Lo rivela “Il Foglio”
Di Maio ha modificato da destra il programma votato dagli iscritti al M5S
Tra l'altro non c'è più la condanna “dell'interventismo della Nato in Siria”. Una mossa per poter accedere al governo, alla faccia della “democrazia diretta”

Il programma del Movimento 5 stelle, approvato esattamente un anno fa con una votazione on-line sulla piattaforma Rousseau e spacciato solennemente come l'unico programma elettorale approvato dalla base tramite la democrazia diretta, è stato modificato segretamente e arbitrariamente da Di Maio nelle ultime settimane prima del voto del 4 marzo. E segnatamente è stato modificato da destra per renderlo più "digeribile" dal sistema capitalistico italiano e dalle istituzioni borghesi e più allineato con le alleanze internazionali di cui l'Italia fa parte, cioè la Nato e la Ue.
Non che non ci fossimo già ampiamente accorti del continuo slittamento a destra dell'ambizioso "capo politico" del M5S, già ancor prima delle elezioni e soprattutto durante questa interminabile trattativa con Salvini e il "centro-destra" per aprirsi la strada verso Palazzo Chigi. Basti ricordare il suo fulmineo allineamento con gli Usa del fascista Trump nel bombardamento della Siria e la sua solenne riaffermazione dell'appartenenza dell'Italia alla Nato senza se e senza ma. Ma adesso c'è anche la certificazione documentale dei suoi tanti voltafaccia rispetto alla linea votata l'anno scorso dai circa 23 mila iscritti certificati del Movimento, come ha messo in evidenza un'indagine de "Il Foglio" del 17 aprile attraverso la comparazione diretta tra il testo del programma che era stato approvato allora e quello che compare attualmente sul "Blog delle stelle".
La comparazione è stata fatta utilizzando l'Internet Archive che "fotografa" le modifiche avvenute in un sito nel corso del tempo, e nel caso specifico confrontando le due successive "istantanee" disponibili in rete del "Blog delle stelle", risalenti al 2 febbraio e al 7 marzo. Dal confronto è emerso che non solo i 20 pdf del programma elettorale presenti alla data del 2 febbraio risultavano tutti cambiati in vari punti nei corrispondenti pdf del 7 marzo, ma addirittura ne risultavano inseriti altri 4 - "Smart nation", "Sport", "Editoria" e "Unione europea" - del tutto nuovi e mai votati da nessuno.

Una pezza peggiore del buco
Nell'articolo de "Il Foglio" si facevano anche diversi esempi dei cambiamenti effettuati, ma anche altri giornali, come "La Repubblica", e persino "il Fatto Quotidiano", non certo sospettabile di posizioni ostili verso il M5S come i primi due, riprendevano la notizia e pubblicavano a loro volta degli esempi comparati tra i due testi. Naturalmente ai piani alti del M5S si è cercato non senza imbarazzo di minimizzare e trattare la cosa come una "bufala" de "Il Foglio", con un intervento anonimo sul blog in cui si ammetteva che effettivamente il testo era stato cambiato, ma non il 7 marzo, cioè dopo le elezioni, bensì il 21 febbraio, "dopo un'ultima revisione dedicata all'impostazione grafica", e che si sarebbe trattato di "solo piccole modifiche di forma, una cosa normalissima".
E a supporto di questa tesi si tentava di mettere questa pezza che però risultava peggiore del buco: "Le versioni precedenti a quelle definitive, pubblicate il 21 febbraio 2018, erano chiaramente versioni provvisorie, sviluppate all'interno di gruppi di lavoro ad aprile dello scorso anno e che poi sono state oggetto di ulteriori modifiche, accogliendo proposte e istanze, fino alla stesura definitiva". Ma allora, se fino al 21 febbraio 2018 il programma era solo una "versione provvisoria", su che cosa hanno votato gli iscritti al M5S l'anno scorso? E di chi sono le misteriose "proposte e istanze" che hanno finito per modificare, anche in profondità, la linea "democraticamente" approvata dalla base pentastellata? Sono dovute a Di Maio? O a Casaleggio? O magari di tutti e due, alla faccia della tanto sbandierata "democrazia diretta"? A ben vedere tutte le modifiche apportate al vecchio testo consistono nel sostituire dappertutto i concetti e gli aggettivi più forti e decisi con altri più vaghi e sfumati, smussando angoli o addirittura cassando pari pari i passaggi più politicamente "compromettenti", in modo da diluire l'intero programma in una specie di brodo meno indigesto ai poteri forti nazionali e internazionali.
Ad esempio, per quanto riguarda le politiche del lavoro, nell'attuale versione è scomparsa la riduzione dell'orario di lavoro sotto le 40 ore settimanali, sostituita dalla proposta di una legge sulla "flessibilità dell'orario di lavoro e Smart Working". Sull'euro prima si leggeva che "siamo succubi di una moneta unica che rappresenta solamente un vincolo di cambi fissi tra economie troppo diverse", nella versione attuale questo giudizio nettamente negativo è sparito e si chiarisce che non si intende uscire dalla moneta unica. A proposito di Europa e austerità, mentre la vecchia versione denunciava una "vergognosa gestione della Grecia dove, nel nome del salvataggio dell'euro, abbiamo umiliato un popolo", nella nuova ci si limita a un più prudenziale "non possiamo finire come la Grecia". Sul famigerato obbligo del pareggio di Bilancio inserito nella Costituzione, prima si chiedeva seccamente la sua immediata abolizione, adesso si ricorre ad una lunga perifrasi per archiviare sostanzialmente il tema, scrivendo che "siamo del parere che debba essere il Parlamento italiano a decidere quanto tagliare e quando è il caso d'investire per lo sviluppo, anche ricorrendo al deficit". E così via.

