Manifestazioni in diverse città contro le basi militari imperialiste
Il governo del Niger dice due volte no alla missione militare italiana

 
Che la missione militare italiana in Niger fosse un'avventura complessa nella quale il governo Gentiloni si era tuffato a capofitto per sventolare il tricolore imperialista nella regione del Sahel lo si era capito fin dall'inizio. Lo confermano le nuove dichiarazioni contrarie all'arrivo di militari stranieri nel paese da parte di due ministri del governo di Niamey. E l'avvio della missione che preparava l'insediamento dei primi 100 soldati a giugno si blocca.
Il ministro dell'Interno nigerino Mohamed Bazoum il 9 marzo dichiarava, come già due mesi fa il suo collega agli Esteri, che riteneva “inconcepibile” la missione militare italiana e sosteneva di aver appreso la notizia dell’invio dei militari “dai media, perché non ci sono mai stati contatti in merito tra Roma e Niamey”. Il ministro della Guerra Roberta Pinotti aveva consegnato al Parlamento, durante la discussione che il 17 gennaio scorso aveva dato il via libera all'intervento militare, due lettere di richiesta firmate dal collega nigerino Kalla Moutari che chiedevano la cooperazione dell'Italia “per l’addestramento per il controllo dei confini”. Bazoum ribatteva che si poteva quindi pensare a una “missione di esperti, senza ruoli operativi” e in ogni caso non di un contingente di quasi 500 militari come previsto.
La decisione di mandare contingenti armati in Niger è stata presa dal governo italiano il 28 dicembre scorso e il primo ministro Gentiloni aveva spiegato che “andiamo in Niger per una richiesta del governo locale, che abbiamo ricevuto a dicembre e che riguarda quello che facciamo di solito in paesi come la Libia: rinforzare gli strumenti di controllo del territorio e delle frontiere e le forze di polizia locale”. Ma già a fine gennaio l'emittente Radio France Internationale rilanciava le dichiarazioni di diverse fonti anonime interne al governo di Niamey che sostenevano di “non essere stati consultati né informati” e di “aver detto agli italiani attraverso il nostro ministro degli esteri che non siamo d'accordo”. La presidente del Front del l’opposition indépendant (Foi), Mariama Gamatiè, una formazione nata due mesi fa per chiedere la chiusura delle basi straniere denunciava che la missione italiana “non è stata discussa dal parlamento, né tanto meno approvata”.
La preparazione della missione andava comunque avanti e da Roma partivano i primi militari che studiavano la collocazione del contingente italiano all'interno della base americana alla periferia della capitale in base all'intesa tra i vertici militari italiani e il comando Usa Africon. Una scelta che forse non era del tutto condivisa dal governo francese che in qualità di ex potenza coloniale e di guida della coalizione imperialista che opera nell'area avrebbe voluto i soldati italiani in prima linea nella base di Madama, ai confini con la Libia, e comunque alle loro dipendenze.
Le ostilità dichiarate da membri del governo di Niamey potrebbero essere state sollecitate dal padrino imperialista francese, resta il fatto che la presenza militare straniera che già annovera contingenti francesi, americani e tedeschi trova una crescente opposizione nel paese.
Lo provano le manifestazioni del 25 febbraio contro le basi militari, con migliaia di manifestanti in piazza in varie città indette dai partiti di opposizione e da tre centrali sindacali. La manifestazione principale si è svolta nella capitale, sede del più importante comando operativo per i droni americani in Africa e di un migliaio di uomini delle forze speciali. Partecipati anche i cortei a Zinder e Maradi nel centro-sud, Tillaberi e Tahoua nell'ovest e Dosso al sud. Nel paese ci sono 4 basi della Francia (Niamey, Aguielal, Madama e Diffa) e oltre 4 mila uomini; 5 basi degli Stati Uniti (Niamey, Agadez, Aguelal, Zinder e Dirkou) e 2 della Germania (Niamey e un distaccamento a Diffa, insieme a reparti francesi).
Ai primi di febbraio il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva dichiarato che “il dispiegamento della missione non può che avvenire su richiesta delle autorità nigerine e sulla base di consenso per rispettare profondamente la sovranità del Niger”. A quanto pare l'intesa tra i due governi non è ancora andata a buon fine e passerà in carico al nuovo governo ma intanto la missione considerata una priorità dall'imperialismo italiano andava avanti lo stesso, fino allo stop arrivato da Niamey.

14 marzo 2018