Alle elezioni regionali del 4 marzo
Non votare i candidati governatori e i partiti borghesi al servizio dei capitalisti!
Astieniti contro il capitalismo e per il socialismo!

Documento del Comitato lombardo del PMLI
Il 4 marzo le elettrici e gli elettori della Lombardia saranno chiamati alle urne per l'elezione diretta del presidente della Regione, del Consiglio regionale, in concomitanza con le elezioni nazionali.
Ancora una volta noi marxisti-leninisti lombardi invitiamo il proletariato, le masse lavoratrici e popolari e i giovani a delegittimare le istituzioni rappresentative borghesi impugnando l'astensionismo (disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco). Le istituzioni borghesi regionali hanno dilapidato le risorse economiche e sociali di questa regione per soddisfare unicamente le esigenze affaristiche delle lobby e delle consorterie del grande capitale finanziario lombardo, nazionale ed europeo. L'astensionismo è l'arma vincente, sul piano elettorale, per dare forza all'unico Partito che vuole strappare la Lombardia, come tutto il Paese, al capitalismo, alla classe dominante borghese allo sfruttamento dei lavoratori, al supersfruttamento dei precari, alla schiavizzazione degli immigrati in fuga dalle guerre e dalla fame, al crescente degrado dei quartieri popolari e delle periferie urbane, all’inquinamento dell’aria e del suolo, alla dilagante speculazione edilizia e cementificazione che sottrae terreno all’agricoltura, all'impoverimento di massa, al caro-casa e al caro-affitti, alla discriminazione razzista e schiavista verso i migranti, all'emarginazione degli anziani, al degrado giovanile e in definitiva alle rapaci grinfie delle bande di destra e di "sinistra" della borghesia, interessate unicamente ad accrescere il loro capitale a scapito della maggioranza dei lombardi checché ne dicano i loro referenti politici interessati unicamente ad attrarre voti per sé utilizzando senza scrupoli l'inganno, la demagogia e la menzogna.
La storia e le condizioni attuali della Lombardia, locomotiva economico-finanziaria del capitalismo italiano, dimostrano in modo lampante che la borghesia, i suoi partiti (fra cui anche quelli falsi comunisti) e le sue istituzioni non sono in grado di migliorare la situazione in cui versa la popolazione. Solo la lotta del Partito marxista-leninista italiano, del proletariato, dei lavoratori a tempo indeterminato e precari, dei migranti, dei disoccupati, dei pensionati e degli studenti può migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle masse lombarde. Solo sotto la direzione di tale Partito il proletariato potrà finalmente abbattere il capitalismo e, sulla via dell’Ottobre, conquistare il potere politico, che è la madre di tutte le questioni, per l'Italia unita, rossa e socialista. E così ribaltare l'attuale infelice situazione per dare alla Lombardia, come alle altre regioni del Paese, un volto veramente democratico e mutare radicalmente le condizioni economiche e politiche delle larghe masse lavoratrici e popolari affinché regnino benessere e giustizia sociale.

