Discorso di Giovanni Scuderi alla 6ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI tenutosi a Firenze il 14 gennaio 2018
La situazione del PMLI, i nostri problemi e la lotta contro il capitalismo, per il socialismo

Care compagne e compagni,
benvenuti alla 6ª Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI, in particolare ai compagni invitati Enrico Chiavacci e Alessandro Frezza, due grandi bandiere rosse che il 7 Novembre scorso, Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, hanno ricevuto dal Comitato centrale un importante incarico. Considerando tutto quello che hanno donato fin qui al nostro amato Partito. Sono certo che sapranno onorarlo alla grande.
Entrambi si distinguono per la coerenza proletaria rivoluzionaria e marxista-leninista e per il grande, qualificato ed esemplare lavoro politico, organizzativo, di massa, di fronte unito e giornalistico che svolgono con abnegazione, assoluta dedizione alla causa, con spirito critico e autocritico e nel rispetto del centralismo democratico e del gioco di squadra, immuni da ogni atteggiamento individualistico. Con loro a importanti posti di responsabilità e di combattimento, il Partito è divenuto più forte e può guardare con maggiore tranquillità il suo avvenire.
Un benvenuto affettuoso e augurale lo rivolgo alle compagne e ai compagni invitati, cofondatori del PMLI, che purtroppo non godono di buona salute. Siamo vicini a loro e li sosteniamo nella loro dura battaglia per la vita. Abbiamo ancora tanto bisogno e per il più lungo tempo possibile dei loro preziosi contributi, della loro grande esperienza politica marxista-leninista e del loro luminoso esempio.
Ricordiamo con dolore e con spirito militante anticapitalista l’eccidio di sei operai di Modena da parte della polizia dei democristiani Scelba e De Gasperi, di cui cinque giorni fa ricorreva il 68° Anniversario.
È la sesta volta che questo Comitato centrale si riunisce in seduta plenaria dopo il 5° Congresso nazionale del PMLI svoltosi quasi dieci anni orsono, nel dicembre del 2008.
Per la memoria storica è bene ricordare che nella prima Sessione plenaria sono stati eletti con voto palese i membri del 5° Ufficio politico, nominati i membri della futura Segretaria generale, stabilito l’organigramma del Comitato centrale, nominati il direttore politico e i membri della Redazione centrale de “Il Bolscevico”, nonché i membri del Comitato provinciale di Firenze e della Segreteria tecnica del CC e dell’UP.
Nella seconda e nella terza Sessione plenaria ci siamo occupati rispettivamente del lavoro operaio e sindacale e del lavoro giovanile, grazie ai contributi determinanti dei compagni Emanuele Sala e Federico Picerni, impostando così il lavoro sui due fronti principali di lotta su cui tutto il Partito si deve concentrare come stabilito dal 5° Congresso.
Nella quarta Sessione plenaria, tenutasi il 5 aprile 2014, abbiamo discusso a fondo per la prima volta dopo l’ultimo Congresso la situazione del Partito, oltre la linea politica del Partito sulle elezioni europee e amministrative indette in quel periodo. In questa Sessione abbiamo fatto anche un bilancio critico e autocritico sull’Attività vitale, fino ad allora principale fonte di finanziamento del Partito, che abbiamo dovuto chiudere con grande sofferenza perché non c’erano più le condizioni per andare avanti. Una amara lezione che non dobbiamo scordare nel caso fosse possibile aprire attività analoghe da parte del Centro o da Istanze intermedie e di base.
Trattando la situazione del PMLI abbiamo messo a fuoco le contraddizioni sorte all’interno del Partito dopo il 5° Congresso, in particolare le tre contraddizioni nell’Ufficio politico. Le due contraddizioni in seno al popolo si sono risolte positivamente, anche se successivamente una di esse si è sviluppata in una contraddizione antagonista non risolvibile. La contraddizione antagonista si è conclusa con l’abbandono poco dopo del Partito di colui che l’aveva sollevata, collocandosi unilateralmente come simpatizzante.
La contraddizione scoppiata in seno al Comitato centrale si è conclusa con la fuga ignominiosa dei due ambiziosi e presuntuosi lombardi, dopo che sono stati smascherati e sconfitti.
Abbiamo esaminato pure le contraddizioni con tre membri di base, ora non più nel Partito, e con una Cellula.
Approfondendo tutte queste contraddizioni abbiamo fatto una bella esperienza su come trattare e risolvere i diversi tipi di contraddizione distinguendo tra le contraddizioni in seno al popolo e quelle antagoniste, usando accortamente il metodo della critica e dell’autocritica in maniera dialettica e in base al livello di coscienza politica, di esperienza e di anzianità di militanza di Partito di chi cade in contraddizione, rispettando il centralismo-democratico, seguendo sempre il principio di unità-critica-unità, educando chi sbaglia e non isolandolo, lasciando al tempo, agli sviluppi degli avvenimenti, la verifica di chi aveva ragione e chi torto.
La Sessione ha esaltato queste brillanti vittorie del Partito, quella della ricostituzione, dopo 14 anni, della Commissione giovani del CC, grazie all’esemplare tandem Federico e Alessandro; quella del rilancio del lavoro sindacale da parte della Commissione di massa del CC grazie all’apporto qualificato del compagno Andrea Cammilli; quella dell’apertura della nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”; quella del proseguimento della vita de “Il Bolscevico” sul sito del PMLI, dopo la dolorosa e forzata sospensione cartacea per mancanza di soldi, grazie all’impegno del Direttore politico, delle valorose Penne Rosse, dei generosi e valenti, compagne e compagni, grafici, informatici, fotografi e correttori di bozze che lo producono settimanalmente.
Infine la Sessione ha messo in luce tre problemi che allora erano aperti e che purtroppo continuano a essere aperti. Si tratta del problema economico, del problema dell’allargamento del gruppo di compagni che lavorano gratuitamente al Centro e del problema del radicamento locale del Partito. Ne riparleremo più avanti.
Nella quinta Sessione plenaria, che ha discusso il tema “La situazione internazionale e la lotta antimperialista del PMLI”, considerata, come dice il Comunicato della Sessione, “una pietra miliare nella storia del PMLI”, la prima Sessione plenaria di politica estera tenuta dai cinque Comitati centrali. Tra l’altro è stato fatto chiarezza sullo Stato islamico e sulla necessità di appoggiarlo nella sua lotta contro l’imperialismo, anche se non ne condividiamo l’ideologia, la strategia e certi metodi di lotta, come quello degli attentati terroristici a civili innocenti e incolpevoli.
Il Rapporto del compagno Erne è stato giudicato, come è scritto nel suddetto Comunicato, un “Rapporto rosso, ben documentato, ricco di dati e dialettica, di respiro congressuale, che fotografa con assoluta chiarezza e semplicità la mutata situazione internazionale, va a fondo in tutte le sue contraddizioni e aspetti più complessi e traccia la conseguente politica estera del PMLI sul solco del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, dell’internazionalismo proletario e dell’antimperialismo”.
Veramente il compagno Erne si merita il massimo elogio e i più entusiastici ringraziamenti da parte di tutto il Partito per questo suo prezioso e fondamentale contributo alla politica estera del PMLI. È quanto mai utile rileggerlo per rinfrescarsi le idee, per metterlo in pratica e per sostenerlo nella lotta contro le idee errate e opportunistiche dei falsi comunisti, degli “ultrasinistri”, degli anarchici e dei trotzkisti. È altrettanto utile leggere attentamente gli articoli de “Il Bolscevico” delle Penne straordinarie dei redattori di politica estera che si ispirano a quel Rapporto.
Come è stato deciso dall’Ufficio politico, sarà lo stesso compagno Erne a rilanciare e attualizzare la linea antimperialista del PMLI col discorso che terrà alla prossima commemorazione di Mao a nome del Comitato centrale. Sicuri che farà ancora una volta centro. A lui gli auguri di tutti noi.
