Accordo tra 44 paesi africani
Creata la zona di libero commercio africano
Non ci stanno la Nigeria e il Sudafrica

I leader di 44 paesi del continente africano hanno dato il via libera alla creazione di una zona di libero commercio, la Continental Free Trade Area (Cfta), che interessa un mercato di 1,2 miliardi di persone e con un prodotto interno lordo combinato di circa 3 trilioni di dollari con l'obiettivo principale di far crescere gli scambi tra i paesi del continente. Il progetto che definisce un accordo di libero scambio considerato il più ampio sottoscritto dopo la nascita dell'Organizzazione mondiale per il commercio, il Wto, è stato definito il 21 marzo a Kigali, in Ruanda, durante il vertice straordinario dell'Unione africana (Ua).
L'intesa di Kigali impegna i paesi a rimuovere le tariffe sul 90% delle merci, salvaguardando solo il 10% degli scambi di merci e servizi definiti “articoli sensibili” per i singoli paesi, la liberalizzazione dei servizi e l’eliminazione delle cosiddette “barriere non tariffarie” che ostacolano il commercio tra paesi africani, come le lunghe procedure che causano ritardi alle frontiere. Dopo l'intesa sulle merci i rappresentanti di 27 paesi hanno firmato anche un protocollo per la libera circolazione delle persone.
L'accordo rappresenta la conclusione di un negoziato relativamente rapido, iniziato nel gennaio 2012, allorché la Ua nel vertice di Addis Abeba decise di creare una “Continental Free Trade Area” (Cfta), una zona di libero comercio interafricana. In prospettiva i leader africani hanno indicato la possibilità di arrivare alla libera circolazione delle persone e financo a una moneta unica, se non tra tutti i paesi del continente almeno tra i 26 che nel giugno 2015 a a Sharm El Sheikh in Egitto dettero vita alla Zona tripartita di libero scambio (Tfta). E posero il primo tassello di quello che sarà l'accordo di Kigali dato che si poneva l'obiettivo di rimuovere gli ostacoli costituiti da frontiere, dazi doganali e burocrazia intanto tra le tre regioni economiche distinte del Mercato comune dell’Africa orientale e meridionale (Comesa), della Comunità dell’Africa orientale (Eac) e della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc).
L'accordo deve essere ratificato dagli Stati e salvo intoppi dovrebbe entrare in vigore entro quest'anno e cominciare a dare un impulso intanto al commercio intra-africano che è relativamente limitato. L'Unctad, il principale organismo delle Nazioni Unite che si occupa di commercio, ha registrato che gli scambi interni al continente sono a livello del 16% di quelli totali, contro il 51% di quello fra i paesi asiatici e al 70% di quello interno della Ue. Un dato economico che indica quanto il continente africano a livello economico sia stato schiacciato dalle multinazionali imperialiste e ridotto al ruolo soprattutto di fornitore di materie prime e di merci a buon mercato; e con le materie prime e le merci anche i profitti volano all'estero. Non sarà facile per i paesi africani arrivare all'obiettivo indicato dalla Commissione economica per l'Africa delle Nazioni Unite (Uneca) di far aumentare il commercio intra-africano fino al 15% entro il 2022.
Intanto non tutti i 55 paesi del continente si sono impegnati nella zona di libero commercio. A Kigali mancavano i rappresentanti di due delle maggiori economie del continente, la Nigeria e il Sudafrica che temono conseguenze negative dalle liberalizzazioni per la loro posizione di forza, assieme all'Uganda, il Benin, la Namibia, il Burundi, l’Eritrea e la Sierra Leone. Alcuni dei paesi più deboli economicamente temono grazie alle liberalizzazioni di restare preda delle multinazionali imperialiste e delle multinazionali dei paesi africani più forti. Il commissario dell’Ua per il commercio e l’industria, Albert Muchanga, dichiarava che “alcuni paesi hanno delle riserve e non hanno ancora finalizzato le loro consultazioni a livello nazionale. Ma avremo un altro summit in Mauritania a luglio e speriamo che questi Paesi firmeranno”.

4 aprile 2018