Bilancio dell'amministrazione fascio-leghista di Maroni
Dopo cinque anni di amministrazione la giunta fascio-leghista guidata dal governatore Roberto Maroni ha fatto tutt’altro che ramazzare lo sporco lasciato del suo predecessore clerico-fascista Roberto Formigoni, proseguendo, assieme al sindaco “arancione” di Milano Giuliano Pisapia, i preparativi per l’EXPO facendosi portavoce degli interessi generali della borghesia, nella spartizione dei lucrosi affari apertisi con “l’occasione d’oro” dell’Esposizione universale.
Assieme a Pisapia, Maroni ha concretizzato innanzitutto lo speculativo progetto EXPO, cominciato ai tempi di Formigoni e della Moratti con lo scandaloso acquisto, da privati, di un'area agricola pagata come edificabile. Secondo alcune stime i terreni valevano 20 milioni di euro, ma Arexpo, società controllata da Regione e Comune, li ha comprati per 160 milioni di euro. Un'operazione a tutto vantaggio dei palazzinari e di Milano Fiera. La gestione dell'evento è stata lasciata direttamente nelle mani del capitale finanziario, immobiliare, industriale e commerciale e la giunta regionale del governatore fascio-leghista Roberto Maroni ne ha facilitato in ogni modo i famelici interessi. Per contrastare tali interessi (senza però riuscire a fermarli) sono intervenuti alcuni magistrati, come Alfredo Robledo (poi trasferito a Torino a seguito della sua denuncia al CSM per le immotivate revoche nelle assegnazioni delle indagini da parte del procuratore Bruti Liberati) con l’arresto di svariati politici e burocrati locali del regime neofascista (per lo stesso Maroni è stato chiesto il rinvio a giudizio), oltre a imprenditori che avevano pagato le tangenti (tra cui spicca il nome di Maltauro), dirigenti di EXPO di altissimo livello come Angelo Paris, all'epoca direttore pianificazioni e acquisti e general manager constructions di EXPO 2015, dell'ingegnere Antonio Acerbo, responsabile unico del Padiglione Italia, sino ad arrivare alla bipartisan cupola a delinquere degli appalti dei faccendieri Frigerio (FI), Greganti (PD), Grillo (FI) e Cattozzo (UDC).
La dilapidazione del denaro pubblico è continuata vergognosamente anche dopo l’EXPO. Le poche risorse che il governo Renzi dà alla Lombardia sono state puntualmente dilapidate da Maroni. 60 milioni vengono destinati (assieme ai 320milioni stanziati da Renzi) a salvare i profitti dei finanziatori (tra i quali Intesa Sanpaolo e Gruppo Gavio) e degli azionisti della fallimentare Brebemi, l’inutile, inquinante e costosissima A35 che si pretendeva realizzare “senza oneri per lo Stato”.
E che dire della Pedemontana, l'autostrada più cara d'Italia e simbolo dei fallimenti della giunta Maroni? L'infrastruttura è costata 5 miliardi di euro ai fondi pubblici ed ora ne è stato chiesto il fallimento. Nel tratto già aperto il traffico è metà del previsto (dato l’altissimo pedaggio) mentre i finanziatori privati, ringraziando, sono svaniti nel nulla. Stessa storia è accaduta per la TEEM (Tangenziale Est Esterna Milano).
Non si trovano i fondi per togliere l’amianto da 800 scuole, ma al contempo vengono regalati 90 milioni di euro al Gran Premio di Formula Uno di Monza in dieci anni. Il trasporto pubblico locale è al collasso e i bus rischiano di restare fermi, ma 50 milioni ad Arexpo per il Fast Post Expo (per realizzare qualche evento estivo nel 2016) li han subito trovati a costo di tagliare le risorse per i disabili.
I fondi pubblici, anche per Maroni, vengono stanziati innanzitutto per gli interessi borghesi (tagliando quelli destinati ai servizi sociali pubblici) come i 500mila euro al 74° Golf Open d’Italia (12-15 ottobre 2017 in campi del Golf Club all’interno del Parco di Monza, cioè in un parco pubblico) o come i contributi annuali al Meeting di Comunione e Liberazione (che tra l’altro si svolge fuori regione, a Rimini), in media 130mila euro l’anno, per la gioia della lobby politico-affaristica di Formigoni, il quale l’ha ben radicata nella Regione-Stato lombarda nei suoi 17 anni di potere.
Al grido di “Roma ladrona” e in nome del federalismo fiscale, il 12 settembre 2016 è stata liquidata Equitalia e la gestione delle tasse lombarde è stata data in gestione alla società privata Duomo GPA, associata alla Publiservizi (società di Caserta in odore di camorra). Appena 10 mesi dopo, la privatizzazione della riscossione tributaria si rivela una colossale frode dal momento che la Duomo GPA viene indagata dalla Procura di Milano per peculato, truffa aggravata e falso in bilancio, dopo la sparizione di almeno 8 milioni dai conti e l’accumulazione di debiti per quasi 20milioni di euro accertata dalla Guardia di Finanza. Alla fine il federalismo fiscale di Maroni si sintetizza con una parafrasi di un noto slogan della Lega Nord: “ladroni a casa nostra”!
Altro spreco di denaro pubblico lo si è avuto col referendum leghista del 22 ottobre 2017 sull’autonomia regionale presidenzialista dove Maroni si è permesso il lusso del voto elettronico che, tra l’altro, rende tecnicamente la consultazione più torbida dal punto di vista della trasparenza rispetto al voto cartaceo: 23 milioni di euro stanziati per i 24mila tablet, più altrettanti 27 milioni spesi per la macchina amministrativa al fine di gestire un referendum consultivo neanche previsto dal Titolo V della vigente Costituzione, Titolo controriformato in senso neofascista e federalista nel 2001.
Lo scopo dichiarato di quel referendum - sonoramente bocciato dagli elettori con una diserzione dalle urne pari al 61,75% degli aventi diritto - era quello di ottenere dallo Stato “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. Quello non dichiarato era l'indipendenza della Lombardia per consentirle di agganciarsi alla locomotiva capitalista franco-tedesca, lasciando alla deriva le Regioni del Sud. A Maroni interessava unicamente fare gli interessi dei capitalisti lombardi le cui associazioni, non a caso, si sono espresse per il Sì dando indicazione di fare altrettanto al PD lombardo che assieme al M5S si sono conformati a quella indicazione di voto assieme a Lega Nord e Forza Italia.
Più in generale Maroni vuole attribuire, alla già vigente dittatura presidenzialista regionale, piena podestà legislativa su sanità, pubblica istruzione, tutela e sicurezza del lavoro, trasporti pubblici, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. L’obbiettivo di chi ha sostenuto il Sì rimane tutt’ora (in barba ai risultati fallimentari del referendum) quello di dare al presidente della Regione, e alla sua giunta, la piena libertà di far tabula rasa del diritto allo studio a totale vantaggio delle scuole private e cattoliche; del diritto alla sicurezza sul lavoro a totale vantaggio del profitto capitalistico; del diritto alla mobilità a vantaggio delle privatizzazioni dei servizi ai trasporti urbani, ferroviari, aerei, fluviali e lacustri; del diritto alla salute con ulteriore imbarbarimento neoliberista con privatizzazioni selvagge a partire dall'assistenza dei malati cronici; del diritto ambientale con la totale deregolamentazione in merito ad inceneritori e discariche e con servizi ambientali e paesaggistici in merito a destinazione d'uso dei terreni a vantaggio della speculazione edilizia per la gioia del capitalismo finanziario e mafioso.
In realtà Maroni non è stato certo fermo ad aspettare che le istituzioni dello Stato centrale concedessero la “devolution” alla Regione di queste competenze. La giunta fascio-leghista si è già portata avanti nel preparare il terreno al futuro allargamento dei poteri del regime presidenzialista e neofascista federato.
Avvalendosi dei suoi poteri dittatoriali, senza nemmeno passare attraverso una discussione in Consiglio e incurante dei dubbi sulla non costituzionalità del suo operato sollevati da più parti attraverso ricorsi al Tar, Maroni sta già modificando radicalmente l'assistenza sanitaria in tutta la regione.
Tutti i pazienti in categoria “cronici e fragili” (e sono oltre 3 milioni) sono invitati (solo una totale potestà legislativa sanitaria del governatore regionale potrà, in seguito, obbligarli) a indicare un “gestore”, che deve essere scelto da un apposito elenco, a cui attraverso un “Patto di Cura” dovranno affidare la gestione della propria salute. Il gestore avrà il compito di predisporre un “Piano di Assistenza Individuale” prevedendo visite ed esami e non potrà essere modificato dal medico di medicina generale che potrà solo proporne delle integrazioni. Il gestore non dovrà essere necessariamente un medico ma potrà essere anche un ente privato che potrà gestire fino a 200mila malati.
La controriforma sanitaria di Maroni prevede che per ogni malato la Regione attribuirà un corrispettivo economico al gestore, il quale se riuscirà a spendere meno potrà trattenere per sé una quota di quanto avanzato. In tal modo risulta evidente come l'obiettivo di un gestore privato - che il paziente non potrà cambiare prima di un anno - non sarà in alcun modo tutelare la salute del paziente ma ottenere, sulla pelle di quest’ultimo, il maggior lucro possibile.
In merito di “devolution” scolastica, Maroni è già entrato in trattativa con lo Stato per chiedere la possibilità di reclutare a livello regionale gli insegnanti attraverso la creazione di un “Albo lombardo” cui le scuole, anche private, potranno attingere direttamente. È prevista inoltre la definizione di un contratto collettivo regionale e, sulla via della privatizzazione della scuola, attuare la completa parità scolastica.
Per quanto riguarda l'università Maroni rivendica la regionalizzazione del Fondo per il Finanziamento Ordinario e la possibilità di creare quello che viene definito un “sistema regionale integrato dell’istruzione superiore e della ricerca” e che di fatto, consentendo l’incentivazione della creazione di nuovi atenei attraverso esenzioni fiscali e l’eliminazione di licenze e autorizzazioni, altro non sarebbe se non un ulteriore regalo ai privati finanziato con soldi pubblici. A tutto questo si aggiunge la richiesta di competenza in materia di disciplina della programmazione universitaria, con particolare riferimento all’istituzione di corsi di studio “in coerenza con le esigenze espresse dal contesto economico, sociale e produttivo lombardo” facendo intendere che l'istruzione e la formazione dovrebbero sempre essere subordinate alle imprese private e il diritto allo studio a totale vantaggio delle scuole private e cattoliche. Queste ultime - per tutto il quinquennio maroniano e in continuità con l’amministrazione formigoniana - sono state lautamente finanziate coi “buoni scuola” e altri contributi per materiale scolastico, mentre le scuole pubbliche vengono private di gran parte delle necessarie risorse e versano nel degrado.
La rete ferroviaria lombarda versa in un fatiscente stato di manutenzione e sicurezza dovuta alla vergognosa gestione di Trenord, società “fiore all'occhiello” dell'amministrazione regionale leghista, che è il primo operatore ferroviario italiano specializzato nel trasporto pubblico locale, nata il 3 maggio 2011 dall’unione di Trenitalia (Divisione Regionale Lombardia) e Gruppo FNM (LeNORD) partecipanti al 50% ciascuna, e al cui vertice nel novembre del 2014 il governatore fascio-leghista Maroni ha piazzato la sua fedelissima Cinzia Farisè.
Per porre fine ai frequenti disservizi, ai quali i pendolari sono costretti a subire pur pagando salato l’abbonamento e il biglietto, sarebbero sufficienti adeguati stanziamenti regionali in bilancio per l’ammodernamento dell’infrastruttura. Ma Maroni ha sempre preferito regalare 900mila euro all’anno a Trenitalia per la tratta Frecciarossa della Milano-Brescia, piuttosto che spenderli per i treni regionali dove assistiamo ogni giorno a guasti, sovraffollamento, ritardi e soppressioni fino ad arrivare al tragico epilogo del deragliamento del treno di pendolari tra Segrate e Pioltello, una strage ferroviaria che ha ucciso tre donne e ferito 47 passeggeri.
Piuttosto che costruire nuove case popolari e vincolare il mercato degli affitti imponendo un tetto massimo di canone accessibile alle famiglie a basso reddito, Maroni ha seguito la dottrina xenofoba del suo partito attuando un giro di vite sull'assegnazione delle case Aler agli immigrati. La giunta fascio-leghista ha approvato il nuovo regolamento attuativo per l'assegnazione degli alloggi popolari secondo il quale non solo sarà data precedenza a chi risiede in Lombardia da almeno cinque anni, ma avrà un punteggio più alto anche chi dimostrerà di vivere da un maggior numero di anni in un determinato comune. Negazione al diritto alla casa, quindi, e istigazione all’ennesima “guerra tra poveri” per scongiurare ogni solidarietà di lotta tra sfruttati ed oppressi contro i loro sfruttatori ed oppressori per i quali Maroni, per cinque anni, si è vantato di aver “governato bene”.