La sesta Sessione plenaria del 5° CC del PMLI, come già sapete, ha il compito di discutere il seguente tema: “La situazione del PMLI, i suoi problemi e la lotta contro il capitalismo, per il socialismo”. Non essendoci ancora le condizioni, che purtroppo si allontanano, per celebrare il 6° Congresso nazionale del PMLI, dobbiamo approfittare di questa Sessione per andare a fondo sul tema che investe direttamente il presente e l’avvenire del PMLI.
Facciamolo a cuore aperto, senza remore, diciamoci tutto ciò che c’è da dire, interrogandoci se ciascuno di noi fa pienamente il suo dovere, apertamente, sinceramente, con atteggiamento critico e autocritico, entrando in merito a quanto viene detto a proposito nel discorso.
Se ci sono in esso delle cose giuste, vanno approvate e sostenute. Se ci sono delle cose ingiuste vanno criticate e non approvate. Vale però il giudizio della maggioranza che va comunque rispettato e applicato da tutti i membri del CC, come prescrive il centralismo democratico.
 

Stato attuale del PMLI
Il nostro Partito sta attraversando un passaggio assai delicato della sua storia. Dobbiamo prenderne coscienza, adeguare ad esso il nostro spirito e atteggiamento, discutere a fondo la questione e prendere le misure necessarie per superare questo passaggio e per proseguire con maggiore consapevolezza, chiarezza e coerenza la nostra Lunga marcia politica e organizzativa sulla via dell’Ottobre verso l’Italia unita, rossa e socialista.
Il motivo fondamentale di questa nuova situazione del Partito è costituito dal fatto che, come su detto, non siamo riusciti ancora a risolvere i tre vecchi problemi: quello economico, quello dell’allargamento del gruppo di lavoro al Centro, quello del radicamento locale.
Il problema economico purtroppo non è possibile risolverlo alla radice perché non siamo in grado di intraprendere, indirettamente, una qualsiasi attività imprenditoriale o commerciale e perché non possiamo fare delle campagne di sottoscrizione pubbliche per motivi fiscali. Attualmente possiamo solo contare sulle quote mensili dei militanti del Partito e sulle donazioni volontarie dei simpatizzanti, con le quali riusciamo a stento a ricoprire le spese correnti del Centro del Partito.
Occorrono quindi più soldi, che non possiamo avere dalle Istanze intermedie e di base che già si dissanguano per sostenere il loro lavoro politico. Solo alcune di esse, che ringraziamo di cuore, riescono periodicamente a inviare al Centro degli aiuti economici. L’unica possibilità è che i membri del CC che versano quote inferiori ai 50 euro le alzino il più possibile o diano dei contributi straordinari periodici.
Per capire quanto sia grave la nostra situazione economica, basti sapere che se per qualsiasi motivo vengono a mancare le altissime quote di alcuni compagni, non saremmo più in grado di pagare l’affitto del locale della Sede centrale.
Il problema dell’allargamento del gruppo di lavoro del Centro si è ulteriormente aggravato non potendo utilizzare quotidianamente una compagna essenziale, che è dovuta andare a lavorare professionalmente da tempo.
Le compagne e i compagni che attualmente lavorano al Centro si fanno in quattro per sopperire a tutte le necessità, ma non sono sufficienti e già si fanno sentire su di loro i fattori età e salute. È quindi necessario che qualche membro del CC si trasferisca al più presto a Firenze assicurandosi l’autofinanziamento. Contiamo in particolare sul compagno Aurelio quando e se riuscirà a trovare un lavoro a Firenze. Venendo meno le risorse dell’Attività vitale, purtroppo è fallito il trasferimento del compagno Denis, che avevamo programmato per tempo anni fa.
Il problema del radicamento locale sarebbe risolvibile con relativa facilità. In realtà non è così perché non si applica o si applica parzialmente, in maniera meccanica, senza uno studio, un programma e una strategia, la linea politica, organizzativa, di massa e di fronte unito del Partito. A oggi infatti non ci risulta che le Istanze intermedie e di base del Partito abbiano messo in pratica l’indicazione concreta di “sedersi attorno a un tavolo e discutere i tre elementi che compongono la parola d’ordine ‘Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi” e per ciascuno di essi stabilire cosa fare, tenendo presente la situazione concreta in cui si opera, le forze che disponiamo e il principio più “qualità e meno quantità”.
Ciò segnala una grave contraddizione tra l’accettazione della linea e delle indicazioni concrete del Partito e la loro non applicazione. Bisogna quindi che le Istanze intermedie e di base si siedano attorno a un tavolo e facciano quanto sopra indicato. La linea politica del PMLI non è un’arma da contemplare e apprezzare, ma un’arma di combattimento del XXI secolo. Ma se non la usiamo o la usiamo male non serve a nulla, non può produrre vittorie.
Dobbiamo portare la linea del Partito tra le masse, lavorando soprattutto nei luoghi di lavoro e di studio e nei movimenti di massa sindacali, studenteschi, sociali, femminili, ambientalisti e così via. Perché è in questi luoghi e in questi movimenti che si orientano le masse in un senso o in un altro, che avviene lo scontro delle idee e delle proposte, che possiamo trovare consensi e alleati per spostare i movimenti il più avanti possibile politicamente, pur rispettando la loro natura, scopi e obiettivi. Almeno stante l’attuale situazione politico e sociale.
I volantinaggi e i banchini sono molto utili per farci conoscere, per propagandare la linea del Partito e per avere un rapporto diretto con le masse, ma ancora più utile e più proficua è la nostra azione nei luoghi di lavoro e di studio e nei movimenti di massa.
Naturalmente se non abbiamo le forze necessarie non possiamo entrate in tutti i movimenti di massa. Bisogna compiere delle scelte, dando la precedenza al lavoro sindacale e studentesco, ma anche a quello femminile, ora che è esploso l’importante movimento Non una di meno al quale stanno prestando grande attenzione la Commissione donne del CC e “Il Bolscevico”. È da apprezzare l’iniziativa di detta Commissione che si è riunita a fine anno in seduta plenaria per studiare il “Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere”.
Il Partito ci insegna che per avere successo all’interno dei movimenti occorre conoscere a fondo la linea di massa generale del Partito e quella specifica per ogni settore, nonché la politica di fronte unito. Quest’ultima è molto importante per avere un corretto atteggiamento tattico e per non cadere nel codismo o nel “sinistrismo”. Unità e lotta devono caratterizzare il nostro lavoro nei movimenti di massa.
Dalla Grande Rivolta del Sessantotto, di cui quest’anno ricorre il 50° Anniversario, il Partito ha accumulato una grande esperienza nella lotta contro i revisionisti di destra e di “sinistra”, i riformisti e gli imbroglioni politici comunque camuffati. La compagna Patrizia Pierattini col suo recente articolo dal titolo “Quando affrontai Rossanda e Chiaromonte” ne ha ricordato due episodi emblematici.
Dobbiamo mantenere e trasmettere ai nuovi militanti del PMLI lo spirito, la determinazione, la combattività, il coraggio e l’iniziativa con le quali i primi pionieri del PMLI hanno affrontato e smascherato pubblicamente i falsi comunisti. Non certo con l’impeto e l’inesperienza tattica di allora, ma con le giuste tattiche maturate nel tempo, tattiche tese a farci comprendere dalle masse e attirare i loro consensi, non per addolcire la pillola, per smussare gli angoli e fare delle concessioni agli alleati o agli avversari o ai nemici di classe. Una cosa è la tattica proletaria rivoluzionaria e marxista-leninista, un’altra cosa è il tatticismo riformista e opportunista borghese.
