Assad usa armi chimiche a Duma
Strage di civili in Siria
Trump minaccia Mosca e Damasco. Israele bombarda una base siriana. Russia e Iran smentiscono l'attacco chimico. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu bloccato dai veti incrociati di Usa e Russia

La risoluzione numero 2401 del Consiglio di sicurezza dell'Onu del 24 febbraio scorso sulla Siria prevedeva l'inizio del cessate il fuoco “senza ritardi” con la precisazione che la tregua non si applicava alle operazioni né contro l’Isis, al Qaeda e al Nusra né contro “individui, gruppi ed entità associate” ai gruppi terroristici. Per il fascista turco Erdogan era il via libera all'occupazione del cantone curdo di Afrin, per il regime di Bashar Assad era il via libera alla cacciata delle forze di opposizione intanto dalla Ghuta orientale, alle porte di Damasco. L'offensiva delle truppe governative contro le milizie asserragliate alle porte della capitale non si era fermata e anzi dopo brevi tregue era ripresa con forza il 6 aprile; i bombardamenti dell'aviazione di Damasco accompagnavano le trattative con le opposizioni, sotto l'egida dei generali del Centro russo per la riconciliazione siriana, per la loro evacuazione verso altre zone nel nord del paese. Poco prima che fosse definita l'ultima intesa tra Damasco e l'organizzazione islamica Jaysh al-Islam, la milizia più numerosa e potente nella Ghouta orientale finanziata dall'Arabia Saudita, per spostare i suoi 8 mila miliziani e familiari nella zona di Idlib la popolazione di Duma il 7 aprile era vittima di un attacco con armi chimiche, in particolare di bombe al cloro. Una nuova strage di civili, con un centinaio di morti e circa 500 feriti che “hanno raggiunto i centri medici con sintomi di esposizione a sostanze chimiche”, secondo quanto denunciava l'organizzazione degli Elmetti bianchi, una specie di “protezione civile” che opera nelle zone delle opposizioni e sostenuta finanziariamente dai sauditi.
I media governativi siriani negavano l'uso di armi chimiche a Duma. Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres affermava che “le Nazioni Unite non sono in grado di verificare queste segnalazioni ma qualsiasi uso di armi chimiche, se confermato, è ripugnante e richiede un'indagine approfondita”.
Non aveva dubbi il presidente americano Donald Trump che l'8 aprile condannava “l'attacco scriteriato” dell'”Animale Assad” e minacciava il governo di Damasco, assieme agli alleati russo e iraniano, che avrebbe pagato un caro prezzo per l'uso di armi chimiche a Duma. Trump aveva condannato l'immobilismo del suo predecessore Barack Obama che non aveva attaccato la Siria nel 2013, dopo il presunto uso di armi chimiche contro gli oppositori da parte di Assad, mentre lui aveva colpito in un caso simile giusto un anno fa, il 7 aprile 2017, con un raid missilistico. Il consigliere per la sicurezza nazionale, Tom Bossert, confermava che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, compreso un altro raid missilistico Usa contro la Siria.
“Le accuse di uso di sostanze chimiche sono diventate un disco rotto non convincente”, replicavano dal ministero degli Esteri siriano; “tali affermazioni e accuse da parte degli americani e di alcuni Paesi occidentali segnalano una nuova cospirazione contro il governo e il popolo siriani e un pretesto per l'azione militare”, sosteneva una nota del ministero degli Esteri iraniano mentre quello russo metteva in guardia Washington contro un “intervento militare per pretesti inventati” in Siria che potrebbe “portare a conseguenze più pesanti”. Damasco non ha usato armi chimiche a Duma, nella Ghouta Est, ribadivano il 9 aprile i militari del Centro russo per la riconciliazione siriana che definivano le posizioni Usa false come false erano state dimostrate le accuse di uso di tali armi nel 2013 e nel 2017.
Il braccio di ferro tra gli imperialisti americani e russi si spostava al Consiglio di sicurezza dell'Onu, che aveva appena chiuso una riunione di fuoco con un nulla di fatto per il veto Usa su una risoluzione di condanna dell'ennesimo massacro sionista a Gaza. L'organismo dell'Onu avviava la discussione su due diverse bozze di risoluzioni che prevedono la costituzione di una commissione di inchiesta per individuare i responsabili dell'uso di armi chimiche in Siria, una presentata dalla Russia e una da Usa, Francia, Gran Bretagna, Kuwait, Svezia, Polonia, Perù, Olanda e Costa d'Avorio.
Qualunque siano gli sviluppi della discussione al Palazzo di vetro, gli Usa prenderanno una decisione “importante” sulla Siria “nelle prossime 24/48 ore”, annunciava il 9 aprile il presidente americano Trump che rilanciava le minacce a Mosca, Teheran: “scopriremo se la Russia, la Siria, l'Iran 'o tutti loro' siano responsabili dell'attacco, probabilmente con armi chimiche, contro la città nella Ghouta orientale”. E ripeteva che una riposta ci sarebbe stata, non escludendo alcuna opzione. Trump trovava all'Onu un alleato altrettanto deciso a intervenire in Siria, il presidente francese Emmanuel Macron, che già avrebbe voluto mandare le sue truppe nella ex colonia siriana, nel cantone di Afrin in soccorso dei curdi contro l'aggressione turca.
In attesa della decisione della Casa Bianca, almeno un cacciatorpediniere Usa con missili guidati navigava verso la costa della Siria, secondo quanto reso noto dal Wall Street Journal . Nel frattempo si muovevano i sionisti di Tel Aviv che il 9 aprile inviavano due caccia a lanciare missili sulla base aerea siriana T-4, nella provincia di Homs. “L'attacco israeliano all'aeroporto T-4 è stato condotto da caccia F-15 che hanno sparato diversi missili dal territorio libanese”, denunciava l'agenzia di stampa Sana, citando fonti militari di Damasco e di Mosca.
Il boia sionista Benjamin Netanyahu è corso a dare una mano all'amico Trump per ripagarlo della sua criminale decisione di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme ma anche per ammonire il regime di Assad a recedere dalla decisione di riprendersi le zone controllate dalle opposizioni, alcune sostenute da Tel Aviv, nella zona del Golan occupato. Nei progetti di spartizione della Siria fra i paesi imperialisti è compreso quello sionista, che prevede una zona cuscinetto attorno al Golan, creata di fatto negli ultimi mesi con l'intensificarsi dei raid contro postazioni e convogli degli alleati di Assad, i libanesi Hezbollah.
 
 
 

11 aprile 2018