Minacciato di trasferimento il pm Zucca per aver denunciato la verità: “I nostri torturatori sono ai vertici della polizia”
Il PMLI e “Il Bolscevico” aderiscono all'appello di solidarietà e sostegno col magistrato

Nel corso in un dibattito svoltosi il 21 marzo presso la sede dell’Ordine degli avvocati a Genova sul caso Regeni e la difesa dei diritti internazionali, il sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello Enrico Zucca, tra i giudici del processo Diaz, ha dichiarato che: "l'11 settembre 2001 e il G8 hanno segnato una rottura nella tutela dei diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno drammatiche. I nostri torturatori, o meglio chi ha coperto i torturatori, come dicono le sentenze della Corte di Strasburgo, sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all'Egitto di consegnarci i loro torturatori?".
Una denuncia chiara, forte e coraggiosa da parte del pubblico ministero che il PMLI e “Il Bolscevico” sottoscrivono in pieno con l'adesione all'appello di solidarietà e sostegno in difesa del magistrato messo alla gogna dalla stampa del regime neofascista e minacciato di trasferimento per aver semplicemente detto la verità puntando il dito contro i mandanti, annidati nelle massime istituzioni statali e governative, e i torturatori in divisa responsabili della famigerata “macelleria messicana” che nel luglio del 2001, durante le manifestazioni di massa contro il G8 insanguinò Genova.
In particolare Zucca ha ricordato che a Genova ci furono gravissimi episodi di tortura perpetrati dalle “forze dell’ordine” come riconosciuto anche da più sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.
A distanza di oltre un decennio – ha accusato ancora il sostituto procuratore generale di Genova, alcuni funzionari della “Polizia di Stato” sono stati condannati con sentenze definitive dalla giustizia italiana ma, a dispetto di ciò, sono incredibilmente rimasti in servizio, addirittura promossi e oggi ricoprono posizioni apicali.
A cominciare dall'allora capo della polizia Gianni De Gennaro il quale, non solo non si dimise in seguito ai fatti di Genova, ma rimase al suo posto anche quando venne coinvolto nelle indagini e poi processato per induzione alla falsa testimonianza. De Gennaro affrontò tutto il processo non come imputato ma come capo della “Polizia di Stato” e poi come direttore del DIS a capo dei servizi di informazione e sicurezza, e alla fine, forse proprio per gli incarichi ricoperti, fu assolto con sentenza definitiva dalla Cassazione. In ogni caso il processo a suo carico non gli ha certo impedito di fare carriera.
Le promozioni e i riconoscimenti hanno riguardato tutti i torturatori della Diaz e di Bolzaneto e si sono susseguite durante tutti i lunghi anni dei processi a cominciare, tanto per citare i casi più eclatanti, da Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per falso (riconosciuto colpevole di aver partecipato alla creazione di false prove dopo le violenze), e appena 3 mesi fa, il 24 dicembre 2017, è stato nuovamente promosso a vicedirettore della Direzione Investigativa Antimafia; Francesco Troiani, condannato anch’egli definitivamente a tre anni ed otto mesi per falso (aveva detto al suo autista di portare alla Diaz le “famose” molotov che servirono da pretesto per l’irruzione e la successiva “macelleria messicana”) promosso dirigente del Centro operativo autostradale di Roma; Francesco Gratteri, condannato definitivamente a 4 anni sempre per falso, è stato promosso Prefetto prima di andare in pensione e l’ex capo della squadra mobile di Viterbo, Salvatore Gava, condannato a 3 anni e 8 mesi per falso (aveva redatto un falso verbale in cui si dichiarava la presenza di molotov all’interno della scuola Diaz), ma continua senza ostacoli la sua carriera ricoprendo ruoli di grande responsabilità.
E poi ancora Giovanni Luperi promosso capo-analista dell’AISI, il servizio segreto interno; Filippo Ferri inviato a guidare la squadra mobile di Firenze e Spartaco Mortola promosso a capo della Polfer di Torino. Non solo. Ad alcuni dei tanti torturatori in divisa già condannati in via definitiva, lo Stato ha addirittura affidato incarichi di docenza alla Scuola Superiore di Polizia e inviti a tenere lezioni in diverse Università della Repubblica.
Zucca ha avuto il coraggio di denunciare una verità scomoda e perciò non va lasciato solo in questa battaglia contro chi invece vorrebbe ridurlo al silenzio come ad esempio il vicepresidente del CSM, Giovanni Legnini, perfettamente in linea con la posizione assunta in questi lunghi sedici anni dal partito nel quale milita, il PD, si è subito unito alla canea reazionaria chiedendo interventi punitivi contro Zucca.
Il capo della polizia Franco Gabrielli ha avuto anche la faccia tosta di inveire contro Zucca arrivando a definire le sue affermazioni come “ infamanti accuse…” chiedendo “…rispetto” in nome “di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita” nella lotta contro la criminalità organizzata. Ignorando completamente ciò che scrisse la Cassazione nel 2012 rendendo definitive le condanne contro i torturatori di Genova che “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”. Proprio lui, che in una intervista a “La Repubblica” del 19 luglio 2017 circa la responsabilità politica di Gianni De Gennaro quale capo della polizia ai tempi dei fatti di Genova dichiarò: “Se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia”.
Invece di essere promossi tutti i responsabili della mattanza di Genova andrebbero cacciati dalla polizia a cominciare da Gianni De Gennaro.

11 aprile 2018