Negli ultimi anni, a Ischia, Rufina, Biella, Emilia-Romagna e Varese, siamo riusciti a realizzare delle importanti esperienze nel lavoro di massa e di fronte unito. Su ciascuna di esse va fatto, da parte delle istanze interessate, un bilancio critico e autocritico per migliorare il lavoro e renderlo pienamente conforme alla linea di massa e di fronte unito del Partito.
Per far bene questo lavoro, essenziale per il radicamento del Partito, occorre assolutamente migliorare la militanza e la qualità delle Istanze intermedie e di base del Partito. Questo è possibile solo se eleviamo la nostra cultura politica studiando il marxismo-leninismo-pensiero di Mao in base alle necessità e ai compiti personali e della propria istanza, se abbiamo una corretta concezione del Partito, se conosciamo a fondo la linea generale e di settore del Partito e la mettiamo in pratica a livello individuale e di istanza, se rispettiamo il centralismo democratico, se pratichiamo la critica e l’autocritica, se diamo continuità al lavoro politico personale e di istanza, se facciamo una corretta vita interna di Partito, se osserviamo anche le più piccole indicazioni del Partito, se studiamo la realtà in cui operiamo, infine, e non per ultimo, se mettiamo gli interessi del Partito, della causa e del proletariato al di sopra dei propri interessi personali.
Se ci manca uno qualsiasi di questi elementi siamo dei mezzi marxisti-leninisti, delle istanze zoppe non in grado di svolgere un vero lavoro marxista-leninista, e quindi di dare un reale contributo al radicamento e allo sviluppo del Partito.
I militanti e le Istanze intermedie e di base del Partito o vanno avanti migliorandosi o vanno indietro fino a sparire se non si migliorano. È proprio perché non hanno fatto nulla per migliorarsi che dei membri candidati del Partito hanno gettato la spugna e si sono ritirati, e certe istanze di città strategiche del Centro e del Sud d’Italia sono cadute nella inattività o nella semi attività.
Invece chi si è migliorato, è andato avanti e ha prodotto un buon lavoro. Citiamo tra tutti il caso commovente del compagno Sesto Schembri che ha raddoppiato il suo impegno per sopperire alla diminuzione temporanea delle forze della Cellula “Stalin” della provincia di Catania che dirige. Merita di essere premiato.
Ovviamente anche noi membri del Comitato centrale dobbiamo migliorare la nostra militanza marxista-leninista. Anzi dobbiamo essere i primi e i più risoluti a fare il lavoro di miglioramento osservando scrupolosamente quanto sopra suggerito. Dati i nostri compiti e le nostre responsabilità generali di direzione del Partito, ne abbiamo bisogno più delle compagne e dei compagni di base.
In particolare noi dobbiamo curare lo studio accurato e approfondito dei problemi che trattiamo come Partito o come redattori dell’organo del PMLI, e dobbiamo farlo ricercando le fonti autentiche per fare delle analisi corrette e inconfutabili. Dobbiamo prendere esempio dal compagno Enrico Chiavacci che sta studiando sistematicamente una pila di libri e dossier riguardanti i suoi compiti in materia di ambiente, clima e natura. Tra di noi dobbiamo fare a gara per essere dei marxisti-leninisti integrali, incrollabili, incorruttibili, totalmente devoti alla causa del PMLI, del proletariato e del socialismo, dei dirigenti marxisti-leninisti esemplari, di cui vadano fieri le militanti e i militanti del Partito.
La militanza marxista-leninista, come abbiamo potuto verificare in questi 40 anni di vita del PMLI e nei precedenti 10 anni di preparazione del Partito, è talmente dura, impegnativa, con una serie di comportamenti e di condivisioni non richiesti da alcun partito, che persino degli anticapitalisti e dei rivoluzionari hanno difficoltà ad accettarla.
Tempo fa, un fautore del socialismo ci ha chiesto se poteva essere ammesso nel PMLI pur avendo una riserva sulla posizione del Partito sullo Stato islamico. L’Ufficio politico, dopo aver esaminato il caso inedito ha deciso che si può entrare nel PMLI anche se si hanno delle divergenze su qualche punto della linea del Partito, purché il richiedente sia d’accordo con lo Statuto, il Programma generale e l’astensionismo elettorale tattico, strategico nel caso delle elezioni europee, e purché al punto 33 del modulo della domanda di ammissione al PMLI il richiedente scriva: Mi impegno ad attenermi al centralismo democratico non sostenendo pubblicamente la mia posizione personale riguardo…, su cui non sono d’accordo. Mi auguro che il CC ratifichi tale importante decisione.
Nel settembre dell’anno scorso è nata una contraddizione tra il Centro e l’Organizzazione isola d’Ischia circa l’accorpamento dei comuni dell’Isola in un comune unico di cui la nostra Organizzazione era tra i partiti promotori. Il Partito è contrario al comune unico e perciò ha chiesto alla nostra Organizzazione di non appoggiarlo più e di uscire dal movimento trasversale che lo sostiene. L’Organizzazione non è d’accordo ma rispetterà la decisione in base al centralismo democratico. Va detto che essa si è comportata correttamente nel trattare questa contraddizione di linea, fornendoci, tra l’altro, puntualmente, tempestivamente e lealmente tutte le informazioni e la documentazione che ci sono servite per valutare la questione.
Com’è noto la tendenza da parte del governo e dei partiti del regime è di ridurre al massimo i quasi otto mila comuni esistenti in Italia. Per Civati, uno dei leader più a sinistra dei Liberi e uguali, addirittura ne sarebbero sufficienti mille “strategicamente orientati”.
Il nostro Partito è contrario, in generale, alla riduzione e all’accorpamento dei comuni, ritenendo che ciò restringa la democrazia borghese e renda più difficile il controllo delle amministrazioni e degli eletti da parte delle masse del luogo. Solamente in casi eccezionali, come ad esempio lo spopolamento dei piccoli comuni, o in situazioni particolari da verificare, il Partito potrebbe essere d’accordo.
Il PMLI non ha paura delle inevitabili contraddizioni, perché esse aiutano l’approfondimento dei problemi e la crescita ideologica, politica e organizzativa del Partito, dei suoi militanti e delle sue istanze. Purché venga sempre rispettato il centralismo democratico da parte di tutti qualunque sia il risultato, l’unico modo che ci consente di salvaguardare l’unità e l’azione rivoluzionarie del PMLI. Solo se i marxisti-leninisti perdono la direzione del Partito ed esso si avvia a trasformarsi in un partito riformista, il centralismo democratico salta e con esso l’unità rivoluzionaria del Partito.
In questi due ultimi anni il nostro Partito si è indebolito numericamente, ma sui piani ideologico, politico, propagandistico e giornalistico è diventato molto più forte, autorevole, agguerrito e combattivo, confermando che la sua testa è quella di un Gigante Rosso. Lo dimostra il volume di fuoco che siamo riusciti a produrre per smascherare la controriforma costituzionale del nuovo duce Renzi e per sostenere il NO al referendum del 4 dicembre 2016, nonché per smascherare il governo Gentiloni come fotocopia del governo Renzi.
Lo dimostrano le nostre iniziative, da soli o con altre forze, per celebrare il Centenario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre. Uno sforzo enorme, considerando le forze, i mezzi e le risorse a disposizione, cominciato con l’omaggio a Lenin nelle città russe dove è nato e morto da parte del valoroso e generoso compagno Erne a nome del CC, coadiuvato tecnicamente e organizzativamente da Vladimir amico del Partito, proseguito con il forte e impegnativo documento del CC dal titolo “Viva la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre”, da dibattiti, banchini e volantinaggi e conclusasi con la pubblicazione su “Il Bolscevico” dell’importantissima “Storia del Partito comunista (bolscevico) dell’URSS” corredata da una straordinaria serie di foto e manifesti dell’epoca.
