Alle elezioni regionali l'elettorato sfiducia i partiti del regime capitalista e neofascista
Astensionismo al 35,4% nel Lazio
Il M5S, secondo partito dopo l’astensionismo, si ferma all’11,7% degli elettori. Tracollo del PD. Il “centro-destra” perde centinaia di migliaia di voti. Il governatore Zingaretti (PD) riconfermato con solo il 21,3% degli elettori e senza maggioranza in consiglio.
Solo il socialismo e il potere al proletariato possono cambiare le regioni e l'italia

Insieme alle elezioni politiche, il 4 marzo 2018 si sono tenute anche le elezioni regionali nel Lazio. Alle urne erano chiamati quasi 4 milioni e 800 mila elettori, ma ben oltre un terzo di essi le ha completamente disertate.
L’astensionismo totale (diserzione dalle urne, schede nulle e bianche) si attesta infatti al 35,4% con un incremento rispetto al 2013 del 4,2%. Si tratta di ben 1.692.060 elettori che hanno oggettivamente sfiduciato tutti i partiti del regime capitalista e neofascista in lizza.
La diserzione dalle urne, di gran lunga la più significativa e impegnativa per l’elettorato, ammonta al 33,5% degli elettori. Ciononostante la vittoria schiacciante dell’astensionismo è stata come di norma completamente oscurata dai mass media e dai partiti del regime.
Eppure le elezioni regionali del Lazio, seppur parzialmente oscurate dalle elezioni nazionali, rivestivano un’importanza rilevante. Per il numero di elettori coinvolti; per essere la regione della capitale italiana peraltro amministrata da due anni dal Movimento 5 Stelle attraverso la sindaca Virginia Raggi e la sua giunta; per essere da tempo al centro di tutta una serie di inchieste e indagini che riguardano appalti e rifiuti, “spese pazze” dei consiglieri regionali, nonché teatro di attività mafiose per esempio sul litorale romano.
Dietro all’astensionismo, il primo partito della regione è divenuto il M5S superando sia il PD che Forza Italia, col 22,1% sui voti validi, che corrispondono però all’11,7% sull’intero corpo elettorale, guadagnando, rispetto al 2013, l’1,9% dei voti. C’è peraltro da rilevare che il M5S prende alle regionali circa 11 percentuali in meno rispetto alle elezioni politiche concomitanti. Ciò sta a significare che l’elettorato sceglie di differenziare il proprio voto anche nella stessa giornata in base al tipo di competizione, di candidati in lizza e della necessità di lanciare segnali ai vari partiti. In questo caso specifico mentre a livello nazionale il M5S è stato premiato anche per punire i partiti maggiori quali PD e Forza Italia, a livello locale invece non è andata allo stesso modo. Forse ha voluto far pagare al M5S proprio l’esperienza governativa fallimentare al comune di Roma. Si deve considerare peraltro che la stragrande maggioranza degli elettori laziali sono concentrati nell’area metropolitana di Roma che infatti elegge 38 consiglieri su 50.
Il risultato non brillante del M5S è stato parzialmente occultato dal tracollo degli altri partiti. In particolare il PD perde addirittura un terzo dei suoi elettori passando dal 17,5% degli elettori all’11,3% (-6,2%). Una perdita non riassorbita dai voti ottenuti da Liberi e Uguali di Grasso e Bersani che si è fermato appena all’1,8%. Senza contare i voti liberati da Sinistra Ecologia e Libertà di Niki Vendola, non presente in questa consultazione, che nel 2013 di voti ne aveva ottenuti il 2,2%.
Stessa sorte per la lista Potere al Popolo che ha ottenuto solo lo 0,7% dei consensi, pari a 33.372. Non è riuscita nemmeno a recuperare i voti andati nel 2013 a Rivoluzione civile di Ingoia, per non parlare di quelli di Sel.
Il “centro-destra” complessivamente perde centinaia di migliaia di voti. Avanzano la Lega Nord di Salvini (+4,6%) e Fratelli d’Italia della Meloni (+2,3%) ma a scapito di Forza Italia che perde ben il 4,7% dei voti rispetto al 2013 e non riuscendo che in minima parte a recuperare i voti che nel 2013 erano andati alla Destra (2%), alla Lista Storace (1%) e alla Lista Bongiorno presidente (2,6%) che quest’anno non si sono ripresentati.
Se ne avvantaggia leggermente anche Casapound che arriva ad ottenere 42.600 voti (+24.118 voti rispetto al 2013), ma considerando che nel Lazio ha la sua base principale, il complessivo 0,9% degli elettori raggiunto rappresenta veramente poca cosa.
 
