50 anni fa il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra in Italia
Il Sessantotto rilanciò la lotta per il socialismo ma i falsi rivoluzionari la sabotarono
Il PMLI, erede di quello storico evento, continua a tenere alta la bandiera del socialismo

50 anni fa divampava in tutta la sua forza la Grande Rivolta studentesca, operaia e popolare del Sessantotto, un evento storico grandioso, con al centro l'“autunno caldo” operaio del '69, che scosse l'Italia da cima a fondo dal 1967 ininterrottamente per i successivi quattro anni, e i cui ultimi sussulti arrivarono fino a metà degli anni '70. In occasione di questo 50° anniversario la classe dominante borghese ha rimesso in moto tutta la sua asfissiante macchina propagandistica e scatenato tutti i suoi pennivendoli - con in prima fila i molti ex sessantottini pentiti da essa lautamente premiati e remunerati – per falsificare la storia demonizzando il '68 come culla del “terrorismo” e causa di gravi “storture” e “ritardi” nella scuola, nella giustizia, nei rapporti di lavoro e sociali, che ritarderebbero la modernizzazione e impedirebbero all'Italia di stare al passo con gli altri paesi più evoluti.
E a questo proposito citano lo sfascio della scuola, i magistrati “politicizzati”, lo Statuto dei lavoratori, l'articolo 18, i contratti collettivi, e così via. Oppure falsificano la storia svuotando il '68 di ogni contenuto rivoluzionario e di classe, e liquidandolo come una ribellione giovanile e femminista, una contestazione generazionale per la conquista al massimo di alcuni diritti civili e una maggiore democrazia e libertà sessuale e dei costumi: “Una storia di generazione e amicizia”, secondo l'ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri, già alla corte di Craxi e che oggi scrive editoriali profumatamente pagati sul Foglio della famiglia Berlusconi e su La Repubblica di Calabresi e Scalfari. “Una straordinaria esperienza esistenziale”, per il trotzkista Paolo Flores D'Arcais, oggi direttore di MicroMega del Gruppo Espresso di proprietà del finanziere De Benedetti. “Una lotta per l'eguaglianza e la democrazia”, secondo l'ex leader del Movimento studentesco della Statale di Milano, già parlamentare di PdUP, DP, Verdi arcobaleno e IDV, Mario Capanna.
Il Sessantotto fu invece il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra in Italia. Fu un movimento rivoluzionario che pose apertamente la questione del potere politico da parte del proletariato e del socialismo, tant'è vero che la borghesia si sentì minacciata a tal punto da scatenare contro di esso una reazione violenta e terroristica senza precedenti dalla salita del fascismo al potere, e ancora oggi rappresenta per essa uno spettro da esorcizzare, o per demonizzarlo e criminalizzarlo, o per distorcerlo e ridicolizzarlo.
Fu anche un movimento antirevisionista, almeno per quanto riguarda la maggioranza e di una parte degli operai e dei lavoratori degli studenti, che ispirato e incoraggiato dalla lotta a livello internazionale contro il revisionismo moderno lanciata da Mao e dalla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina, contestava per la prima volta il PCI e il suo vertice revisionista togliattiano e si poneva seriamente la questione della costruzione di un autentico partito marxista-leninista per contenderne l'egemonia sulla classe operaia e le masse lavoratrici e popolari.

Come la borghesia poté domare l'incendio del '68
Se ci si pone la domanda perché non fu possibile compiere questo passo risolutivo per dare uno sbocco rivoluzionario al movimento del '68, lasciando così che la reazione violenta e golpista della borghesia dall'esterno, unitamente all'opera nefasta del PCI revisionista e dei sindacati collaborazionisti dall'interno, riuscissero a far rientrare le lotte operaie e popolari riportandole nell'alveo del riformismo, del pacifismo, dell'elettoralismo e delle istituzioni, occorre tenere presente che il movimento stesso era allora infiltrato ed egemonizzato da ogni sorta di imbroglioni politici, trotzkisti, operaisti, anarchici e “ultrasinistri”, mentre mancavano ancora quasi dieci anni alla nascita, col PMLI, del primo autentico Partito marxista-leninista in Italia.
Non era un fenomeno nuovo, lo aveva constatato lo stesso Marx durante la Comune di Parigi, che ne La guerra civile in Francia , così lo denunciava: “In tutte le rivoluzioni si intrufolano accanto ai suoi rappresentanti autentici, individui di altro conio” .
Il Comitato centrale del PMLI ha spiegato molto bene questa questione nell'importante Documento dal titolo “Viva la grande Rivolta del Sessantotto”, pubblicato nel 1988, ventesimo anniversario dell'Evento.
Se nel movimento operaio era ancora preponderante l'influenza dei revisionisti, nel movimento studentesco era molto forte l'influenza delle idee e tendenze anarcoidi, individualiste, avventuriste, trotzkiste e liberali dovute all'origine di classe piccolo-borghese della maggior parte della popolazione studentesca, nonostante i cambiamenti apportati dalla massiccia immissione di studenti di origine proletaria e contadina negli anni '50 e '60, che fu uno dei fattori scatenanti della Grande Rivolta del '68 nelle scuole.
Molti di questi intellettuali e leader borghesi e piccolo-borghesi che avevano preso posizioni di testa erano in realtà revisionisti mascherati da rivoluzionari, che avevano, come l'ex operaista Paolo Cacciari e l'azionista Vittorio Foa che scrivevano su “Quaderni rossi”, una doppia militanza nel movimento e in partiti come il PSI, il PSIUP, il PCI; oppure collaboravano con giornali borghesi a loro volta collegati a questi partiti, e vestivano i panni di veri e propri infiltrati nel movimento, per pilotarlo verso determinate direzioni politiche, come per esempio l'attuale onnipresente superstar dei media di regime, Paolo Mieli.
Per non parlare dell'operazione di infiltrazione degli ingraiani e trotzkisti de “Il Manifesto”. Persino la FGCI diretta da Petruccioli, che in seguito sarà uno degli sponsor del rinnegato Occhetto nel distruggere lo stesso PCI revisionista, aveva una direzione infiltrata dai trotzkisti che flirtava col movimento, in particolare con Potere Operaio e Lotta Continua, che a loro volta, con in testa Scalzone alleato col Segretario nazionale del PCI Longo, davano indicazione di voto per il PCI, mentre il movimento era orientato per la scheda bianca.

