Dopo 9 anni di blocco contrattuale
Insoddisfacente contratto per istruzione e ricerca
Inammissibile contrattazione separata
I “sindacati di base” proclamano lo sciopero generale del settore

Com'era prevedibile l'accordo di dicembre sul rinnovo contrattuale delle Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti come Inps e Inail) ha spianato la strada agli altri settori della pubblica amministrazione. La mattina del 9 febbraio è stata firmata l'intesa che interessa i lavoratori della Scuola, Università, Ricerca e Afam ( sigla quest'ultima che raggruppa gli istituti di formazione artistica e musicale), quindi un contratto che mette assieme quattro comparti.
Una trattativa che si era bloccata per un anno e mezzo per poi accelerare negli ultimi mesi, su cui ha influito anche l'imminenza della scadenza elettorale che ha spinto il governo Gentiloni a sbloccare i contratti fermi dal 2009, quando l'allora governo Berlusconi (ministro della Pubblica Istruzione Brunetta) bloccò i rinnovi per far fronte, con i soldi dei lavoratori, all'incombere dell'ultima grande crisi economica capitalistica, misura poi confermata dai governi di “centro-sinistra” che gli sono succeduti.
Ma la volontà governativa di voler chiudere prima del 4 marzo non sarebbe bastata se non avesse trovato di fronte la piena disponibilità di Cgil, Cisl e Uil che il 30 novembre 2016 avevano dato il loro consenso per un nuovo contratto nazionale della pubblica amministrazione che prevedeva un aumento minimo attorno agli 85 euro mensili. In questo lungo periodo la trattativa non è mai decollata, come hanno ammesso gli stessi sindacati confederali, che però in una nottata hanno accettato le proposte governative.
Una trattativa che il governo, tramite la sua agenzia Aran, ha portato avanti con un metodo vergognoso, con una contrattazione separata svolta su due tavoli, uno esclusivo con i confederali e le loro organizzazioni della Scuola e l’altro ritenuto marginale, con tutte le altre organizzazioni sindacali comprese quelle di Cgil, Cisl e Uil di Ricerca e Università. Una modalità intollerabile da parte dell’ARAN, e dei sindacati che vi si sono prestati, che ormai si sceglie gli interlocutori. “Uno schiaffo - denuncia USB- alla democrazia sindacale”.
Alla fine la misera cifra che andrà nelle tasche dei lavoratori varia tra gli 80 e i 110 euro mensili lordi. Quando si parla di salario bisogna però partire sempre dal presupposto che in quasi 10 anni di blocco contrattuale i lavoratori hanno perso il 20% del loro salario per cui affermazioni come quelle delle ministre e candidate PD Marianna Madia: “contratto giusto e doveroso” e Valeria Fedeli: “avevamo preso un impegno preciso, lo abbiamo mantenuto, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti” appaiono come delle prese in giro.
Buona parte dei docenti, ma sopratutto il personale ATA (personale tecnico/amministrativo) percepirà un aumento tra i 40 e i 60 euro lordi e arriverà a 80 solo attraverso il risparmio ottenuto dall'entrata in vigore del contratto a marzo (forse aprile) anziché a gennaio, un compenso temporaneo che evaporerà a fine 2018, alla scadenza di questo contratto. La sua valenza interessa per gli anni 2016/2018 per cui toccherà al prossimo esecutivo doversi confrontare con il rinnovo del contratto nazionale praticamente già scaduto.
A livello normativo il contratto della scuola si allinea a quello della Funzione centrale, confermando le ultime controriforme dei ministri Brunetta e Madia, e della “buona scuola” di Renzi. Più flessibilità del personale, sia dal punto di vista orario che geografico, inasprimento delle misure disciplinari, compensi meritocratici a discrezione dei dirigenti scolastici.
Rispetto al cosiddetto “merito” non è vero che vengono superati gli scaglioni stabiliti dalla legge Brunetta né viene abolita la legge 107, la famigerata “Buona scuola” di Renzi. Anzi, quest'ultima è stata in buona parte assimilata nel nuovo testo contrattuale. In particolare una parte dei soldi contenuti nel bonus della legge 107 saranno utilizzati per “valorizzare il merito del personale docente”, solo che si prevede la contrattazione dei “criteri generali” per la sua distribuzione a livello di istituzione scolastica, senza però intaccare l’impianto stabilito dalla 107.
Il governo Gentiloni, con l'aiuto dei sindacati confederali, ha cercato di assicurarsi un qualche ritorno elettorale dal milione e 200mila lavoratori della scuola investiti dal rinnovo contrattuale. Ma al di là della retorica i dipendenti pubblici rimangono la vittima sacrificale preferita della spending review , degli infiniti tagli alla spesa pubblica, a sua volta collegata alle cosiddette clausole di salvaguardia , cioè all'aumento automatico dell'IVA se la Commissione Europea giudica insufficiente la politica economica italiana nei confronti dell'abbassamento del debito pubblico.
I lavoratori della scuola e i “sindacati di base” hanno tutte le ragioni di contestare questo accordo con la mobilitazione. La prossima iniziativa sarà lo sciopero generale del settore inizialmente indetto contro la sentenza del Consiglio di Stato che esclude i diplomati delle Magistrali dalle graduatorie per l'insegnamento elementare. Adesso lo sciopero del 23 febbraio s'indirizza anche contro l'ultimo contratto firmato da Cgil, Cisl e Uil. Lanciato dai Cobas vi hanno aderito Cub, Unicobas, USB, SGB, USI e Orsa che hanno invitato anche quella parte di Cgil che si oppone all'accordo (il Sindacato è un'altra cosa) a fare altrettanto.
 
 

21 marzo 2018