Sotto la guida del guerrafondaio Trump
Criminale e illegale attacco militare degli imperialisti americani, inglesi e francesi alla Siria
L'Ue “comprende” l'attacco militare. Mattarella e Gentiloni vigliaccamente e ignobilmente non si dissociano
Via gli imperialisti americani, russi, iraniani, turchi e israeliani dalla Siria

 
Il personale dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac), arrivato nei giorni precedenti a Damasco, ha iniziato il 16 aprile il suo lavoro di raccolta di campioni per verificare la presenza di gas cloro e di indagini biometriche e interviste con i feriti a Duma, la principale città di Ghouta est e sobborgo della capitale siriana, dove secondo la denuncia delle opposizioni il regime di Bashar Assad avrebbe compiuto il 7 aprile un attacco a base di armi chimiche uccidendo tra le 70 e le 85 persone. Ma non ha voluto attendere l'esito delle indagini il terzetto imperialista guidato dal guerrafondaio presidente americano Donald Trump e composto dalla premier inglese Theresa May e dal presidente francese Emmanuel Macron che, dando per scontata la colpevolezza di Assad secondo un “rapporto investigativo congiunto Opac-Onu”, la mattina del 14 aprile hanno dato il via libera al lancio di un centinaio di missili da crociera da navi, sommergibili e cacciabombardieri, su bersagli presso Damasco e Homs.
In base ai resoconti forniti dal Segretario della difesa Usa Jim Mattis e dal Capo di stato maggiore Joseph Dunford, i missili hanno colpito impianti di armi chimiche, un centro di ricerca e uno di produzione vicino alla capitale e un deposito vicino alla città di Homs. Mattis spiegava che i bersagli “sono stati specificatamente individuati per evitare di colpire presidi con forze russe in Siria”, per evitare conseguenze disastrose; una attenzione che i israeliani non mettono nella scelta dei loro bersagli preferiti nella guerra in Siria, ossia le milizie filoiraniane e degli Hezbollah libanesi. Secondo Damasco ci sarebbero state solo tre vittime civili a Homs e alcuni edifici distrutti. Il generale russo Sergey Rudskoy sottolineava che il sistema difensivo siriano, pur costituito da missili di vecchia generazione, aveva intercettato almeno 71 missili sui 103 sparati da Usa, Inghilterra e Francia; più di due terzi di quei missili “belli, nuovi e intelligenti” nei giorni precedenti sbandierati minacciosamente via tweet in segno di sfida da Trump.
L'attacco era stato annunciato ben una settimana prima dal presidente americano, e in Siria avevano fatto in tempo a prendere le contromisure. Il ministro della difesa francese Florence Parly rivelava e assicurava che i russi erano stati avvisati in anticipo dell’attacco perché “non cerchiamo lo scontro e rifiutiamo la logica dell’escalation. Per questo noi, con i nostri alleati, ci siamo assicurati che i russi fossero avvisati in anticipo”. Seppur la vicenda si sia sviluppata con toni da tragica operetta, quasi si trattasse di un gioco di guerra simulato al computer, nulla toglie al fatto che si sia trattato di un grave atto imperialista che ha aumentato i pericoli di una guerra nella regione; una guerra se non ancora fra gli attori principali Usa e Russia quantomeno fra i loro alleati, i sionisti di Tel Aviv, che occupano il Golan e non da ora sono attivi nella guerra in Siria, e l'Iran e con Arabia Saudita e Turchia non certo spettatori. Non è un caso che la prima reazione del fronte imperialista a guida Usa e con una maggiore efficacia militare dei missili di Trump sia venuta dai caccia sionisti che nella notte fra l'8 e il 9 aprile hanno colpito la base aerea siriana T4 e obiettivi iraniani, un'aggressione rivendicata con orgoglio il 17 aprile, quasi a voler rinfocolare una crisi in via apparente di spengimento.
Assad incassava la solidarietà del presidente iraniano Hassan Rohani che denunciava l'aggressione “delle potenze coloniali occidentali”. Più precisa e corretta era la posizione del vicario apostolico di Aleppo, monsignor Abu Khazen, che il 14 aprile denunciava che “con questi missili hanno gettato la maschera. Prima era una guerra per procura. Ora a combattere sono gli attori principali. Sono sette anni, è iniziato l’ottavo, che si combatte sul suolo siriano e ora che gli attori minori sono stati sconfitti, in campo sono scesi i veri protagonisti del conflitto. Aspettiamo gli esperti per indagare sul presunto attacco chimico a Duma ma dopo questi raid sarà tutto più difficile”. Evidente che una qualsiasi soluzione per la crisi siriana non può che iniziare dall'uscita dal paese degli imperialisti americani, russi, iraniani, turchi e sionisti.
Nel teatro siriano può succedere di tutto, difficile distinguere in prima battuta il vero dalla propaganda; l'unica vittima certa sono i popoli siriano e curdo colpiti dalle bombe dei due schieramenti imperialisti. La rappresentazione continuava il 16 aprile allorché il rappresentante permanente della Russia presso l’Opac, Aleksandr Shulgin, alla riunione dell'esecutivo all'Aia annunciava che l'indagine russa si era già svolta e non aveva trovato segni dell’uso di armi chimiche nella città di Duma, anzi aveva trovato i “partecipanti alle riprese del video della messa in scena dell’attacco presentato come prova”.