Un esercito di rinnegati e pentiti ben pasciuti
Non a caso tantissimi di questi imbroglioni, che hanno sabotato il movimento del '68 impedendo che gli studenti e gli operai d'avanguardia si unissero in un autentico partito marxista-leninista per dare l'assalto decisivo al sistema e allo Stato capitalista. I primi pionieri del PMLI e i membri dell'Organizzazione che nel 1977 ha dato vita al Partito erano troppo pochi e in poche città per poter influire sul movimento quantunque vi abbiano dato l'anima per chiarire le idee ai rivoluzionari sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
I sabotatori li ritroviamo oggi ai posti di comando più coccolati e remunerati dell'apparato di potere borghese: nei giornali e nelle tv di regime, come Paolo Mieli e Lanfranco Pace (ex Potere Operaio), Lucia Annunziata, Renato Mannheimer e Michele Santoro (ex UCI (m-l) – Servire il popolo), Pierluigi Battista, Gianni Riotta, Giampiero Mughini e Riccardo Barenghi (ex “Manifesto”), Adriano Sofri, Enrico Deaglio, Gad Lerner, Paolo Liguori, Toni Capuozzo, Carlo Panella e Lidia Ravera (ex Lotta Continua).
Li troviamo nel mondo accademico, letterario e delle celebrità borghesi, come Alberto Asor Rosa, Mario Tronti e Massimo Cacciari (ex “Quaderni Rossi” e “Classe operaia”), Mario Capanna (ex MS), Paolo Flores D'Arcais (ex sedicente “IV Internazionale”), e Toni Negri, Oreste Scalzone, Franco Piperno e Massimiliano Fuksas (ex Potere Operaio). E in parlamento, nei partiti e nel governo, a cominciare dal presidente del Consiglio, il sedicente “marxista-leninista” (quando militava nel MLS), Paolo Gentiloni; in degna compagnia con Pier Luigi Bersani (ex Avanguardia comunista), Aldo Brandirali, Barbara Pollastrini e Nicola Latorre, tutti e tre ex UCI (m-l) Servire il popolo, e oggi a servizio il primo di Comunione e liberazione e Berlusconi, la seconda di Orlando e Cuperlo e il terzo del nuovo duce Renzi, peraltro da lui ripagato con una trombatura elettorale. E questo solo per citare alcuni dei nomi più noti.