Tramite “Il Bolscevico” abbiamo fatto barba e capelli a “la Repubblica”, squallido quotidiano del “centro-sinistra”, a “Il Sole-24 ore”, quotidiano della Confindustria, e a “il manifesto” trotzkista che non hanno perso l’occasione per vomitare veleno su Stalin e la prima esperienza storica del socialismo. Un durissimo colpo l’abbiamo sferrato al pennivendolo e falsificatore Ezio Mauro, che non è riuscito nemmeno a difendersi di fronte ai compagni che, davanti al Teatro Puccini di Firenze dove si stava recando gli avevano dato un volantino che riportava l’articolo de “Il Bolscevico” che lo smascherava.
Sarebbe stato un boato se la trasmissione “Tagadà”, diretta da Tiziana Panella, avesse mandato in onda su La7, come era previsto, la chiarificatrice intervista sulla Rivoluzione d’Ottobre del compagno Denis Branzanti, rilasciata davanti al busto di Lenin a Cavriago, bloccata evidentemente da qualcuno che sta in alto. Il che conferma che per i media del regime il PMLI non deve essere conosciuto dalle masse, nemmeno quando solidarizza con una loro componente, come è accaduto con “la Repubblica” attaccata fisicamente dal gruppo neonazista Forza nuova. Al suddetto compagno e ai compagni dell’Emilia-Romagna vanno i nostri auguri, il nostro appoggio militante e il massimo apprezzamento per la commemorazione di Lenin a Cavriago in programma domenica prossima in occasione del 94° Anniversario della sua scomparsa.
In queste tre importanti e per certi aspetti storiche battaglie, che hanno visto tra l’altro scendere in campo come oratori nuovi quadri del PMLI, il CC e l’UP sono stati appoggiati e coadiuvati dalle Istanze intermedie e di base, dalle compagne e dai compagni e dai simpatizzanti attivi che hanno dato l’anima per far giungere alle masse la voce del Partito. A essi va la nostra profonda gratitudine e il nostro più caloroso applauso.
La forza e l’autorevolezza crescenti del PMLI sono dimostrate anche dalle posizioni che abbiamo preso con documenti sulle elezioni regionali in Sicilia, sul referendum sull’autonomia in Lombardia e in Veneto e sul movimento Lgbtqi.
“Il Bolscevico”, diretto con il massimo impegno politico e giornalistico e con la massima coerenza marxista-leninista, ha dato un importante contributo a tutte queste battaglie del Partito, soprattutto tramite la Direttrice responsabile compagna Monica Martenghi, il Redattore capo, l’impareggiabile compagno Loris Sottoscritti, il prezioso redattore compagno Alessandro Casalini e, più di recente, tramite la notevole qualità degli articoli dei compagni Aurelio Cento, Andrea Cammilli e Enrico Chiavacci, un terzetto rosso di grande valore che merita di essere promosso alla Redazione centrale, e dei collaboratori romano e calabrese.
Il nostro Partito è uno dei pochi partiti autenticamente marxisti-leninisti esistenti nel mondo. Ciò ci rende responsabili anche nei confronti dei partiti di altri paesi che ci guardano con attenzione e simpatia e prendono coraggio ed esempio da noi.
Attualmente nel mondo esistono almeno trecento partiti che si definiscono comunisti. Centotre di essi di 77 paesi, tra cui i partiti cinese, coreano del Nord, vietnamita e cubano e i partiti italiani PRC, PCI e PC, fanno parte degli Incontri internazionali dei partiti comunisti e operai fondati nel 1998 su iniziativa del partito comunista greco (KKE) presente nei parlamenti greco e dell’Unione europea, nel passato era schierato con Krusciov e Breznev e contro Mao e la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, è il padrino del PC dell’ultraimbroglione Rizzo, beniamino dei media borghesi.
Ventotto partiti di 25 paesi, in stragrande maggioranza partecipanti ai suddetti Incontri internazionali, fanno parte di Iniziativa dei partiti comunisti e operai d’Europa, inclusi la Russia e la Turchia, fondata nell’Ottobre del 2013 su impulso del KKE. Il PC è nella segreteria.
Cinquanta partiti di 42 paesi, tra cui il Partito comunista (marxista-leninista) di Panama e un tempo anche i Carc, fanno parte del Coordinamento internazionale dei partiti e organizzazioni rivoluzionari (ICOR) fondato nell’ottobre del 2010 egemonizzato dal Partito marxista-leninista di Germania allora diretto da Stefan Engel e oggi da sua moglie. In precedenza la maggioranza di questi partiti facevano parte della Conferenza internazionale dei partiti e delle organizzazioni marxisti-leninisti fondata nei primi anni ’80 dal PC delle Filippine diretto da José Maria Sison e dal citato partito tedesco e scioltosi anni dopo.
Ventiquattro partiti di 24 paesi, tra cui un gruppo italiano, fanno parte della Conferenza internazionale dei partiti e delle organizzazioni marxisti-leninisti (CIPOML) fondata il 1° agosto 1994.
Diciannove partiti “maoisti” di 14 paesi, tra cui tre gruppi italiani, facevano parte del movimento internazionalista rivoluzionario fondato nel 1984 dal PC del Perù che, come altri gruppi “maoisti”, considera Gonzalo, fondatore del partito, in carcere dal 1992 come dirigente della guerra popolare di cui da anni non si hanno notizie, il sesto maestro del proletariato internazionale. Dal 2007 non si hanno più notizie di questo movimento, che era diviso in più correnti. Una di esse, che comprende anche un gruppo italiano, pubblica tuttora “Maoist Road” sostenendo che la strategia della guerra popolare è valida anche nei paesi imperialisti.
Esiste anche un Comitato di coordinamento dei partiti e dei movimenti maoisti dell’Asia meridionale fondato nel 2001 da undici partiti del Bangladesh, Bhutan, India, Nepal, Sri Lanka.
Il più influente partito di quelli che si rifanno anche al pensiero di Mao è il PC delle Filippine fondato nel 1968 da Sison e che dal 1969 conduce una guerra popolare per instaurare nelle Filippine una democrazia popolare nella prospettiva del socialismo. Nel corso di tutti questi anni il Fronte nazionale democratico delle Filippine diretto dal suddetto partito più volte ha proclamato il cessate il fuoco unilaterale e ha partecipato alle trattative di pace e di riconciliazione nazionale, ma ogni volta sono state interrotte dai governi filippini. L’ultima volta, il 24 novembre dell’anno scorso, le trattative sono state rotte da Duterte presidente delle Filippine. Come ha denunciato in un comunicato stampa Sison, capo politico consulente della Commissione per il negoziato del suddetto Fronte.
Sison è anche fondatore e presidente della Lega internazionale della lotta dei popoli, una delle tre organizzazioni che hanno promosso la Conferenza internazionale di Amsterdam per celebrare il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre alla quale, com’è noto, è stato invitato anche il PMLI. Non è stato però né letto né fatto circolare alla Conferenza il messaggio della Commissione del Comitato centrale per le relazioni internazionali del Partito, mentre è stata data la parola a ben quattro gruppi sedicenti comunisti italiani nel totale di sei interventi.
Come abbiamo visto, il mondo è popolato di tanti partiti che si fregiano del titolo di comunista. Ma quanti lo meritano veramente? Secondo noi non lo meritano affatto i partiti che sono al potere nei paesi sedicenti socialisti. E gli altri? Un grosso punto interrogativo, che non riguarda certo il PC(ML) di Panama con il quale abbiamo affinità ideologica e politica, un rapporto fraterno e una piena cooperazione di classe, rivoluzionaria, marxista-leninista e internazionalista proletaria.
Siamo comunque aperti e disponibili verso qualsiasi partito straniero che voglia confrontarsi col PMLI. Con quelli italiani con la bandiera rossa e la falce e martello, salvo eccezioni, siamo pronti all’unità di azione per le questioni di comune interesse. In ogni caso niente e nessuno potrà distoglierci dalla lotta contro il capitalismo e per il socialismo, che consideriamo il contributo più grande che noi possiamo dare ai veri partiti comunisti del mondo che portano avanti la nostra stessa lotta.
