Elezioni in Catalogna
Vittoria degli indipendentisti
Disfatta del Partito popolare di Rajoy. Affluenza record (82%)

Le elezioni in Catalogna del 21 dicembre difficilmente potevano risolvere lo stallo creato dallo scontro tra il governo centrale del democristiano Mariano Rajoy e i partiti indipendentisti catalani guidati dal deposto presidente Carles Puigdemont e così è stato. Il voto, segnato da una affluenza record frutto dello scontro aperto col referendum dello scorso 1° ottobre e la vittoria dell'opzione indipendentista nonostante gli assalti ai seggi della polizia, ha certificato la vittoria degli indipendentisti; un risultato politico importante ma che sostanzialmente riproduce la situazione precedente con le formazioni indipendentiste che hanno la maggioranza dei seggi in parlamento, solo se rientrano gli otto deputati in carcere o in volontario esilio all'estero, ma non dei consensi.
Il primo ministro Rajoy lo scorso 29 dicembre, in veste di presidente catalano ad interim in applicazione dell'articolo 155 della Costituzione che ha rimosso parlamento e governo di Barcellona, convocava la prima riunione del nuovo parlamento per il 17 gennaio. La prima riunione metterà in moto il meccanismo istituzionale che prevede l'elezione da parte dell'assise di Barcellona del nuovo ufficio di presidenza, nel quale i partiti indipendentisti saranno in maggioranza, e il presidente che conferirà l'incarico per la formazione del nuovo governo.
La prima questione da risolvere resta la sorte dei tre eletti indipendentisti incarcerati e dei cinque ex ministri che sono in Belgio, fra i quali Puigdemont, che chiedono al governo di Madrid di far cadere le pretestuose accuse e permettere la loro partecipazione alla vita politica. Rajoy al momento respinge qualsiasi richiesta con la scusa che il governo non può mettere le mani in un caso di competenza dei giudici, per la borghesia spagnola la questione dell'indipendenza catalana è un caso giudiziario e non politico e su questa strada continua a reprimere le mosse della borghesia indipendentista catalana.
I risultati del voto legislativo del 21 dicembre, confrontati con quelli del 2015, hanno intanto fatto registrare un aumento dei voti validi dal 77,44% all'81,94%, da 4,11 a 4,36 milioni di elettori sui 5,5 milioni aventi diritto, dovuto in particolare alla riduzione di 4,5 punti percentuali della diserzione delle urne.
Le tre formazioni indipendentiste, JUNTSxCat di Puigdemont e Erc-CatSì dell'ex vicepresidente Oriol Junqueras, in crescita di consensi, e la “sinistra” indipendentista della Cup in calo, perdono complessivamente due seggi ma mantengono la maggioranza assoluta dei seggi, con 70 su 135; nei voti validi salgono di poco, da 1,957 a 2,060 milioni, e restano al 47,7%.
Il blocco dei partiti centralisti cresce di 4 punti ma si ferma al 43,5%. La crescita dei consensi è dovuta a Ciudadanos che da 25 deputati sale a 36 e diventa il primo partito dell'assemblea di Barcellona, con 370 mila voti in più e dai socialisti catalani mentre crollano da 11 a soli 4 deputati regionali i rappresentanti dei popolari di Rajoy, che perdono 150 mila consensi, dei 340 mila che avevano, finiti a Ciudadanos.
Non ha raccolto consensi, anzi ha perso 40 mila voti dei 366 mila che aveva nel 2015 e scene dal 9 al 7,5% dei voti validi, la coalizione della sindaco di Barcellona, Ada Colau, che comprende la formazione locale di Podemos contraria alla repressione di Rajoy ma anche all'indipendenza.
“Abbiamo vinto le elezioni catalane”, rivendicava a urne appena chiuse la leader di Ciudadanos Ines Arrimadas. Dal Belgio rispondeva Puigdemont sottolineando che alle elezioni c'è stata “una partecipazione record, storica, con un risultato che nessuno può mettere in discussione”, la vittoria degli indipendentisti. “La Repubblica catalana ha battuto la monarchia sull'articolo 155” e “Rajoy è stato sconfitto”, sottolineava Puigdemont che chiedeva una “riparazione” con la “restituzione della democrazia” e il rispetto del voto. Al momento è ancora a Bruxelles in attesa.

10 gennaio 2018