La multinazionale americana Whirlpool annuncia la chiusura dello stabilimento Embraco di Riva Presso Chieri
Gli operai in piazza contro i 537 licenziamenti
Presidi e cortei di protesta in difesa del posto di lavoro

Mentre il nuovo duce Renzi, il premier Gentiloni e il suo tirapiedi Poletti straparlano di “ripresa dell'economia” e di “nuovi posti di lavoro” il 10 gennaio la Embraco di Riva Presso Chieri, azienda della multinazionale americana Whirlpool nel torinese, ha annunciato il licenziamento in tronco dei 537 lavoratori e la chiusura dello stabilimento. “Salvi” per ora solo una quarantina di impiegati dell’amministrazione.
Una beffa per tutti i lavoratori del gruppo che nel corso degli ultimi anni pur di salvare il posto di lavoro avevano accettato i cosiddetti contratti di solidarietà e ingoiato i pesanti tagli al personale che avevano già ridotto di tre quarti i dipendenti.
Immediata la reazione delle Rsu le quali, al culmine di una partecipatissima assemblea, hanno organizzato un lungo e combattivo corteo composto da centinaia di operaie e di operai con al seguito le famiglie che dai cancelli dello stabilimento è giunto nella piccola piazza barocca di Chieri. Cinque chilometri di corteo, in lento cammino attraverso i campi, per raggiungere la statale all’altezza della rotonda di Riva dove i lavoratori hanno bloccato il traffico suscitando la solidarietà e l'appoggio di tutta la popolazione.
Durante il blocco alcuni operai hanno duramente criticato il governo e le istituzioni che non hanno mosso un dito per impedire i licenziamenti: “Il governo ci deve aiutare, non vogliamo gli slogan di questi giorni i ministri parlano di 'ottimi risultati per il lavoro' ma si deve prendere l’impegno di cambiare le leggi che regolano gli investimenti delle multinazionali, che non possono fare quello che vogliono. Qui ci sono intere famiglie che verranno buttate su lastrico, famiglie di nuovi poveri che hanno quaranta o cinquanta anni. Bambini, nuclei famigliari! Siamo i nuovi poveri? È questo il futuro dei lavoratori italiani? Dove troviamo un nuovo posto di lavoro? Moriremo di fame? È questa l’Italia che sta crescendo?”.
Dure proteste si sono alzate dal corteo anche contro gli aiuti elargiti da Finpiemonte, e non solo, alla Embraco negli anni passati. Un fiume di finanziamenti pubblici di oltre 14 milioni di euro iniziato nel 2004 con la giunta guidata da Enzo Ghigo (Forza Italia) che regalò alla Embraco 7,7 milioni di euro, a cui si aggiunsero i 5 milioni del governo Berlusconi e i 550 mila euro della provincia, fino ad arrivare agli oltre due milioni elargiti dal governo regionale di Roberto Cota nel 2014.
Già lo scorso 7 novembre un corteo di protesta dei lavoratori Embraco aveva attraversato Torino per protestare contro i vertici aziendali che avevano denunciato al Tribunale del Lavoro di Torino le Rsu aziendali, e con loro i sindacati metalmeccanici della Uil e della Cgil, per il blocco dei cancelli dello stabilimento iniziato lo scorso 26 ottobre in risposta all'annunciata cancellazione dei contratti di solidarietà con conseguente riduzione dei volumi produttivi.
”Siamo di fronte all’impotenza del sistema paese nel rapportarsi con i poteri economici, in modo particolare con le multinazionali, una bestia che si sta rivelando particolarmente feroce – ha detto Federico Bellono, segretario generale della Fiom di Torino - Ora di fronte a questa fabbrica arriveranno in molti, dato che tra pochi mesi si voterà: a tutti, e in primis al governo che incontreremo, diciamo che di vaghi impegni verbali non ce ne facciamo nulla. Noi continueremo a rompere le scatole alla multinazionale, a creare solidarietà, a rendere difficile la vita a chi impone queste soluzioni brutali. Questa storia si conclude tra 75 giorni. Il governo può e deve muoversi per salvare questa fabbrica che non merita di essere chiusa”.
La verità è che, in nome del massimo profitto capitalista, la Whirlpool vuole chiudere chiudere lo stabilimento di Riva Presso Chieri per portare via la produzione che probabilmente verrà assegnata allo stabilimento di Spisska Nova Ves in Slovacchia dove, per altro, i lavoratori hanno già manifestato e denunciato le brutali condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti.
Insomma è l'ennesima beffa per i lavoratori specie se si pensa che pochi giorni fa il ministro del Lavoro, Poletti, aveva promesso di: “fare tutto il possibile perché Whirpool e l’azienda riconsiderino la decisione. In questa fase non abbiamo subordinate, dobbiamo chiedere che ci sia un piano che consenta di tenere aperto lo stabilimento e continuare a produrre”. Mentre Gentiloni aveva assicurato: “Ci lavoriamo, non vi lasciamo soli. Un pezzetto” di soluzione “già si è trovato, ma bisogna trovare una soluzione” complessiva.
E pensare che nel 2015, dopo la minaccia dello stop delle attività nelle fabbriche di Carinaro (Caserta), Albacina (frazione di Fabriano) e None (Torino) e mesi di trattative, il governo Renzi sbandierò ai quattro venti la firma con Whirlpool di un accordo che escludeva chiusure ed esuberi in tutti gli altri stabilimenti italiani.
Lavoro è ciò che pretendono i lavoratori Whirlpool: è un loro irrinunciabile diritto e non l'illusoria chimera che agitano governo e padronato.

17 gennaio 2018