All'Assemblea nazionale postelettorale di Roma del 18 marzo 2018
Potere al popolo riconferma la sua natura e linea riformista assistenzialista
Che gli anticapitalisti e i sinceri comunisti aprano in tempo gli occhi e non avallino la San Vincenzo laica sponsorizzata da Rifondazione trotzkista
Solo il socialismo e il potere politico del proletariato possono cambiare l'Italia

All'insegna dello slogan "E ora... continuiamo!" si è tenuta domenica 18 marzo al Teatro Italia di Roma, con la partecipazione di circa 1.500 persone, l'assemblea nazionale postelettorale di Potere al Popolo (PaP). Un'assemblea per dare continuità ad un movimento nato quattro mesi fa per partecipare alle elezioni ma con l'ambizione dichiarata già nel suo programma di proseguire il cammino anche dopo il voto per costituire un polo di aggregazione di tutte le forze disperse della sinistra "radicale", sindacale e sociale.
Nonostante che i voti ottenuti non rappresentino che circa 1,13% dei voti validi (e addirittura lo 0,8% del corpo elettorale), ben lontani dalla soglia del 3% a cui puntava PaP per entrare in parlamento, il risultato elettorale è stato presentato come un ottimo risultato dai leader del movimento, un viatico più che incoraggiante per proseguire il cammino: "La sfida è stata vinta", sottolineava infatti il manifesto di convocazione; "abbiamo fatto un mezzo miracolo", aggiungeva il post su Facebook sulla manifestazione; e la stessa portavoce Viola Carofalo ha detto che "i risultati delle elezioni confermano che la strada intrapresa è quella giusta: raggiungere una percentuale di voti in così poco tempo è un chiaro messaggio per tutti che un nuovo attore è entrato a far parte della politica italiana".

Potere al Popolo e l'astensionismo
Ma a ben guardare tanto ottimismo non è giustificato. Come abbiamo già osservato nell'articolo di commento dei risultati elettorali su "Il Bolscevico" n. 9/2018, se si sommano i voti di PaP con quelli ottenuti dalle altre tre liste a sinistra di LeU, e cioè PC, Per una sinistra rivoluzionaria e Lista del popolo per la Costituzione, si arriva a circa 520 mila voti, mentre nel 2013 la sola Rivoluzione civile di Ingroia ne prese 765 mila. Per non parlare del milione e passa della Sinistra arcobaleno nel 2008 e dei 3 milioni che totalizzavano insieme il PRC e il PdCI nel 2006.
Quindi la tendenza alla sparizione e alla marginalizzazione elettorale delle liste a sinistra del PD non è stata fermata, né tanto meno invertita, semmai confermata da queste elezioni, nonostante la presenza di un soggetto "nuovo" e "diverso" da tutti gli altri perché apparentemente "nato dal basso", cioè dai movimenti e dalle lotte, come i suoi leader amano ripetere. Né si può dire che a frenarne la corsa sia stato LeU, vista la pietosa prestazione del partito dei rinnegati Bersani e D'Alema guidato dal liberale Grasso. Piuttosto è stato in buona parte l'astensionismo di sinistra, quello che non si è fatto abbindolare né dalle nuove sirene riformiste e trotzkiste né dalla demagogia del M5S.
Lo ha ammesso tra le righe anche il centro sociale Je so' pazzo, fondatore assieme ad altri di PaP, nella sua analisi del voto a Napoli, dove pure il movimento ha avuto una percentuale superiore alla media nazionale, e in alcuni quartieri anche molto superiore, riconoscendo che "a Napoli si conferma un tasso di astensione notevole rispetto alla media del paese" (infatti c'è stato un aumento del 4,3% rispetto al 2013, ndr). Anche se poi lo attribuisce in blocco a "distacco, ostilità, profonda rassegnazione" delle masse astensioniste, rifugiandosi in questa formula semplicistica per non compiere un'analisi critica e autocritica approfondita del voto.
Con questo non intendiamo dire che 370 mila persone che hanno votato PaP (o 520 mila se consideriamo anche i voti alle altre tre liste) siano poche e non contino niente in assoluto: sarebbero tante se fossero incanalate in un progetto rivoluzionario di lotta per conquistare il socialismo in Italia come propone il PMLI, ma i fatti hanno dimostrato che sono del tutto ininfluenti se restano ingabbiate nel recinto dell'elettoralismo e del parlamentarismo borghesi.