 

La lotta del PMLI
Sono passati 157 anni dall’Unità d’Italia ma il capitalismo non è ancora riuscito a risolvere i due principali problemi economici e sociali del Paese: le disuguaglianze sociali e il divario tra il Sud e il Nord. E non li potrà mai risolvere pienamente perché per sua natura pensa principalmente ad arricchire i capitalisti, gli azionisti, i banchieri, i manager, i vertici della magistratura, delle Forze armate e delle “forze dell’ordine”, gli alti burocrati dello Stato e a sviluppare le zone dove l’economia, la finanza, l’industria, l’agricoltura e i servizi sono più forti e concentrati.
I dati inconfutabili parlano chiaro. I 17 italiani più ricchi possiedono la stessa ricchezza di 18 milioni di persone. Un italiano su tre, esattamente 18.136.663 persone, è povero o a rischio povertà. Di essi il 46,9% risiede nel Sud e nelle isole. 13 milioni di italiani hanno rinunciato in tutto o in parte a curarsi, di essi 580 mila non possono acquistare farmaci. Quasi metà delle famiglie stenta ad arrivare a fine mese. Per mancanza di soldi molte famiglie, specie nel Sud, non riesce nemmeno a iscrivere agli asili i propri figli. Più di quattro milioni di persone sono senza casa. Le italiane e gli italiani disoccupati sono 3.077.347. Gli inattivi, cioè le persone che non hanno un lavoro e non lo cercano, sono 13.468.000. I giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet, sono 3.323.000. Un giovane su tre è disoccupato. 11.374.619 persone ricevono una pensione da fame. I giovani rischiano di non avere alcuna pensione e quelli che nel 2016 all’età di 20 anni hanno avuto un lavoro andranno in pensione a 71,2 anni. Otto lavoratori su dieci “assunti” sono precari e il lavoro precario è aumentato del 4,8%. Quasi 4 milioni di lavoratrici e lavoratori hanno un contratto a termine. Un lavoratore percepisce un salario mensile medio di 1.327 euro che corrisponde a 28.593 euro l’anno contro i 6,5 milioni di un manager. Le lavoratrici ricevono fino al 30% in meno del salario a parità di lavoro rispetto agli uomini. Le donne sono sottostimate, discriminate, costrette al duplice sfruttamento nel lavoro professionale e in quello di casa e di cura, e soggette alla violenza maschile, ogni tre giorni una donna viene uccisa dal suo ex marito o fidanzato. Gli orari di lavoro invece di diminuire, come sarebbe necessario, aumentano, specie nella logistica, fino a raggiungere le 12 ore. Più di tre lavoratori al giorno muoiono a causa di incidenti sul lavoro. Il lavoro nero e il caporalato imperversano, gli anziani e i disabili sono sostanzialmente a carico delle famiglie, i migranti non hanno gli stessi diritti degli italiani e non è riconosciuta la cittadinanza italiana senza alcuna condizione a chi nasce in Italia, le persone Lgbtqi non godono tutti i diritti civili. Mentre il Sud, che soffre in maggior misura tutti questi mali, è in balia delle mafie, impantanato nel sottosviluppo con infrastrutture, sanità e servizi sociali da Terzo mondo, divenuto una mega discarica e territorio di stoccaggio di scorie nucleari e ammorbato dall’inquinamento dell’ILVA, Bagnoli, Priolo, Terrigno, fiume Sarno, terra dei fuochi, con sempre più giovani che emigrano al Nord d’Italia o all’estero per trovare lavoro.
Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, vantandosi della conclusione del contratto del pubblico impiego del comparto Funzioni centrali, che per noi è inaccettabile, ha detto che “l’Italia merita fiducia”. Ma con che faccia può dirlo, quando la Cgia di Mestre parla di “Stagnazione secolare”, di crescita pari a zero dell’Italia?
Il capitalismo italiano non produce solo disuguaglianze sociali e territoriali ma anche guerre e fascismo. Qualsiasi sia il governo della destra o della “sinistra” borghesi che ne cura gli interessi e gli affari. Vedi l’aggressione alla Federazione Jugoslava nel 1999 da parte del governo del rinnegato D’Alema appoggiato dall’allora partito di Diliberto e Rizzo.
Per sedersi al tavolo dei vincitori auspicati e spartirsi il bottino ha partecipato a due guerre mondiali sacrificando la vita di centinaia di migliaia di giovani, di operai e di contadini in uniforme e di civili. Sempre assecondato dai monarchi di casa Savoia, addirittura ha dato vita a un impero attraverso le colonie dell’Eritrea nel 1890, della Somalia nel 1905, della Libia nel 1912, dell’Etiopia nel 1936 e dell’Albania nel 1939.
Negli anni della Repubblica ha continuato a partecipare alle guerre imperialiste per la spartizione del mondo e per il saccheggio delle materie prime e delle risorse dei paesi dell’Africa e del Medio oriente. Nel 2011 ha partecipato all’aggressione militare alla Libia. E oggi è in prima linea in Europa, Africa e Asia, dove operano forti contingenti militari, per combattere lo Stato islamico e l’immigrazione. L’ultimo atto è stato l’invio di soldati in Niger ancor prima che il parlamento si pronunciasse.
Il governo Gentiloni, sostenuto attivamente dalla ministra della difesa Roberta Pinotti, è più guerrafondaio dei governi della destra, adeguando il modello di difesa alle nuove esigenze del capitalismo italiano, premendo affinché l’Unione europea imperialista si doti di un proprio esercito, votando contro il disarmo nucleare, condannando il riarmo nucleare della Repubblica popolare democratica della Corea, progettando la costruzione del “Pentagono” a Roma. Attualmente l’Italia di Mattarella e Gentiloni è presente militarmente in 24 Stati di tre continenti (Europa, Asia e Africa) con 35 missioni che impiegano circa 6.500 militari che costano oltre mille miliardi l’anno.
Il capitalismo italiano vuol dire anche fascismo. Nel passato ha dato vita al ventennio della dittatura fascista di Mussolini e in questi ultimi decenni al regime neofascista, secondo il piano della P2 di Gelli attuato dai governi di Craxi e di Berlusconi, che il governo Renzi pensava di completare col referendum del 4 dicembre, bocciato in massa dall’elettorato con l’apporto determinante degli astensionisti che sono ritornati alle urne per impedirglielo.
Renzi però non ha rinunciato al suo obiettivo e già manovra per avere la rivincita. All’ultima Leopolda ha detto: “Abbiamo perso quella sfida, ma la rifarei domattina perché era giusta”. Gli ha fatto eco il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda il quale, in una intervista rilasciata il 27 dicembre scorso al “Corriere della sera”, ha dichiarato: “Abbiamo perso la sfida della costruzione di un sistema più forte ed efficiente. Ritengo questo nodo fondamentale in uno scenario internazionale pieno di incertezze. La sicurezza nazionale viene messa a rischio da un sistema che rallenta l’implementazione delle decisioni, favorisce il prosperare di particolarismi e ci trasforma nella Repubblica dei ricorsi al Tar e dei feudi locali. La prossima legislatura dovrà avere al centro questo tema, diventato tabù dopo il referendum. Forse la strada giusta, per aumentare il coinvolgimento delle masse, potrebbe essere quella di un’assemblea costituente”. E aggiunge: “È l’unico modo per aprire in maniera ordinata la terza Repubblica invece di subire la dissoluzione caotica della seconda. Serve un luogo per affrontare le pulsioni diverse emerse dai referendum costituzionale e da quelli in Lombardia e Veneto. Un luogo per porre fine alla Kermesse delle leggi elettorali estemporanee, ridisegnare il rapporto tra esecutivo e legislativo, affrontare il tema di una democrazia efficace, che peraltro affiora in tutti i Paesi occidentali”.