Il candidato Gori
(PD, Più Europa con Emma Bonino, Lombardia Progressista, Insieme, Civica Popolare, Obiettivo Lombardia, Lista Gori)
La maggioranza della borghesia meneghina e lombarda sembra già avere le idee chiare su chi dovrà ricoprire la carica di governatore: il candidato del PD Giorgio Gori. Già oggi è evidente che i “poteri forti” del capitale utilizzeranno i mezzi economici e mediatici di cui dispongono per garantire la vittoria al loro favorito.
Nato a Bergamo il 24 marzo 1960, Gori inizia a interessarsi di politica fin dall'età del liceo quando si iscrive in chiave anticomunista al gruppo studentesco “Azione e Libertà” vicino al PRI e al PLI. A più riprese collabora con Vittorio Feltri prima a Radio Bergamo e poi come giornalista alla testata “Bergamo Oggi”.
Dopo la laurea in architettura entra nel mondo della televisione grazie all'amico Lorenzo Pellicioli ai tempi amministratore delegato di Rete 4 del gruppo Mondadori che nel 1984 passerà alla Fininvest, l'attuale Mediaset, del piduista Berlusconi. Grazie alle sue simpatie craxiane diviene assistente di Carlo Freccero capo del palinsesto e inizia quindi una rapida scalata ai vertici delle aziende del gruppo di Berlusconi divenendo in breve tempo prima responsabile del palinsesto delle tre reti televisive e poi direttore di Canale 5 e Italia 1.
Quando Berlusconi “scende in campo” in politica nel 1994 si dichiara “contrario all'uso politico della tv” ma nonostante ciò con il suo silenzio-assenso tutte le sue star televisive fecero palese campagna elettorale per Forza Italia.
Nel 2001 inizia un'attività imprenditoriale fondando insieme a Ilaria Dallatana e Francesca Canetta la casa di produzione televisiva “Magnolia” specializzata in prodotti di intrattenimento borghese, che curerà programmi televisivi soprattutto importati dall'estero come “L'Isola dei famosi”, “Master Chef” e “X Factor”, azienda che continua a guidare anche dopo che nel 2007 viene rilevata dalla De Agostini attraverso la consociata Zodiac, il terzo gruppo al mondo per la produzione di contenuti audiovisivi.
Nel 2011 decide di lasciare l'attività imprenditoriale e si iscrive al PD dove inizia subito a occuparsi di comunicazione per il nuovo duce Renzi, al quale insegna come padroneggiare l'uso dei media per scalare il potere politico. In occasione delle primarie PD del 2012 coordina i “Comitati Renzi” della provincia di Bergamo e partecipa al coordinamento di quelli lombardi. Nel 2013 tenta senza successo di farsi eleggere al Senato ma l'anno successivo diventa sindaco di Bergamo vincendo il ballottaggio con il sindaco uscente Franco Tentorio.
Appena eletto si rende subito protagonista di uno scandalo che avrebbe riguardato l'affitto ad alcuni suoi amici di alcuni parcheggi sulle mura venete, considerate dall'Unesco “Patrimonio dell'umanità”. Successivamente vara un'ordinanza restrittiva degli orari dei locali notturni per motivi di “sicurezza”, inizialmente sospesa dal TAR. Decide poi, in difformità da quanto dichiarato in campagna elettorale, di riprendere i lavori per la costruzione del contestato maxiparcheggio in via Fara nella Città Alta che aveva rischiato di far crollare la Rocca soprastante, progetto da sempre contestato dagli abitanti, dalle associazioni ambientaliste e dai comitati locali, con i quali Gori rifiuta un reale confronto. Nel 2016 si esprime contro la cancellazione della cittadinanza onoraria a Mussolini e per questo viene duramente contestato nelle manifestazioni del 25 Aprile. Nel 2017 dichiara, assieme al sindaco di Milano Giuseppe Sala, di votare Sì al Referendum sull'autonomia lombarda.
Il punto di riferimento, che ispira i suoi programmi futuri da governatore, è dichiaratamente il penultimo presidente regionale lombardo, Formigoni. “L'attuale senatore di Alleanza Popolare Formigoni, in 18 anni di governo - ha dichiarato Gori durante un faccia a faccia con Giovanni Minoli su La7 - ha espresso un'idea forte della politica: lo Stato non deve soffocare la società ma deve favorire il suo fiorire". Gori (e il PD di Renzi che lo sostiene) intende far rifiorire, come nella per lui idilliaca “era Formigoni”, degli interessi della classe dominante borghese e del suo malaffare di corruzione e ruberie ad ulteriore discapito dei bisogni delle masse lavoratrici, giovanili, femminili e popolari che vivono sempre più sfruttate ed oppresse in Lombardia.