Zingaretti riconfermato governatore
Nicola Zingaretti (PD) nonostante la disfatta del suo partito riesce ad essere confermato governatore grazie a un’ampia coalizione che comprendeva oltre al PD e la sua lista personale, anche Liberi e Uguali, +Europa, Centro solidale e Italia Europa Insieme.
Ciononostante perde in termini assoluti 311.662 voti, passando dai 1.330.398 agli attuali 1.018.736. Una vera e propria bocciatura per lui e il suo governo.
Egli sarà di nuovo governatore con il consenso di appena il 21,3% degli elettori. Per di più Zingaretti non avrà la maggioranza in consiglio regionale. Per effetto dell’elezione diretta prevista dalla legge elettorale regionale, peraltro “riformata” proprio alla fine del 2017 escludendo il ballottaggio, egli è stato eletto governatore avendo ottenuto il maggior numero di voti rispetto agli altri candidati, ma le liste che lo hanno sostenuto hanno raccolto appena 24 seggi, nonostante il bonus di 10 seggi alla coalizione di maggioranza. Con il seggio spettante di diritto al presidente Zingaretti fanno 25. Gli altri partiti ne hanno invece 15 il “centro-destra”, 10 il M5S e 1 la lista di Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice da sempre legato alla destra, entrato in rotta di collisione con il “centro-destra” alla vigilia della consultazione elettorale. Proprio Pirozzi ha dichiarato nei giorni scorsi di essere disponibile ad accordi con Zingaretti nella prossima attività consiliare. Il che la dice lunga sul trasversalismo ideologico, politico e culturale che ormai caratterizza tutti i partiti del regime.
Ma Zingaretti lavora a tutto campo. Così il primo atto dopo la sua rielezione è stato quello di andare ad incontrare proprio la Raggi. Una scelta non casuale dopo anni di tensione. Qualcuno parla anche di prove generali di possibili convergenze del PD col M5S anche a livello nazionale, ora che Zingaretti sembra in corsa anche per la segreteria del PD, con la sua visione prodiana di una coalizione che accomuna anche quelle forze che stanno sia a sinistra sia a destra del PD.
Staremo a vedere, intanto guardiamo quel che succederà nelle prossime settimane. Il primo banco di prova sono le elezioni del presidente e del vicepresidente del nuovo Consiglio regionale. Poi il 31 marzo c’è da votare il bilancio che attualmente è in esercizio provvisorio. E infine ad aprile il Consiglio di Stato dovrebbe decidere sui ricorsi nell’ambito della gara per costruire l’autostrada Roma-Latina. Una grande opera osteggiata sia dal M5S che da Liberi e Uguali che si troverebbero così subito a dover render conto dell’eventuale appoggio, nel primo caso, e dell’appoggio già effettivo, nel secondo caso, dato a Zingaretti.
Una cosa certa è che le gravi condizioni economiche e sociali in cui versano le masse popolari laziali strette fra disoccupazione, questione abitativa, sfascio della sanità, smaltimento di rifiuti, mafia, non troveranno soluzione come non è stato nel quinquennio precedente e in quelli ancora precedenti nonostante la continua alternanza fra governi di “centro-destra” e governi di “centro-sinistra”. Solo il socialismo e il potere al proletariato possono cambiare la regione e l’Italia intera.

21 marzo 2018