È proprio avendo questa mentalità e questo progetto fascisti, presentati come “democrazia efficace”, che il governo Gentiloni non ha osato mettere fuori legge i gruppi neofascisti e i gruppi neonazisti nonostante abbiano superato il livello di guardia con i blitz squadristici di Como e alla “Repubblica”; che il governo si è astenuto all’ONU su una mozione contro il nazismo appoggiata da 125 paesi; che il presidente della Repubblica Mattarella, con l’avallo di Gentiloni, Alfano e Pinotti, ha fatto rientrare in Italia in segreto e nottetempo la salma del re fascista Vittorio Emanuele III; che il ministro dell’interno Minniti, nuovo Scelba, ha nominato Gilberto Caldarozzi vicedirettore operativo della Direzione investigativa antimafia, già condannato dalla Cassazione per il massacro alla Diaz dei manifestanti di Genova. È fascismo il manganellamento delle masse in lotta, il voto di fiducia del governo su leggi fondamentali come quella elettorale, lo scippo del referendum sui voucher, il bavaglio ai media, l’allargamento del potere della polizia giudiziaria, il restringimento dei diritti della difesa del decreto Orlando sulle intercettazioni, il decreto Minniti sul decoro.
Il capitalismo italiano, come quello di ogni altro Paese, non potrà mai cambiare natura, linea politica e rapporto con le masse, pena la sua autodistruzione. Va spazzato via per non avere mai più guerre imperialiste, fascismo, disuguaglianze sociali e territoriali. Ci vorrà del tempo per accumulare le forze e le alleanze necessarie per liberarcene. Queste forze arriveranno se ci occupiamo quotidianamente dei problemi materiali immediati delle masse, se riusciamo a convincerle della giustezza della nostra proposta strategica del socialismo, se pratichiamo una corretta e larga politica di fronte unito.
Al primo posto della nostra piattaforma rivendicativa dobbiamo mettere i diritti sociali, nell’ordine: lavoro, casa, salute, pensione, istruzione. Lavoro per noi significa anzitutto lavoro stabile, a salario intero a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati, i lavoratori e gli immigrati, per i lavoratori agricoli, compreso i braccianti nelle grandi e medie imprese, per tutte le ragazze e i ragazzi a termine degli studi, e rifiuto di ogni forma di reddito di cittadinanza. Lavoro per noi significa anche abrogare l’articolo sul pareggio di bilancio nella Costituzione, il Jobs Act, il pacchetto Treu, le leggi Biagi, l’art. 8 del decreto legge 138/2011, la legge sulla limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, abolire il precariato, ogni forma di lavoro gratuito o sottopagato, il lavoro a chiamata, il lavoro a termine, il contratto a tempo determinato, il part-time, l’apprendistato, il lavoro a cottimo dei fattorini, il caporalato, significa assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della pubblica amministrazione, parità dei salari e dei diritti per le lavoratrici e i lavoratori, compreso gli immigrati, ripristino della scala mobile, sanatoria per le maestre e i maestri non laureati, aumento sostanzioso dei salari, adeguare gli stipendi di docenti e personale Ata agli standard europei, respingere il salario minimo per legge, difendere il diritto di sciopero, il contratto nazionale di lavoro e battersi contro il welfare aziendale, il contratto individuale e l’accordo interconfederale del 2014 sulla rappresentanza, una legge che garantisca il diritto di scegliere liberamente la propria rappresentanza sindacale e di essere elettori ed eleggibili senza il vincolo della sottoscrizione degli accordi, significa ripristinare l’art. 18 ed estenderlo alle aziende con meno di 15 dipendenti, lavorare tutti ma lavorare meno a parità di salario, ridurre l’orario di lavoro a 32 ore settimanali, indennità di disoccupazione e di inoccupazione anche per le casalinghe senza alcun reddito e che non trovano lavoro. Sul lavoro dobbiamo fare delle campagne cercando di coinvolgere i disoccupati e i giovani. Dobbiamo essere il partito portabandiera del lavoro.
Casa per noi significa diritto alla casa per tutti, soddisfare il fabbisogno abitativo attraverso il riuso e il risanamento di vecchi edifici, l’utilizzo delle case sfitte e la costruzione di nuove case popolari con affitti accessibili a tutti, immigrati e Rom compresi, obbligo da parte delle amministrazioni comunali di pagare l’affitto agli indigenti, divieto degli sfratti fino a che non sia offerta una adeguata abitazione alternativa, specie per le coppie di giovani, di anziani soli, di famiglie con disabili, di famiglie a basso reddito, di immigrati poveri, IMU per le ville, case ricche e per chi ha più case.
Salute per noi significa anzitutto sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e dei medici della sanità e delle masse popolari del territorio, trasformare tutte le strutture sanitarie e private, accreditate e non, comprese le farmacie, in strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, nazionalizzare le industrie farmaceutiche, abolire la libera professione dei medici ospedalieri esercitata dentro e fuori le strutture sanitarie pubbliche, assunzione a tempo indeterminato di un numero sufficiente di infermieri, medici, fisioterapisti ed operatori sociosanitari per coprire e potenziare gli organici di tutte le strutture sanitarie del Paese, non chiudere i piccoli ospedali e i punti di pronto soccorso, abolire tutti i ticket.
Sanità per noi significa anche diritto alla salute delle donne, medicina di genere, consultori pubblici autogestiti in tutte le città, diritto per tutti, ivi compreso le coppie di fatto, omosessuali e singoli, ad accedere gratuitamente alla fecondazione assistita, “omologa” e non, alla “maternità surrogata” nelle strutture pubbliche, libertà delle ricerche e delle sperimentazioni biogenetiche sugli embrioni e sui feti al fine di combattere la sterilità, salvaguardare la salute delle partorienti e dei nascituri, divieto di opporre “obiezione di coscienza” da parte dei medici, libertà di aborto per le minorenni nelle strutture pubbliche senza il consenso dei genitori o del giudice tutelare, nuovi farmaci e biotecnologie accessibili a tutti, farmaci antitumorali gratuiti, diritto all’eutanasia, piena assistenza pubblica e gratuita ai disabili, misure che garantiscano con certezza la sicurezza sul lavoro.
Pensione per noi significa abrogare le controriforme pensionistiche Amato, Dini, Prodi e Fornero, sistema pensionistico pubblico, universale, unificato, a ripartizione, pensione a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne, pensione minima dopo 5 anni di contribuzione, pensione di anzianità dopo 35 anni di lavoro, pensione minima da lavoro non inferiore a un mille euro netti mensili indicizzati, reversibilità delle pensioni per vedove e orfani, eliminare tutti i privilegi pensionistici a favore dei parlamentari, ministri, presidenti delle regioni e delle province, sindaci, assessori, alti burocrati dello Stato e della pubblica amministrazione, grandi manager delle aziende pubbliche e private, pensione di garanzia per i giovani, superare la disparità di genere, valorizzare il lavoro di cura a fini pensionistici.
Istruzione per noi significa soprattutto scuola e università pubbliche, laiche, gratuite governate a maggioranza dalle studentesse e dagli studenti, abrogare la “riforma” Gelmini, la “Buona scuola”, l’alternanza scuola-lavoro, il liceo breve e tutta la legislazione controriformatrice e di tipo privatistico riguardante il riordino dei cicli scolastici, l’autonomia e l’aziendalizzazione delle scuole con i presidi-manager, la parità che eleva le scuole private a “servizio pubblico”, il finanziamento pubblico, sotto qualsiasi forma, alle scuole private e a chi le frequenta, nuovi organi scolastici collegiali e nuovi organi di governo degli atenei in cui le studentesse e gli studenti siano la maggioranza mentre la minoranza deve essere costituita dai rappresentanti del personale docente e Ata, diritto delle studentesse e degli studenti di scioperare, manifestare e indire Assemblee e conferenze pubbliche, scuola dell’obbligo fino a 18 anni, abolire le tasse di iscrizione e l’ora di religione nella scuola pubblica di ogni ordine e grado, abolire il numero chiuso all’Università e ogni altra limitazione per gli accessi e il proseguimento degli studi, abolire le tasse universitarie e i contributi per i laboratori, messa in sicurezza delle scuole e delle università, l’abolizione dei test Invalsi.