Indipendentemente dal fatto che Assad abbia usato o meno armi chimiche, l'attacco militare degli imperialisti americani, inglesi e francesi alla Siria è criminale e illegale e ha avuto solo successivamente un vergognoso avallo dell'Onu, quando il Consiglio di sicurezza ha bocciato il 14 aprile una risoluzione di condanna presentata dalla Russia e che ha raccolto il consenso solo di Cina e Bolivia.
Il ricorso all'Onu è stato finora la reazione della Russia nonostante che l'ambasciatore russo negli Usa, Anatoly Antonov, avesse immediatamente avvertito che “le azioni degli Usa e dei loro alleati in Siria non rimarranno senza conseguenze”; Putin definiva l'attacco come un “atto di aggressione” illegale contro un Paese, senza l'avallo del Consiglio di sicurezza dell'Onu ma si limitava a avvertire il fronte imperialista concorrente che “se ci saranno altri interventi militari, sarà il caos nelle relazioni internazionali”.
Consenso all'azione era espresso dai nazi-sionisti ma intanto il boia Benjamin Netanyahu aveva colpito per conto suo, armi chimiche o meno, e a Tel Aviv si sottolineava che si era trattato di “un importante avvertimento all'asse del male formato da Iran, Siria ed Hezbollah”.
Il governo cinese restava alla finestra e si limitava a sottolineare che si “oppone sempre all'uso della forza nelle relazioni internazionali e invoca il rispetto della sovranità, dell'indipendenza e della integrità territoriale di tutti i Paesi”.
Alle “prove inconfutabili” sull'uso delle armi chimiche da parte del regime di Assad ha creduto a occhi chiusi l'intera Ue che a macerie ancora fumanti per mezzo dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, l'italiana Federica Mogherini, dichiarava che “l'Ue ribadisce la sua più forte condanna al ripetuto utilizzo delle armi chimiche da parte del regime siriano in questi ultimi mesi nella Ghuta orientale ed altre aree in Siria. È in questo contesto che l'Ue è stata informata dei raid mirati di Usa, Francia e Gran Bretagna”. E invitava “Russia e Iran ad usare la loro influenza per evitare che Damasco le usi di nuovo”. Incidente chiuso, non è successo nulla e avanti verso la seconda conferenza di Bruxelles sulla Siria, che si terrà il 24 e 25 aprile a Bruxelles sotto la copresidenza di Ue e Onu. Il Consiglio dei ministri degli Esteri europei riunito il 16 aprile a Bruxelles dichiarava che la Ue “comprende” e avalla l'attacco militare, non poteva certo contraddire la posizione di Francia e Gran Bretagna che vi hanno partecipato. La Ue confermava che vuole impegnarsi nella stabilizzazione della Siria nord orientale per “contribuire alla sconfitta definitiva dello Stato islamico”, nell'area curda dove sono presenti sembra ancora per poco le truppe americane e messa nel mirino dalla Turchia. Se la coalizione Russia-Iran-Turchia glielo consentirà. In ogni caso è una nuova ragione per chiedere l'uscita dell'Italia dalla Ue imperialista e guerrafondaia.
La Cancelliera tedesca Angela Merkel sosteneva l'attacco quale risposta “necessaria e appropriata” all'uso di armi chimiche ma teneva fuori la Germania dalle azioni militari.
Anche Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni vigliaccamente e ignobilmente non si dissociavano, allineati dietro l'imperialismo americano e Trump. Come spiegava il premier il 17 aprile nel suo intervento alla Camera sull'attacco in Siria: “Noi abbiamo chiarito agli alleati la nostra contrarietà a una escalation e l'impossiblità di giungere alla fine del conflitto solo con l'uso della forza e l'idea di cacciare 'manu militari' il dittatore Assad”. Per l'imperialismo italiano l'uso delle armi chimiche in Siria da parte del “regime orribile” di Assad non è accettabile e noi siamo, affermava Gentiloni, non neutrali perché “l'Italia è da sempre un coerente alleato degli Stati Uniti, chiunque sia a governarli. È una scelta di campo? Sì è una scelta di campo. E non dipende solo dal fatto che gli americani ci liberarono del nazifascismo ma da una difesa continua dei nostri valori. Nessuna stagione sovranista potrà cambiare il ruolo dell'occidente e la sua natura. Si può essere coerentemente nell'Alleanza Atlantica e contemporaneamente perseguire degli obiettivi e segnare delle differenze, così come è accaduto nella gestione della crisi in Siria”. Dove la “differenza” è stata solo quella di non permettere l'uso delle basi per attacchi diretti ma solo per azioni di supporto, pare almeno da Aviano. Il che rende comunque il governo italiano complice del guerrafondaio Trump e del suo attacco militare, senza contare che non è dato sapere quanto accade nelle basi Usa e Nato dove la libertà di movimento di aerei e navi americane è decisa dal Pentagono e non da Roma. Come conferma l'episodio del sottomarino nucleare statunitense Uss John Warner che, prima di partecipare all'attacco missilistico in Siria, lo scorso 20 marzo ha attraccato in rada a Napoli, nonostante che il porto della città sia stato dichiarato con la delibera n.609 del 23 settembre 2015 “area denuclearizzata”. Una ragione ulteriore per rivendicare l'uscita dell'Italia dalla Nato e la chiusura di tutte le basi Usa e Nato sul territorio italiano.