Il candidato Fontana
(LN, FI, Fd'I, Noi con l'Italia, Energie per la Lombardia, Pensionati, Fontana Presidente)
Qualora Gori non ottenesse il consenso elettorale necessario, l’alternativa sarà comunque quella di un garante dei medesimi sopraccitati interessi: Attilio Fontana, candidato governatore direttamente da Berlusconi e Salvini per il “centro-destra” del regime neofascista, probabilmente su indicazione degli stessi “poteri forti” del capitale finanziario sostenitori di Gori.
Fontana nasce a Varese il 28 marzo 1952. Avvocato, condivide uno studio legale con Luca Marsico consigliere regionale di Forza Italia. Il suo debutto nella scena politica risale al 1995 nelle file del neonato partito razzista e secessionista della Lega Nord, nella veste di sindaco di Induno Olona (Varese), prima di entrare nel palazzo della Regione Lombardia dal 2000 al 2006 eletto come consigliere regionale e presidente del consiglio regionale.
È politicamente molto legato a Maroni ma anche a Giancarlo Giorgetti, segretario nazionale della Lega Lombarda dal 2002 al 2012, capogruppo per la Lega Nord alla Camera dei Deputati per la XVII legislatura.
Nel 2009 Fontana è stato nominato vicepresidente vicario della Fiera di Milano. E sempre in quell'anno è stato eletto presidente di ANCI Lombardia. La simpatia e il sostegno che Maroni nutre nei confronti di Fontana spingono alla sua candidatura come sindaco di Varese nel 2006, un periodo difficile per il partito di Bossi e Maroni che usciva a pezzi dallo scandalo “Sex Gate” che vedeva coinvolto il sindaco dimissionario, il leghista Aldo Fumagalli, travolto dalle inchieste giudiziarie, seguite poi alla condanna a 4 anni di carcere per peculato e concussone. Così in quello stesso anno diventa sindaco di Varese, carica che ricoprirà fino al 2016. Sono proprio gli anni del suo incarico da neopodestà della Città Giardino che daranno di Fontana un chiaro quadro politico: non nasconde di dichiararsi apertamente un “leghista borghese” in quanto appartenente alla classe dei borghesi e di difendere e tutelare gli interessi della sua classe, così si è espresso nell'intervista rilasciata il 15 gennaio al giornale “La Prealpina”. E gli intessi della sua classe, a scapito del proletariato e delle masse popolari, Attilio Fontana li ha fatti eccome nel suo decennio di governo, a cominciare dalle speculazioni edilizie e cementificazioni selvagge ai tempi dei mondiali di ciclismo del 2008 con soldi finiti nelle tasche di palazzinari del calibro di Ligresti e Polita per la costruzione di mega-alberghi di lusso in zone a rischio idrogeologico, miliardi di euro di soldi pubblici regalati da Fontana e dalla sua giunta fascio-leghista a questi figuri mentre quartieri popolari di Varese come San Fermo e Valle Olona venivano lasciati al degrado e interi quartieri periferici della città si trovavano alluvionati a causa dei mancati lavori di rafforzamento degli argini del fiume Olona.
Nello stesso periodo in cui venivano regalati questi soldi ai privati, Fontana si adoperava per chiudere diverse scuole pubbliche elementari della città, in particolare la Mameli, la Foscolo, la De Amicis, la Cairoli e la IV Novembre. Questa chiusura rischiò di portare allo scorporamento degli alunni in altri edifici scolastici lontani da casa con immancabili disagi per genitori e ragazzi. Ma l'opposizione di insegnanti, genitori e alunni fece fallire il progetto.
Non dimentichiamoci poi della vendita ai privati, per ripianare i conti del Comune, di numerose azioni delle aziende municipalizzate.
Devastanti i piani di riqualificazione del territorio, in particolare per spazi e luoghi di socializzazione delle masse, centri commerciali, sale video poker e McDonald’s (quello di Masnago a poche centinaia di metri da alcuni licei della città) sono un'altra delle chicche cui Fontana ha legato il concetto di socialità al concetto di consumismo, il tutto per la gioia dei capitalisti.
Tentativi ci sono stati da parte delle masse, in modo particolare giovanili, di emanciparsi da questa gabbia e di creare spazi sociali autogestiti liberi dalla logica del profitto capitalista, ma la risposta del fascio-leghista Fontana è stata la repressione e il manganello. Un esempio per tutti fu nel 2010 il brutale sgombero da parte delle "forze dell'ordine" col supporto di militari, voluto dal neopodestà Fontana e diretto dal questore di allora Marcello Cardona, dell'ex discoteca di viale Valganna a Varese occupata dal "collettivo di autogestione della selva". Ma la repressione di Fontana non si è rivolta solo ai giovani, anche chi vive quotidianamente ai margini della società, reso disperato e indigente dal capitalismo è entrato a far parte della guerra personale di Fontana contro i mendicati, definiti da egli stesso “una piaga”, tanto da arrivare a chiedere al governo centrale poteri di allontanamento dalle città nei confronti dei “questuanti recidivi”, una richiesta che avrebbe fatta da apripista a quelli che oggi sono i “daspo urbani”.
Sul piano politico, pur tentando di spacciarsi come moderato all'interno della Lega Nord, non ha perso occasione per offrire il fianco all'estrema destra e ai movimenti nazifascisti cittadini, forse, anticipando in questo, quello che su scala nazionale ha intrapreso il suo nuovo caporione politico, l’istigatore xenofobo Matteo Salvini.
Tra l'intitolazione dei giardini pubblici al filosofo del fascismo Giovanni Gentile, una piazza al monarchico-fascista e golpista Edgardo Sogno, la concessione alla peggior feccia nazifascista (DO.RA., Casapound, Forza Nuova) di sfilare in stile paramilitare per le vie di Varese per omaggiare i “martiri” delle foibe (corteo a cui partecipano ogni anno anche gli esponenti leghisti) e il via libera all'apertura di sedi nazifasciste sul territorio, Fontana è diventato di fatto il portabandiera della destra nazifascista, storico-revisionista, razzista, omofoba (negando il patrocinio del Comune e ostacolando in ogni modo il Gaypride a Varese).
E così arriviamo ai nostri giorni, Fontana oggi è il candidato del “centro-destra” alla carica di governatore. Le sue prime esternazioni per il via alla campagna elettorale per la regione non lasciano dubbi sul suo demagogico programma politico, libero da ogni remora retorica e perfettamente allineato con le posizioni della Lega che strizzano sempre più l'occhio all'elettorato dell'estrema destra, promettendo l'espulsione dalla Lombardia di centomila immigrati, la vigilanza e la repressione sulle Moschee, il tutto nel nome della difesa della “razza bianca” e contro la millantata sostituzione etnica, farneticazioni degne dei nazisti e del Ku Kluk Klan. Ma il suo punto principale è l'autonomia presidenzialista regionale propugnata dal suo predecessore Maroni. Questo è il vero programma elettorale che Fontana e soci al di là delle loro false promesse hanno intenzione di rendere operativo.