Per la difesa e l’avanzamento dei diritti sociali è di fondamentale importanza il lavoro sindacale, che noi dobbiamo svolgere, oltre che nei luoghi di lavoro, nella CGIL, e solo in via eccezionale nei “sindacati di base” dove sono maggioritari, sulla base della strategia del PMLI del sindacato unico delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati.
Una proposta non facile da accettare perché, tra l’altro, richiede lo scioglimento di tutti gli attuali sindacati, confederali e non confederali. Una proposta che va fatta maturare nel tempo con un perseverante e adeguato lavoro organizzato attraverso la Corrente sindacale di classe, composta da militanti e simpatizzanti del PMLI, ai quali si potrebbero aggiungere gli anticapitalisti e antifascisti che condividono la nostra strategia sindacale, anche se non sono d’accordo in tutto o in parte con la nostra ideologia e con la nostra proposta di socialismo.
Non siamo però più soli a sostenere la necessità di un sindacato unico. Alcune forze sindacali, tra cui “Ancora in marcia”, si stanno muovendo in tal senso. Nel loro recente appello dal titolo “Lavoratori di tutto il mondo unitevi” hanno scritto: “Per ora promoviamo un percorso d’azione sindacale unitaria ma l’obiettivo finale non potrà che essere un solo sindacato democratico di classe”. Probabilmente pensano solo all’unificazione di tutti i “sindacati di base”, ma già questo crea un clima che favorisce la nostra propaganda del sindacato unico.
 

La via del cambiamento
Il PMLI vuole cambiare l’Italia, anche tutti gli altri partiti vogliono cambiare l’Italia. Ma allora dove sta la differenza? La differenza sta che i partiti borghesi vogliono cambiare certi effetti del capitalismo, mentre il PMLI vuole rimuovere le cause di quegli effetti che stanno proprio nel capitalismo.
Attualmente vi sono nel mondo filosofi, economisti e storici democratici borghesi che, di fronte alle disuguaglianze, alle guerre, alle migrazioni, ai disastri climatici e ambientali, ritengono che il capitalismo sia superato. Ma le loro ricette, sostanzialmente keynesiane, contrapposte a quelle neoliberiste, che negano l’intervento dello Stato nell’economia, non sono in grado di superare il capitalismo. Producono solo un modello diverso di capitalismo in cui permangono lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi e l’economia, il potere e lo Stato della borghesia.
In effetti il capitalismo è storicamente superato, trovandosi nella sua ultima fase dell’imperialismo, come ha ben spiegato Lenin. Va quindi distrutto attraverso la rivoluzione proletaria. Non è dello stesso avviso “il manifesto” trotzkista, che fa da scudo al capitalismo, sostenendo, attraverso la penna dell’antico imbroglione Piero Bevilacqua, che “oggi l’anticapitalismo non allude a un progetto insurrezionale. Non ci sono più Palazzi d’Inverno da prendere d’assalto”.
Il problema è che il proletariato italiano non ha ancora la coscienza rivoluzionaria per sviluppare la lotta di classe fino all’assalto del nostro Palazzo d’Inverno che è il capitalismo. Perché è stata rigettata in uno stadio pre-marxista come classe in sé non come una classe per sé. Non per colpa propria ma per responsabilità dei revisionisti che l’hanno decomunistizzato, deideologizzato, depotenziato e corrotto col riformismo, l’elettoralismo, il parlamentarismo, il costituzionalismo, il governismo e il pacifismo. Da qui tutti i nostri sforzi, intensificatisi con le ultime commemorazioni di Mao e altri atti, per fargli prendere coscienza di essere una classe rivoluzionaria il cui compito storico è quello di abbattere il capitalismo, prendere il potere politico e instaurare il socialismo. Marx ed Engels ci riuscirono a livello mondiale, Lenin, Stalin e Mao nei rispettivi paesi e non solo. Perché non dovremmo riuscirci noi nel nostro Paese? Sicuramente ci riusciremo se sapremo dare al PMLI un corpo di Gigante Rosso, che è il nostro obiettivo strategico a medio termine.
Come afferma il Documento del Comitato centrale per il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, “viviamo ancora nell’epoca dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria. Bisogna quindi agire di conseguenza. La quarta rivoluzione industriale in atto non cambia quest’epoca. Anzi la conferma e crea migliori condizioni oggettive per la rivoluzione proletaria”.
Le prime tre non sono riuscite a bloccare la lotta di classe, che anzi ha raggiunto tali livelli da allargare il socialismo in un terzo del mondo. Non vi riuscirà nemmeno la quarta perché la lotta di classe può segnare il passo, come attualmente in Italia, ma poi riprende vigore e si sviluppa sempre di più. La robotica, l’intelligenza artificiale, internet, tanto esaltate da Grillo, padre-padrone del Movimento 5 stelle, nel suo concione di fine anno, non possono far nulla contro la lotta di classe. Non esiste un algoritmo, cioè una formula matematica informatica, capace di cancellare le classi e i conflitti di classe, e quindi la rivoluzione proletaria.
I fatti dimostrano chiaramente che niente e nessuno può evitare che si compia lo scontro che avviene nel capitalismo tra le due classi antagonistiche, il proletariato e la borghesia. La borghesia lo sa per esperienza storica diretta, e per questo fa di tutto per attutire questo scontro e per mantenerlo comunque all’interno del suo sistema.
Nelle elezioni, ad esempio, trova sempre il modo di coprirsi a sinistra per non perdere il potere e per impedire che il proletariato e le masse di sinistra rompano con l’elettoralismo, il parlamentarismo e le istituzioni borghesi. È il caso delle elezioni politiche e regionali in Lombardia e Lazio del 4 marzo, dato che il PD di Renzi non ha più il controllo di una grandissima parte dell’elettorato di sinistra, già in fuga dalle urne da quando il PCI, da cui in maggioranza proviene, è andato al governo con la DC del destro Andreotti. Ecco allora che corrono in aiuto della classe dominante borghese in crisi di egemonia ed elettorale ben tre liste di un certo richiamo che si pongono a sinistra del PD per recuperare gli astensionisti di sinistra e riconciliarli con le istituzioni borghesi e quindi col capitalismo.
Queste tre nuove liste, che portano il nome di Liberi e uguali diretta dai rinnegati Bersani e D’Alema coperti dall’ex magistrato liberale Grasso, Potere al popolo e Lista del popolo di Ingroia e Chiesa, fondano il loro programma sulla Costituzione, la supreme legge del capitalismo che impedisce al proletariato e al suo Partito di prendere il potere politico e di instaurare il socialismo per via pacifica e parlamentare. In essa ci sono degli articoli che vanno utilizzati per allargare la democrazia borghese, per difendere i diritti e le libertà delle masse e per contrastare l’interventismo militare all’estero, ma nel suo complesso non potrà mai essere il programma e la strategia del proletariato rivoluzionario e del PMLI.
Ai fini dello sviluppo della lotta di classe e dell’acquisizione della coscienza rivoluzionaria del proletariato e delle nuove generazioni, la più insidiosa politicamente di queste liste è Potere al popolo in quanto è quella maggiormente in grado di riportare nelle istituzioni borghesi le astensioniste e gli astensionisti di sinistra più convinti e combattivi, attratti dalla denominazione della lista che allude a un cambiamento del potere politico, dalla piattaforma politica e sociale, in alcuni punti simile a quella del PMLI, dal movimentismo, dal democraticismo assembleare, dai modi elettorali, dalla parola d’ordine del “controllo popolare” delle istituzioni.