La sceneggiata che è stata rappresentata tra Washington, Londra e Parigi dal 7 al 14 aprile ha seguito un copione imperialista già noto e collaudato il 20 marzo 2003 quando scattò l'aggressione della “coalizione dei volenterosi” guidata dal presidente americano George Bush all'Iraq di Saddam accusato di possedere armi di sterminio di massa, armi che non esistevano ma delle quali giurava di avere prove certe l'allora premier inglese Tony Blair. La Francia di Jacques Chirac si tenne fuori dall'intervento nel'ex colonia inglese. A quindici anni di distanza la premier inglese May riprendeva il ruolo di certificatore a prescindere della colpevolezza del bersaglio attuale, il siriano Assad, mentre la Francia di Macron non restava a guardare ma anzi si faceva principale parte attiva nel sostenere il progetto di Trump, dopo che aveva già evidenziato la voglia di tornare protagonista nella regione e in particolare nella ex colonia siriana quando un mese fa Parigi si era offerta di mandare i soldati a proteggere la popolazione curda del cantone di Afrin assalito dalla Turchia. Gli Stati Uniti di Bush volevano ribadire il loro dominio imperialista sul mondo, quelli di Trump vogliono dimostrare che possono ritornare a essere la prima superpotenza. Hanno di fronte però una delle novità rispetto a quindici anni fa sullo scenario mediorientale, la presenza militare della Russia che proprio con la difesa delle sue basi terrestri e navali in Siria, e di conseguenza del regime fantoccio di Assad, si è tolta dall'angolo cui gli Usa di Obama l'avevano messa con la crisi e la guerra in Ucraina ed è tornata a essere una protagonista imperialista di primo piano sullo scenario mondiale. Putin si è costruito nella regione una sua alleanza imperialista con l'Iran e la Turchia del fascista Erdogan, tra l'altro ancora pilastro della Nato, che al momento tiene e con gli accordi di Astana si è aggiustata la spartizione del controllo della Siria: le forze dell'opposizione a Assad finanziate da Ankara, e le altre dal Qatar e dall'Arabia Saudita, lasciano le zone sotto il loro controllo nelle aree centrali e meridionali del paese al regime fantoccio di Damasco e alle milizie filoiraniane per essere concentrate al nord tra Idlib e attorno ai cantoni curdi nell'area di influenza turca. Un esempio sono le intese per la smobilitazione delle forze di opposizione da Ghouta est al nord mentre l'esercito turco aveva il via libera per l'occupazione di Afrin e forse verso le altre zone curde.
Trump ha annunciato più di una volta di volersi ritirare dalla Siria, tanto che ha già mollato i curdi usati solo per combattere lo Stato islamico, ma senza rinunciare a ribadire evidenti segnali di sostegno verso gli alleati, Israele e Arabia Saudita in primis, e di minaccia verso gli avversari imperialisti. Col raid incassava il sostegno dell'emiro del Qatar, Al Thani, che sembra sulla via della riabilitazione dopo essere stato messo al bando dai sauditi per i suoi rapporti commerciali con l'Iran, e del turco Erdogan che pure sta nell'altra coalizione. Tornerà con noi, aveva prospettato Macron che pensa di poter occupare lo spazio imperialista lasciato dagli Usa e ha concordato col rampollo reale saudita Mohammed bin Salman in visita a Parigi che è necessario frenare l’ “espansionismo iraniano” in Medio Oriente; l'aggressione saudita in Yemen e i massacri causati delle bombe che le industrie occidentali vendono a Ryad non esistono nelle agende imperialiste. No Erdogan sta con noi rispondeva il 16 aprile il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov, le differenze di valutazione sui raid americani non hanno “alcun impatto sulle prospettive multilaterali a lungo termine dello sviluppo e dell'interazione della cooperazione” tra i due paesi. Così è finora ma è evidente che il primo bersaglio dei missili di Trump, che per la Casa Bianca potrebbero essere di nuovo usati qualora il governo di Assad “dovesse usare nuovamente le armi chimiche”, è l'imperialismo russo guidato da Putin.
È un fatto comunque che ancora una volta si è verificato che le potenze imperialiste – dagli Usa alla Russia, dalla Cina ai paesi imperialisti minori -, fanno e disfanno come vogliono, in base ai loro esclusivi interessi economici, politici, commerciali, militari e diplomatici, non curandosi della legalità internazionale e dell'Onu. I loro popoli quindi non possono e non devono fare alcun affidamento su di essi e opporsi attivamente, anche sollevandosi in armi quando occorre, alle loro decisioni, specie se entrano in guerre di dominio.
 
 
 
 
 

18 aprile 2018