Il candidato Rosati
(Liberi e Uguali)
Onorio Rosati, nato a Fogliano Redipuglia il 16 ottobre 1963, inizia la sua attività nel 1986 come sindacalista nella FILPT CGIL, il sindacato delle poste e delle telecomunicazioni, come delegato prima dell'ASST e successivamente di Telecom entrando poi nella segreteria nel 1990 e divenendo Segretario generale nel 1998.
Nel 2002 entra a far parte della Segreteria della Camera del Lavoro di Milano, con l'incarico di seguire le problematiche del mercato del lavoro, del settore artigiano e della formazione professionale. Successivamente è delegato ai rapporti con le Istituzioni Pubbliche Locali, con Assolombarda, Api, Camera di Commercio dove non perde occasione per portare avanti la linea riformista propria dei vertici sindacali. Prosegue quindi la sua scalata ai vertici e nel 2006 viene eletto Segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano.
Alle Regionali del 2013 lascia l'incarico sindacale per dedicarsi alla politica attiva e viene eletto consigliere nelle liste del PD dove, nei cinque anni di mandato, non si distingue certo per aver assunto posizioni particolarmente di “sinistra” rispetto alla linea ufficiale del suo partito.
Nel 2017 decide di lasciare il PD dopo le “primarie” che assegnano al nuovo duce Renzi un secondo mandato e aderisce a “Liberi e Uguali”, il partito guidato dal magistrato borghese e liberale di sinistra Grasso, che decide di candidarlo alla carica di Presidente regionale dove la formazione politica ha deciso di correre da sola.
L'apparente contrapposizione al candidato renziano Gori nasconde in realtà il tentativo di drenare il fiume di voti astensionisti che tutti temono, come dimostra anche il fatto che nel dichiarare la candidatura di Rosati “Liberi e Uguali” aveva ribadito l'intenzione di non voler essere considerata fuori dal “centro-sinistra” lasciando sottintendere un possibile accordo post elettorale.

