figli della medio-alta borghesia con genitori spesso laureati e pronti a seguire i proprio figli negli studi e a pagare professori privati per aiutarli a superare ogni difficoltà. Cosicché se la sperimentazione ministeriale sarà coronata da successo aumenterà spaventosamente la selezione meritocratica di classe. Se invece essa non riuscirà a essere generalizzata all'intero comparto scolastico, finirà comunque per favorire percorsi scolastici “eccellenti” di serie A per i più ricchi e privilegiati, un fiore all'occhiello che l'amministrazione potrà esibire per vantare risultati di alto livello mentre i giovani potranno vantare nei loro curricula professionali.
La riduzione della durata degli studi secondari superiori del 20% comporterà pesanti tagli. Il quotidiano della Confindustria “Il Sole 24 ore” scrive di 1,4 miliardi di euro che il governo risparmierebbe con questa manovra, soldi che verrebbero meno anche dal taglio di 35-40.000 posti di lavoro. Una vera e propria mattanza per il comparto scolastico pubblico che si vedrebbe ridurre ulteriormente le risorse.
Ci troviamo così di fronte alla completa aziendalizzazione della scuola pubblica, dove la parola d'ordine è l'immissione più rapida possibile dei giovani di estrazione proletaria nel mercato del lavoro (precario) come auspicato da Confindustria e promesso dai vari ministri dei Lavoro.
Non sono bastate gli umilianti epiteti a loro rivolti (bamboccioni, choosy ecc.), ora i giovani vengono "costretti" a entrare il prima possibile nel mercato del lavoro (precario) attraverso la riduzione degli anni scolastici. La formazione è sempre più "professionalizzante" nel senso che si orienta a far acquisire ai giovani le competenze basilari che servono ai capitalisti, non le conoscenze che dovrebbero essere patrimonio comune. Il futuro accesso all'Università in questo contesto si prospetta solo ed unicamente per i figli della borghesia e dei ricchi.
Di fronte a questa segregazione classista di Stato dei giovani studenti, degna di un regime neofascista di stampo mussoliniano si sono levate molte voci di protesta e dissenso. Organizzazioni studentesche, sindacali, e anche lo stesso corpo docenti, come è avvenuto nel caso di alcuni licei che hanno rifiutato la proposta di sperimentazione definita inaccettabile. Anche il PMLI si unisce al coro di queste proteste anche se a differenza della quasi totalità delle altre forze che basano le loro proteste sui tagli, per noi il nodo principale è quello dell'istituzionalizzazione della divisione di classe della scuola.
Invitiamo tutto il comparto scuola a mobilitarsi senza indugi affinché il governo ritiri e abroghi tutte le varie leggi e sperimentazioni che stanno fascistizzando, aziendalizzando, sfasciando e dissanguando la scuola pubblica.
 
 
 

10 gennaio 2018