A Cosenza
Il ponte di Calatrava con i soldi delle case popolari
Partecipata manifestazione di protesta

Inaugurato il 26 gennaio scorso a Cosenza in pompa magna dai politicanti borghesi locali, e in particolare dal sindaco forzista Mario Occhiuto, il ponte dell'architetto Santiago Calatrava.
Si tratta dell'ennesimo costoso e inutile ecomostro che deturpa la città dei Bruzi e l'ambiente circostante e non ha praticamente nessun tipo di utilità ai fini del miglioramento delle condizioni viarie della città, visto che, come dicono i comitati di lotta che hanno avversato il ponte: “collega il nulla al niente”.
Situato sul fiume Crati nella parte orientale della città, fra la zona di via Popilia e viale Mancini ad ovest da un lato e ad est sulla strada statale 107 Silana-Crotonese dall'altro, al di sotto delle franose colline di Zumpano, la costruzione dell'eco mostro, che monta l'antenna più alta d'Europa (ben 104 metri) e peraltro, in spregio alla laicità dello Stato è stato intitolato a San Francesco di Paola, serve da apripista al “sacco di Gergeri”, la mega operazione speculativa immobiliare in odor di 'ndrangheta che riempirà di palazzine residenziali appunto la zona di contrada Gergeri a ridosso del Ponte a tutto vantaggio della potente lobby trasversale (e mafiosa) del cemento.
L'opera venne concepita circa 20 anni fa al tempo dell'allora sindaco Giacomo Mancini (il defunto filomafioso ex segretario nazionale del PSI) quindi realizzata con l'appoggio delle varie amministrazioni comunali e della regione Calabria di destra e di “sinistra” succedutesi negli anni e sarebbe dovuta costare circa 12 milioni di euro, lievitati poi nel tempo ad oltre 20 milioni.
Circa 7 milioni dei soldi spesi per l'opera derivano dai fondi ex Gescal (Gestione Case dei Lavoratori), soldi prelevati dalle buste paga dei lavoratori dagli anni '70 e fino al 1991 che avrebbero dovuto essere spesi per costruire edilizia pubblica residenziale, accessibile appunto a prezzi popolari per i lavoratori e i pensionati.
Il ponte dell'“archistar” Calatrava (presente all'inaugurazione) è stato finanziato inoltre dai fondi dei Programmi di recupero urbano (Pru) che prevedono un insieme di opere pubbliche in quartieri degradati e la costruzione appunto di edilizia residenziale pubblica.
Non vi è quindi alcun nesso, come si vede, tra l'utilizzo di questi fondi e la costruzione del ponte.
Altissimi anche i costi umani della realizzazione dell'opera: il 30 luglio 2017 è infatti morto, dopo quattro mesi di agonia all'ospedale Annunziata della Città, l'operaio Raffaele Tenuta, detto Maurizio, di 53 anni, caduto dal suo mezzo di lavoro mentre lavorava, quasi certamente in nero e comunque sottopagato rispetto alla sua reale giornata lavorativa, tant'è vero che fu inizialmente indotto dai colleghi, sotto ricatto dei padroni, ad affermare di essere caduto da un albero e non di essersi ferito sul lavoro.
La procura di Cosenza, detta anche “il porto delle nebbie”, aprì allora un'inchiesta e iscrisse nel registro degli indagati quattro persone per omicidio colposo e omissione di soccorso: Alberto Chiappetta amministratore della Nuove Pavimentazioni srl, società alle cui dipendenze lavorava Tenuta, l’imprenditore Antonio Chiappetta e due dipendenti della stessa azienda.
Inoltre sui terreni circostanti il Ponte pare fossero presenti, oltre ad una miriade di rifiuti anche idrocarburi, cosa che ha portato alla sbarra oltre al direttore dei lavori anche il dirigente del settore Infrastrutture del Comune di Cosenza Carlo Pecoraro accusati a vario titolo di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico.
Vi è poi la questione di alcune famiglie rom lì stanziate, nella zona, sostanzialmente deportate dalle loro baracche in altre zone con la promessa del pagamento dell'affitto per 5 anni da parte del comune o al limite di un contributo risibile di soli 11 mila euro, per indurli a sgombrare dal loro villaggio.
In contemporanea alla squallida e costosissima inaugurazione (ben 130 mila euro di spesa) hanno manifestato, sfilando dall'Hotel centrale fino a via Reggio Calabria, a ridosso del Ponte, dove li attendeva un imponente spiegamento di “forze dell'ordine”, centinaia di cosentini mobilitati dai comitati cittadini come “Prendocasa” e altri che si occupano dell'emergenza abitativa e del degrado del centro storico, che hanno urlato la loro contrarietà all'ecomostro, accusando Occhiuto e tutte le forze politiche di destra e di “sinistra” responsabili del degrado di Cosenza e di questa immonda opera con slogan e striscioni quali: “Non c'è niente da festeggiare”, “Cosenza saccheggiata”, “Basta speculazioni', “Vogliamo casa, lavoro, diritti”. Tante le bandiere rosse nel corteo. Alcuni manifestanti sono riusciti ad appendere uno striscione sul ponte con su scritto “Gescalatrava”.
Nota ridicola in tutta questa vicenda è quella che riguarda gli ex assessori comunali di Mancini e dell'ex sindaco di “sinistra” Eva Catizone (pupilla di Mancini poi passata con Occhiuto), Franco Piperno e Claudio Dionesalvi, i quali cercano, invano, di nascondere le loro responsabilità politiche e amministrative.
Piperno, uno dei principali imbroglioni politici del '68, passato dal grido “Morte al capitale” al grido “viva la borghesia mafiosa cosentina” (è fatale: ultrasinistra?Ultradestra!) sostiene di aver firmato delibere della giunta Catizone riguardanti il ponte a sua insaputa, perché non conosceva la provenienza dei fondi poi utilizzati per la costruzione, avrebbe dunque firmato solo perché “si fidava della Catizone”.
Il “poeta” Dionesalvi, ex assessore con Mancini, sostiene di aver appoggiato il ponte ma solo perché gli sembrava un'opera “di gioiosa stravaganza all’interno del recupero complessivo, severo e rispettoso, del centro storico di Cosenza”.
Evviva le contestazioni all'inaugurazione del ponte di Calatrava!
Spazziamo via la giunte borghesi, neofasciste e filomafiose del sindaco Mario Occhiuto, quella provinciale del presidente PD Iacucci e quella regionale del filomafioso governatore calabrese del PD Mario “palla-palla” Oliverio!
 

31 gennaio 2018