Il candidato Violi e altri
Infine, per trattenere in particolare i voti astensionisti il Movimento 5 Stelle (M5S), oltre a presentare la sua lista di potenziali consiglieri, candida a governatore Dario Violi, nato a Costa Volpino, nel bergamasco, 32 anni fa. Dopo esperienze di volontariato all'estero, soprattutto in Sudamerica è tornato a Bergamo dove si è occupato di formazione professionale e degli incentivi alle imprese. Attualmente consigliere regionale per il Movimento 5 Stelle in Lombardia ha sostenuto il referendum autonomista leghista (di cui sopra) rivendicandone la primogenitura ed è stato lui a proporre, per il suo svolgimento, il voto elettronico con tutto ciò che ne è derivato.
A tentare d’accalappiare voti per un seggio consiliare, con una formale candidatura a governatore, ci sono anche:
Massimo Gatti (già revisionista del PCI poi passato al PDS, ai DS, e infine al PRC), ex consigliere provinciale milanese del PRC, candidato per il carrozzone neorevisionista e trotzkista della “Sinistra per la Lombardia” (“Potere al Popolo”); Giulio Arrighini per “Grande Nord”, lista civetta fondato da “ex” fascio-leghisti; Angela De Rosa , portavoce milanese dell’organizzazione squadristica dei “fascisti del terzo millennio” CasaPound (incostituzionalmente tollerata dal vigente regime neofascista).

