In Iran lavoratori e disoccupati in piazza contro il carovita
Trump soffia sul fuoco. Arrestato l'ex presidente Ahmadinejad accusato di aver incitato alla rivolta

Per una settimana, dal 28 dicembre al 3 gennaio, in molte città iraniane decine di migliaia di lavoratori e disoccupati sono scesi in piazza contro il carovita, contro l’aumento della disoccupazione mentre alle masse popolari non è arrivato nessuno dei benefici economici promessi dopo la firma dell’accordo sul nucleare, anzi sono arrivate le misure di austerità già attuate o annunciate dal governo del presidente Hassan Rohani. Una protesta cresciuta dalle manifestazioni di piazza fino a assalti a caserme e banche, represse dalla polizia che ha sparato sui dimostranti con un bilancio di 21 morti e quasi mille arresti. Dal 4 gennaio nelle piazze sono scesi i sostenitori del governo, con bandiere nazionali e ritratti del leader religioso, l’aytollah Ali Khamenei, mentre il presidente Rohani e il governo di Teheran parlavano di proteste alimentate da interventi esterni. Il capofila dell'imperialismo americano, il presidente Trump, ha sì soffiato sul fuoco, chiamando il popolo iraniano alla protesta contro il suo governo, e una volta iniziata ha cercato di sfruttarla per mettere ancora più in difficoltà l'Iran. Ma ciò non cancella il fatto che le ragioni delle proteste popolari siano reali e a queste deve rispondere il governo di Teheran.
L'ingiusto embargo dei paesi imperialisti contro l'Iran per il suo programma nucleare civile ha pesato sull'economia iraniana, assieme alla caduta del prezzo del petrolio che ha ridotto le entrate del bilancio statale. L’economia iraniana è uscita dalla profonda recessione durata fino al 2016 con una crescita del pil che viaggia attualmente sopra il 5%, grazie anche all’accordo sul dossier nucleare dell'estate 2015 che ha tra le altre rimosso l’embargo petrolifero dell'Europa. Ma se il pil ha ricominciato a correre gli effetti non sono arrivati alle masse popolari, come promesso dal presidente Rohani. Anzi, il governo ha continuato nella politica dei tagli al bilancio, fra i quali l’abolizione dei sussidi alla parte più povera della popolazione e ha annunciato gli aumenti dei prezzi di ben il 70% della benzina e del 40% di luce e gas a partire dal prossimo marzo. Misure antipopolari che hanno unito lavoratori del settore petrolifero e degli autotrasportatori che erano già in piazza a protestare perché non ricevono regolarmente lo stipendio, disoccupati senza prospettive di un lavoro e poveri in una protesta contro il governo accusato tra l'altro di non combattere a fondo la corruzione. E dalle proteste generate da motivazioni economiche a quelle alimentate dallo scontro politico interno il passo è breve. Dopo gli arresti dei manifestanti le attenzioni della polizia si sono dirette verso esponenti dell'opposizione e in particolare di Mahmud Ahmadinejad, l’ex presidente indicato come uno dei sobillatori delle proteste; l'8 gennaio alcuni media arabi, al momento smentiti dalla stampa iraniana ma non dal governo, annunciavano che era stato relegato agli arresti domiciliari a Shiraz dopo essere stato fermato con l’accusa di “incitamento alla rivolta” da parte dei Guardiani della Rivoluzione.
La protesta di piazza ha ricevuto uno strumentale appoggio dall'imperialismo americano col dipartimento di Stato Usa che chiedeva a tutte le nazioni di “sostenere pubblicamente il popolo iraniano e le sue istanze per i diritti di base e la fine della corruzione”. E mentre Trump si ingeriva promettendo un “grande supporto al momento opportuno” al movimento di protesta, l'ambasciatrice all’Onu Haley chiedeva una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza.
Nella riunione del 5 gennaio la rappresentante americana chiedeva una risoluzione di condanna della repressione della protesta in Iran ma restava isolata e veniva stoppata dalla Russia che guidava il fronte opposto, cui aderivano non solo la Cina ma anche i rappresentanti dei paesi europei, Italia compresa, impegnati a non rompere con l'Iran di Rohani, alleato contro lo Stato islamico e partner economico.

10 gennaio 2018