Calenda dà il via libera alla centrale in Abruzzo situata sul cratere sismico
La polizia carica i NoTap che bloccano il cantiere
Dimostrazione davanti alla questura per chiedere il rilascio di un attivista arrestato
Fischiato e contestato il governatore PD Emiliano


 
La scorsa settimana, sulla Provinciale 145 che porta al cantiere del gasdotto che collega Lecce a Melendugno, si sono verificati gli ennesimi scontri fra gli attivisti che stavano cercando di impedire il transito dei mezzi al cantiere TAP e la polizia. Un 52enne della provincia di Lecce è stato arrestato per aver incendiato un bidoncino dell'immondizia; l'intervento della polizia che caricava con l'intento di sgomberare l'area per consentire l'accesso ai mezzi è stato respinto da una sassaiola. Dopo questo episodio, decine di altri manifestanti si sono concentrati davanti alla Questura di Lecce per protestate contro il suo fermo, in un sit-in con striscioni e slogan al grido di “Fuori i nostri compagni”. I manifestanti hanno anche bloccato il traffico in una delle strade adiacenti la Questura del centro salentino. Si tratta del primo arresto da quando le proteste sono esplose; ciò significa che, oltre alle solite cariche a suon di manganello e idranti, la repressione ha fatto registrato un salto di qualità, in peggio, varcando inesorabilmente anche la delicata, e spesso senza ritorno, soglia degli arresti. Il governo si rapporta ai NoTap solo scatenando la repressione poliziesca ogni volta che i manifestanti alzano la combattività della protesta.
 

Contestato il presidente della Puglia, Michele Emiliano
Nella stessa notte anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, è stato duramente contestato durante il Festival del Cinema Europeo di Lecce dove era giunto per assistere ad un breve documentario. Alcuni abitanti delle zone interessate dal passaggio del gasdotto TAP hanno iniziato a contestare pesantemente con urla e insulti il presidente del PD che ha tentato di difendersi sostenendo che la Regione Puglia rimane favorevole al gasdotto poiché esso servirà alla decarbonizzazione dell'ILVA, anche se non ne condivide l'approdo sulla spiaggia di San Foca a Melendugno. L'opportunista Emiliano, sommerso da una caterva di fischi, ha poi concluso: “Continuerò comunque la mia lotta, in solitudine e impopolare, sapendo che è l'unica strada per trovare una soluzione”. Un po' poco per un presidente di regione che a parole sostiene che “ogni comunità ha il diritto di decidere le sorti del proprio territorio”, mentre coi fatti sostiene la politica fossile e di devastazione ambientale nell'interesse delle multinazionali del gas portata avanti da Renzi, da Gentiloni e da tutto il suo partito. Sull'ILVA al momento le posizioni di Calenda e di Emiliano sono distanti; tuttavia ci pare che l'accettazione del gasdotto, l'ignorare i rischi che lo stesso tracciato porta in particolare nel tratto appenninico del centro Italia, avvicinino senz'altro le posizioni del secondo al primo. Ci sembra un po' un gioco delle parti, in questi anni più volte rivisto ed attuato in seno al PD, ad esempio per le dinamiche di costruzione della nuova pista dell'aeroporto di Peretola a Firenze fra Renzi ed il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, oppure quando, pur certo della sconfitta, Emiliano ed anche Orlando, offrirono il fianco allo stesso Renzi che fu “legittimato” alla guida del Partito dalla vittoria alle primarie. Oggi il PD e gli interessi che lo muovono, vuole il gasdotto; Emiliano appoggia strumentalmente una parte della popolazione in lotta ma nella sostanza sostiene, appoggia e favorisce la realizzazione del progetto, nonostante il parere contrario di gran parte della popolazione coinvolta.
 