La proposta del PMLI
Quanto abbiamo descritto è la riprova che perdurando il capitalismo è impossibile che le regioni siano governate dal popolo e al servizio del popolo perché restano inevitabilmente succubi della volontà e degli interessi dei grandi capitalisti, locali come nazionali, vincolati alle leggi dello Stato borghese, sottoposti ai governi di livello superiore ed esecutori locali delle loro politiche di lacrime e sangue.
Le istituzioni rappresentative borghesi vanno quindi smascherate, delegittimate, indebolite, disgregate anche attraverso l'astensionismo cosciente, anticapitalista, antifascista, antirazzista, antiomofobo. Ma l'astensionismo elettorale non basta, occorre combatterle ogni giorno unendosi in un organismo politico di massa. Per questo il PMLI propone all'elettorato di sinistra, anche a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, di creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta e con rappresentanti revocabili in qualsiasi momento dalle assemblee popolari territoriali.
Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari (che sono a carattere permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle masse fautrici del socialismo, da non confondersi con i comitati di lotta o altri tipi di comitati, come i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc., in genere a carattere temporaneo e fondati su questioni particolari e specifiche) è quello di guidare le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano alle masse l'autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.
Il PMLI rilancia inoltre alcune delle rivendicazioni principali che muovono la propria azione politica e invita le masse lavoratrici e popolari lombarde, compresi i migranti, anche se d'accordo solo con alcune di esse, ed indipendentemente dalla loro collocazione politica e partitica, salvo la pregiudiziale antifascista, a battersi sul terreno della lotta di classe e di piazza per strappare ai futuri rappresentanti della borghesia che si insedieranno a Palazzo della Regione una serie di rivendicazioni politiche, economiche e sociali:

LAVORO
Varare un concreto piano occupazionale per il territorio regionale, con risorse concrete per il diritto fondamentale a un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.
Interventi per salvaguardare le fabbriche a rischio di chiusura, fino all’espropriazione e acquisizione pubblica da parte della Regione o dello Stato.
La Regione deve inoltre farsi garante del lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato con la stabilizzazione dei precari (così reintegrando il turn-over e adeguando gli organici alle necessità dei servizi) e la creazione di nuovi posti di lavoro stabili tramite la reinternalizzazione dei servizi regionali attualmente esternalizzati ad appalti privati.