Potere al popolo (non quindi al proletariato) di stampo anarchico e riformista di sinistra, è nata ufficialmente da una recente iniziativa dell’ex Opg “Je sò Pazzo” di Napoli e comprende il PRC, che forse tira i fili dietro le quinte, il PCI, Rete dei comunisti, Eurostop di Cremaschi, Sinistra anticapitalista di Turigliatto, vari centri sociali e movimenti sparsi in quasi tutta Italia, ai quali si sono accodati i Carc che si proclamano eredi delle sedicenti “Brigate rosse” e seguaci di Gramsci. Simpatizzano per essa USB, No Tav, No Tap, No Muos. Dall’estero è sostenuta da France Insoumise, Unidos Podemas e organizzazioni palestinesi.
Partecipano per conto proprio al drenaggio degli astensionisti di sinistra la Lista per una sinistra rivoluzionaria, composta dai trotzkisti PCL e Sinistra classe e rivoluzione, e la lista del PC di Rizzo il quale non ha perso l’antico vizio elettoralista e parlamentarista.
L’astensionismo in generale è il comune nemico di tutti i partiti del regime, nemico anche del M5S trasversale che professa politiche più di destra che di sinistra riformista, rifondato il 30 dicembre scorso su basi presidenzialiste e autoritarie su misura dell’aspirante premier Luigi Di Maio, che si propone di recuperare gli astensionisti di destra e di sinistra, senza i quali ben difficilmente potrà ottenere la maggioranza dei voti per poter governare. Persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è entrato a gamba tesa nella campagna antiastensionista stile Comitati civici di vaticana e democristiana memoria. Nel messaggio di fine anno ha detto: “Mi auguro un’ampia partecipazione al voto e che nessuno rinunci al diritto di concorrere a decidere le sorti del Paese. Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta”. Mentre Di Maio rivendica al M5S di essere “l’ultimo argine all’astensionismo”. Sembra di essere ritornati ai tempi dei Comitati civici di vaticana e democristiana memoria che terrorizzavano e intimidivano gli elettori per spingerli ad andare alle urne.
Mai come in questa tornata elettorale si sono coalizzate le forze parlamentariste di destra e di “sinistra”, alle quali purtroppo si sono associati gruppi e movimenti che praticavano da anni l’astensionismo di sinistra, nel tentativo di invertire la tendenza spontanea all’astensionismo che nelle recenti elezioni regionali siciliane ha raggiunto la vetta del 55,3% dell’elettorato e il 27,5% nelle ultime elezioni politiche del 2013, un record per le elezioni di questo tipo.
Ciò renderà quanto mai dura e impegnativa la nostra campagna astensionista, che va fatta in tutti i luoghi di lavoro e di studio e in tutte le piazze delle città in cui siamo presenti per propagandare le nostre parole d’ordine di cui la principale è “Solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il potere al proletariato”. Due concetti chiave che discriminano nettamente chi sta dalla parte del socialismo e del proletariato e chi sta dalla parte del capitalismo e della borghesia. Contiamo sull’impegno settimanale, se non è possibile quotidiano o bisettimanale, delle compagne e dei compagni di base, dei simpatizzanti del PMLI e di quanti vogliono darci una mano in questa difficile battaglia per mantenere intatto il livello già raggiunto dall’astensionismo nelle elezioni politiche e magari farlo ulteriormente alzare. Sappiamo già che i media non ci daranno alcun spazio, quindi dobbiamo contare solo sulle nostre forze diffondendo il massimo possibile dei volantini, come mai in precedenza in simili circostanze, e facendo dei banchini perché la posta in gioco è molto alta politicamente. Da qui al 3 marzo dobbiamo concentrarci sul volantinaggio astensionista, come unico lavoro politico a livello di base. Studiando bene individualmente e collettivamente, coinvolgendo in questo i simpatizzanti, il documento elettorale del Comitato centrale e cercando di costruire delle Squadre di propaganda dell’astensionismo marxista-leninista. Pertanto dobbiamo rimandare a dopo le elezioni le riunioni sulla parola d’ordine “Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi” e il relativo lavoro.
Per il M5S “la stella polare è garantire agli italiani una migliore qualità della vita”, come ha detto l’ambizioso Di Maio. Troppo poco, questo può farlo anche un partito di destra. Il PMLI invece vuole cambiare radicalmente l’Italia nell’economia, nelle istituzioni, nell’ordinamento giudiziario, nell’istruzione, nella cultura, nell’arte, nella morale, nello stile di vita per dare al popolo italiano una vita senza sfruttamento, oppressione, disoccupazione, povertà, disuguaglianze e guerre. La nostra stella polare non può quindi che essere il socialismo, del quale abbiamo tracciato il disegno nel punto XI del Programma generale del PMLI e nel Rapporto dell’Ufficio politico al 3° Congresso nazionale. Bisogna tenere a mente questo disegno e farlo conoscere alle masse tramite la nostra propaganda, specie elettorale, e articoli su “Il Bolscevico”. È una necessità perché il proletariato e le masse sappiano con chiarezza quali sono i contenuti della nuova società che proponiamo.
Per conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato dobbiamo portare fino in fondo la battaglia contro il capitalismo costi quello che costi e qualunque siano le difficoltà e le prove che ci attendono nella lotta di classe. Questa è la missione che ci siamo assunti al Congresso di fondazione del PMLI. Questa è la responsabilità che la storia ha caricato sulle nostre spalle. Questo è quanto occorre al proletariato per avere il potere politico. Questo è quanto occorre ai giovani per avere un futuro luminoso.
Fra quattro mesi, il 5 Maggio, cade il bicentenario della nascita di Marx. L'occasione richiederebbe una grande celebrazione pubblica da parte del Comitato centrale, purtroppo le nostre attuali forze e risorse non ce lo consentono. Non passeremo comunque in silenzio questo importantissimo Anniversario. Già la Commissione di stampa e propaganda con l’aiuto spontaneo del compagno Erne è al lavoro per produrre un dvd sulla vita e l’opera di Marx. Sarà inoltre prodotto un manifesto e un numero speciale de “Il Bolscevico” dedicato a Marx. Intanto invitiamo le Istanze di base del Partito a prendere delle iniziative, da soli o con altre forze che si riconoscono in Marx, per celebrare pubblicamente Marx il 5 Maggio, come minimo con un banchino o un volantinaggio.
L’eccezionale ed esemplare vita rivoluzionaria di Marx non può non ispirare il nostro impegno politico generale e quello per risolvere gli attuali problemi di Partito che abbiamo di fronte. I nostri compiti rivoluzionari sono diversi rispetto a quelli di Marx, ma l’impegno per assolverli non deve essere inferiore a quello suo. Non lasciandoci condizionare, come ha fatto Marx, da nessun problema personale, familiare, professionale e politico; mettendo sempre gli interessi della causa al di sopra di ogni interesse personale, donando il meglio di noi stessi al nostro amato Partito.
Centosettanta anni fa veniva pubblicato il “Manifesto del Partito comunista”, grande capolavoro rivoluzionario ideologico, politico e storico di Marx ed Engels, che si conclude con un potente grido di battaglia che il PMLI fin dalla nascita lo grida forte in faccia alla classe dominante borghese italiana: “I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono essere raggiunti che con l’abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente. Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare” .
Viva Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao!
Viva il 5° Comitato centrale del PMLI!
Avanti con forza e fiducia sulla via dell’Ottobre verso l’Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI, uniti, concentrati sui nostri compiti rivoluzionari, migliorandoci, risolvendo i problemi ancora aperti, e aiutandoci l’un l’altro vinceremo!
 

17 gennaio 2018