La linea riformista e "mutualistica" di PaP
Sfumata l'occasione elettorale, che cosa resta ai leader di Potere al Popolo per evitarne lo scioglimento? Riconfermare e cercare di portare avanti la linea riformista, solidaristica e assistenzialistica della "difesa e rilancio della Costituzione", del "mutualismo" e del "controllo popolare sulle istituzioni" che costituisce il cuore del suo programma politico e sociale, nel tentativo di tenere insieme il coacervo di forze che lo compongono in attesa di una prossima occasione elettorale. Ed è questo infatti che è uscito nella sostanza dall'assemblea del 18 marzo.
"Un movimento che da subito aprirà percorsi di mutualismo – sportelli legali gratuiti, doposcuola popolari, palestre, teatri, ambulatori accessibili a tutti – perché si può rispondere ai problemi delle persone e alle carenze delle istituzioni anche prima di andare al governo…", come fanno le associazioni cattoliche caritatevoli, scriveva il post su Facebook confermando la linea assistenzialistica approvata dall'assemblea. Completamente assenti invece, negli interventi e nelle conclusioni, il tema della lotta di classe e del socialismo e la questione fondamentale del potere politico per il proletariato.
Il trotzkista Cremaschi, leader di Eurostop, per esempio, che è stato tra i più applauditi anche perché è stato quello che più si è spinto avanti proponendo la rottura dei trattati della Nato e della Ue, non è andato però oltre il lancio di una vaga e inconsistente "costruzione di un'alternativa di sistema a questa infame società", senza aggiungere borghese e capitalista, il che è tutto dire. Il segretario del PRC, Acerbo, ha incitato a lavorare "per un’alternativa di sinistra, che sia radicale e punti sulla solidarietà". E il segretario del PCI, Alboresi, ha sottolineato l'esigenza di portare avanti "un'altra agenda per l'Italia e per l'Europa", esortando a stare tutti uniti e farsi trovare pronti nel caso probabile di un ritorno imminente alle urne.

PaP copertura politica di RC
Tutto è rimasto cioè rigidamente circoscritto nell'ambito del riformismo, dell'elettoralismo, del solidarismo e dell'assistenzialismo laico, senza mai mettere in discussione il capitalismo, e men che meno nominare le questioni fondamentali del socialismo e del potere politico per il proletariato, senza affrontare le quali non si può sperare di cambiare veramente la società. Questa assemblea ha confermato solo che Potere al popolo non è altro che una copertura politica di Rifondazione trotzkista, al quale appartengono o dal quale provengono molti dei suoi leader, che l'ha creata come una nuova trappola elettorale per catturare i voti degli astensionisti di sinistra e cercare di rientrare in parlamento strumentalizzando a questo scopo i centri sociali e i movimenti di lotta.
Invitiamo perciò gli anticapitalisti e i sinceri comunisti ad aprire in tempo gli occhi e a non avallare la San Vincenzo laica sponsorizzata da Rifondazione trotzkista, ma a porsi invece seriamente la questione del socialismo e del potere politico per il proletariato. Queste elezioni hanno confermato che la via del socialismo e del potere al proletariato è sbarrata dal lato elettorale, parlamentare, riformista e costituzionale. Solo la rivoluzione socialista e il potere politico del proletariato possono cambiare veramente l'Italia.
Come ha spiegato giustamente l'Ufficio politico del PMLI nella lettera di ringraziamento alle Istanze intermedie e di base del Partito che hanno partecipato alla battaglia elettorale astensionista: "Una volta che l'elettorato di sinistra avrà capito, condiviso e assimilato questo concetto fondamentale è più facile che abbandoni le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali, riformiste e pacifiste e si unisca a noi sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista”.
 

21 marzo 2018