Le istruttive “memorie” di Cacciari, Flores D'Arcais e Mieli
E' interessante leggere che cosa dicono oggi del loro ruolo a quel tempo tre di questi sopra citati imbroglioni, come Cacciari, Flores D'Arcais e Mieli, nei due numeri di MicroMega di gennaio 2018 dedicato al Sessantotto. La richiestissima star dei talk show televisivi, Cacciari, riconosce che il '68 giunse “fino al punto di porre esplicitamente la questione del potere politico”; per poi però liquidare tutta quell'esperienza storica come un'impresa dilettantesca, in quanto “fu catastrofico pensare di poter avere la forza, pensare che la potenza espressa dal movimento che avevi alle spalle, che ti aveva portato il '68-69, fosse veramente e propriamente rivoluzionaria al punto da consentire di porsi il problema dell'organizzazione del partito rivoluzionario e della gestione del processo rivoluzionario”. Non per nulla, pensandola così già allora, mentre scriveva su “Quaderni rossi” e “Classe operaia”, questo imbroglione frequentava con Negri il PSI, per poi con Asor Rosa e Tronti iscriversi nel '69 al PCI, in cui iniziava la sua brillante carriera politica borghese.
Lo stesso faceva Paolo Flores D'Arcais, che ama definirsi “comunista eretico” e per il quale il '68 fu essenzialmente “una straordinaria esperienza esistenziale” e un “incanto libertario”, e che da buon trotzkista iscritto alla cosiddetta “IV Internazionale” stava nella FGCI e nel PCI ma anche nel movimento studentesco, e più tardi anche nel PSI della corrente di Giolitti e Lombardi, finendo per dirigere per Craxi il centro culturale Mondoperaio . Quanto a Mieli, editorialista storico de La Repubblica , de La Stampa e del Corriere della Sera , altra onnipresente superstar dei talk show, nonché storico ufficiale del regime capitalista, neofascista e anticomunista di professione, in qualità di direttore di Rai Storia , questo è ciò che oggi pensa del '68: “Cinquant'anni dopo, i temi della protesta mi sembrano risibili. Devo ammettere che anche allora mi apparivano tali, perché, come ho detto, la mia era un'adesione di tipo esistenziale: non ho mai creduto che i sogni del Sessantotto fossero veramente realizzabili”.
Niente di strano, visto che come apprendiamo dalla sua stessa penna, all'epoca stava nel movimento e allo stesso tempo scriveva reportage anonimi su di esso per L'Espresso di Scalfari (che “simpatizzava per il movimento”), sotto la supervisione di Mario Scialoja, molto amico di Piperno e Scalzone (poi risulterà che gli passavano documenti confidenziali sulle “Brigate Rosse”), e del cugino di Scalzone, Claudio Petruccioli. L'Espresso faceva quindi da ponte tra settori del PCI e del PSI e Potere Operaio, in cui militava anche Mieli, che a sua volta faceva l'infiltrato nel movimento per conto di Scialoja e Scalfari, al punto da tenere una rubrica fissa, Diario extraparlamentare, firmata con uno pseudonimo.

Il PMLI e la bandiera del '68
Mieli si vanta apertamente di questo ruolo de L'Espresso e suo personale di apprendisti stregoni e manipolatori del movimento: “Svolgevo insomma questo ruolo di cinghia di trasmissione tra il movimento e L'Espresso , cui portavo qualsiasi battito d'ali”. Tra i risultati di questo lavorio egli include il dibattito tra Longo e Scalzone, e il lancio di quest'ultimo e di Mario Capanna (con l'aiuto della Cederna e di Scalfari che allora stava a Milano) come due leader di fama nazionale. “Abbiamo generato leader nazionali senza accorgercene”, dice sornionamente Mieli, che poi aggiunge: “Non a caso L'Espresso avrebbe avuto un ruolo fondamentale anche nella nascita e nello sviluppo del Manifesto . L'allora direttore del settimanale, Gianni Corbi, era molto amico di Aldo Natoli, con il quale giocava a tennis”. Anche l'effimera fusione tra il Manifesto e Potere Operaio fu farina del loro sacco, ammicca sempre Mieli. Il quale, come ultima falsificazione calunniosa della storia, chiude l'articolo sentenziando che le “BR” “venivano da un seme marxista-leninista”.
C'è da stupirsi se con “leader” di questa fatta sia stata sabotata in tutti i modi la costruzione di un partito autenticamente marxista-leninista in grado di dare al movimento del '68 uno sbocco rivoluzionario, mentre tante sincere e preziose energie giovanili rivoluzionarie sono state spinte a bruciarsi inutilmente sull'altare del terrorismo sedicente “rosso”? Ancora oggi alcuni vecchi imbroglioni politici di allora, a cui se ne aggiungono sempre di nuovi, li ritroviamo nei partiti e nei gruppi a sinistra del PD e LeU, la maggior parte dei quali ora sono raggruppati nel cartello elettorale di Potere al popolo, e continuano a spargere illusioni elettorali, parlamentari e riformiste per distogliere i sinceri anticapitalisti dalla lotta per il socialismo.
Ma oggi un partito autenticamente marxista-leninista, che ha ereditato la bandiera del Sessantotto e del socialismo e continua a tenerla ben in alto, esiste, ed è il PMLI. Non a caso ignorato dai media. Oggi i sinceri anticapitalisti possono unirsi ad esso per riprendere in mano quella bandiera e lottare per cambiare l'Italia seguendo la via dell'Ottobre e realizzare quell'ideale che nel '68, checché ne dicano gli imbroglioni e falsi rivoluzionari alla Mieli, Cacciari e Flores D'Arcais, era a portata di mano del proletariato: il socialismo.
Intanto si uniscano a noi marxisti-leninisti per assestare con l'astensionismo cosciente e attivo un colpo ai partiti del regime capitalista e neofascista e a tutti gli imbroglioni e falsi comunisti comunque camuffati. Per combattere ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e pacifista. E per delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi e creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo.
Gloria eterna al Sessantotto!
 
 

7 febbraio 2018