Il PD preme sull'acceleratore
Nonostante la terra continui a tremare, il Trans Adriatic Pipeline avanza inesorabile dalla Puglia agli Appennini. Il TAP è un gasdotto di circa 700 km di lunghezza che attraverserà l’Italia da sud a nord passando per le aree sismiche dell’Appennino centrale a cavallo tra Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio; al tubo, largo 120 centimetri, che dovrà essere installato a 5 metri di profondità, serviranno 40 metri di spazio per le operazioni di posa, oltre a numerose centrali di manutenzione e pompaggio ed altrettanti cantieri che verranno piazzati sul tracciato, causando un evidente impatto ambientale e paesaggistico alle dieci regioni coinvolte.
È proprio Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico del governo Gentiloni – sulla carta ancora in carica ma solo per gli “affari correnti” – che lo scorso 7 marzo, fresco d'iscrizione al PD ridicolizzato dal risultato delle politiche, ha dato il via alla costruzione della centrale di compressione di Sulmona, in Abruzzo. Una centrale che apre il terzo lotto del gasdotto, il più pericoloso e contestato, poiché nei suoi 167 chilometri, attraversa L’Aquila, i comuni di Amatrice, Arquata del Tronto ed Accumoli, per proseguire nel maceratese spazzato via dal sisma, per terminare a Foligno. Il 4 aprile invece, è stato direttamente il presidente del consiglio dimissionario, Paolo Gentiloni, ad incontrare vertici della Regione Abruzzo per sollecitare lo scioglimento degli ultimi nodi burocratici. Non pare essere un problema per il governo la posizione espressa dal presidente della Regione Abruzzo, il piddino Luciano D’Alfonso di recente nomina a senatore della repubblica. Una opposizione sì formale, ma sempre meno intransigente da parte del presidente PD abruzzese, che si sposa con l'entusiasmo di Luca Ceriscioli, presidente delle Marche, che invece ha definitivamente accantonato la contrarietà al progetto del suo predecessore.
 

Ancora ignorati i potenziali rischi ambientali
Tutto ciò, nonostante nel 2011 la Commissione Ambiente della Camera licenziò una risoluzione per impegnare il governo a modificare il percorso del TAP, allontanandolo dall’Appennino, in modo da evitare “sia gli alti costi ambientali, sia l’elevato pericolo per la sicurezza dei cittadini dovuto al rischio sismico”. Per archiviare rapidamente questa “scocciatura”, fu sufficiente che SNAM, costruttrice del gasdotto, annunciasse una valutazione d’impatto ambientale favorevole e nessun rischio possibile. Eppure quest'area è costellata da epicentri di recenti terremoti e da faglie attive situate a poche centinaia di metri dal percorso prescelto; il tutto non senza ricordare che la scossa del 2009 che distrusse L’Aquila creò gravi danni anche alla rete del metano. Ad oggi sono invece già iniziate le compiacenti compensazioni preventive con Rosneft, colosso russo del petrolio e fornitore di gas ad ENEL che a sua volta fornirà energia elettrica al gasdotto, che un anno fa ha annunciato di voler elargire cinque milioni di euro per la ricostruzione dell’ospedale di Amandola, in provincia di Fermo, crollato in parte dopo il terremoto del 24 agosto 2016. Dunque, nonostante i rilievi appenninici, in quest'area la strada del TAP pare davvero spianata dalla complicità delle istituzioni.
 

Il corteo del 21 aprile
È stato annunciato per il prossimo 21 aprile a Sulmona il corteo organizzato dal movimento “No HUB del Gas” che racchiude tutte le associazioni ed i comitati che, da nord a sud, da anni protestano contro la costruzione del tubo e delle centrali di compressione. Una carovana anti gasdotto, in questi giorni, sta attraversando varie località di Marche, Abruzzo, Umbria e Molise in tre percorsi differenti che toccano i luoghi interessati dai vari progetti estrattivi, di trasporto e di stoccaggio degli idrocarburi. Oltre alla distruzione del territorio per fare spazio al trasporto del gas per un progetto considerato strategico ma che in realtà potenzia l'arrivo, e quindi la diffusione ed il consumo, di gas in un paese come l'Italia nel quale proprio il consumo del metano è da anni in calo, non possiamo non ricordare di come proprio il gas rappresenti anch'esso una fonte energetica fossile il cui uso, per mille ovvi motivi climatici, sociali ed ambientali a questo punto di pubblico dominio, andrebbe ridotta e non incentivata, per far largo alle energie rinnovabili tendenti all'impatto ambientale “zero”.
 

 

18 aprile 2018