CASE, INFRASTRUTTURE, PERIFERIE
Rilanciare l'edilizia popolare e pubblica. La Regione deve requisire le case sfitte da oltre un anno, i locali dismessi e inutilizzati e i palazzi nelle medesime condizioni da destinare, dopo i necessari lavori, alle famiglie sfrattate e senza casa, indipendentemente dalla cittadinanza e dagli anni di residenza.
Il divieto degli sfratti fino a che non sia offerta un'adeguata abitazione alternativa, specie per gli anziani e le famiglie a basso reddito.
Il divieto di rilasciare concessioni edilizie per insediamenti abitativi in vicinanza di elettrodotti.
Tutelare l'ambiente con l’istituzione di parchi naturali regionali impedendo la costruzione di inutili ed inquinanti viadotti autostradali e smantellando quelli esistenti come Brebemi, Pedemontana e TEEM.
Nuovo Piano Territoriale che impedisca la speculazione edilizia, che salvaguardi il patrimonio naturale, agricolo e paesaggistico e che dia la priorità urbanistica al risanamento delle piccole località, delle frazioni periferiche e dei quartieri popolari dell’hinterland.

TRASPORTI
Forte potenziamento e prolungamento degli orari del trasporto pubblico su gomma e su rotaia con mezzi non inquinanti e per tariffe e abbonamenti a costi popolari e unificati su tutta la rete regionale (non si può sensatamente parlare di ridurre traffico e inquinamento senza partire da questi presupposti volti a disincentivare l’utilizzo dell’automezzo privato).

SCUOLA
La Regione deve dotare le scuole di biblioteche, sale di lettura e strutture attrezzate gratuite al servizio degli studenti per attività informatiche; installare mense scolastiche gratuite con cibo di qualità. Negazione di ogni risorsa economica pubblica alle scuole private e cattoliche come, tra l’altro, già previsto dall’Art.33 della vigente Costituzione.

GIOVANI
Finanziamenti e incentivi economici ai Comuni per la creazione di centri giovanili autogestiti, di strutture sociali, ricreative, culturali e sportive pubbliche da dare in gestione direttamente e gratuitamente ai giovani.
Trasporti pubblici e gratuiti per i giovani senza lavoro e gli studenti.

MIGRANTI E NOMADI
Prevedere presso le scuole pubbliche, in orari extra scolastici e extra lavorativi, corsi di lingua italiana gratuiti per immigrati adulti.
Organizzare incontri pubblici, nelle piazze e nei quartieri popolari, per favorire la fraternizzazione e la socializzazione tra le varie comunità straniere e quella italiana.
Costruire per i nomadi in sosta temporanea, strutture di soggiorno in muratura attrezzate di servizi, e per l'assistenza sanitaria, per la raccolta di rifiuti, e collegate con i mezzi di trasporto pubblici. Per gli stanziali attuare piani di inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica nel territorio di competenza.

ARTIGIANI E COMMERCIANTI
Messa a disposizione di immobili di proprietà pubblica da affittare a prezzo politico per iniziative e attività artigianali, turistiche e di piccolo commercio, fiscalmente incentivate, al fine di evitare l'abbandono delle arti e dei mestieri tradizionali. Semplificazione delle pratiche e incombenze amministrative, contabili, fiscali e burocratiche.

LGBTQI
Parità di diritti e trattamenti sociali, economici e fiscali per le coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali.
Diritto, anche per le famiglie di fatto, comprese le coppie omosessuali, lesbiche, transessuali, di accedere ai bandi di concorso per l'assegnazione delle case popolari.

ANTIFASCISMO
Nessuna piazza, strada, spazio pubblico, come nessun monte, bosco, colle, valle, o campo del territorio lombardo dev'essere concesso ad organizzazioni di matrice nazista e fascista; sciogliere tutti i gruppi fascisti e chiudere i loro covi e deferirli alla magistratura in ottemperanza alla legge n. 645/1952 contro la ricostituzione del disciolto partito fascista e alla legge n. 205/1993 contro organizzazioni razziste e xenofobe.
 
Lottiamo per la vittoria dell'astensionismo anticapitalista e per il socialismo! Creiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo!
Solo il potere politico al proletariato e la conquista del socialismo consentiranno che le regioni siano governate dal popolo e al servizio del popolo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Il Comitato lombardo del PMLI
Milano,

10 febbraio 2018