Netta virata a destra su Ue e Nato
Sulla politica estera la manipolazione è ancora più evidente e clamorosa. Nel testo approvato l'anno scorso si condannava esplicitamente "l'unilateralismo dell'intervento umanitario" e la teoria imperialista della "esportazione della democrazia", si affermava il ripudio di "ogni forma di colonialismo, neocolonialismo e/o ingerenza straniera". Si sottolineava che l'"unilateralismo occidentale, in "Iraq, Somalia, ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq bis, Libia, Ucraina, Siria" ecc., e "le guerre di conquista dell'ultimo periodo hanno portato il mondo ad un passo dall'Apocalisse e ad oggi hanno prodotto centinaia di migliaia di morti, feriti, mutilati e sfollati. Territori devastati, smembrati, economie fallite, destabilizzazioni estese a intere regioni e milioni di persone in marcia verso l'Europa".
Si chiedeva perciò il disarmo e la denuclearizzazione del Mediterraneo, si denunciava un "chiaro cambio di finalità da parte della NATO rispetto al quadro difensivo per cui era stata ideata", e se ne chiedeva "un inquadramento delle sue attività in un'ottica esclusivamente difensiva", così come un ritiro da tutte le missioni militari dell'alleanza "contrarie alla lettera e allo spirito dell'art. 11 della Costituzione". Si puntava il dito contro l'interventismo dei nostri governi che "hanno distrutto intere popolazioni, come quella siriana, seguendo l'interventismo occidentale della NATO, cui l'Italia ha colpevolmente prestato il fianco rompendo le relazioni diplomatiche con Damasco", e si chiedeva "la cessazione immediata dell'interventismo militare camuffato da "umanitario" che è la principale causa del disastro attuale".
Tutte cose che sono state cancellate o sono state parecchio annacquate nella nuova versione "ad usum delfhini", cioè ad uso dell'aspirante premier Di Maio, che pochi giorni fa è arrivato come ben sappiamo a plaudire al bombardamento imperialista della Siria da parte di Usa, Gran Bretagna e Francia e giurare fedeltà alla Nato e alla Ue. E difatti il nuovo programma aveva già messo in soffitta le accuse alla Nato di fomentare guerre, ingerenze e instabilità, e qualsiasi proposito di "riformarla", ma si limitava a chiedere "l’adeguamento dell'Alleanza Atlantica al nuovo contesto multilaterale, contemplando un inquadramento delle sue attività in un’ottica esclusivamente difensiva". E a chiedere "di aprire un tavolo di confronto in seno alla NATO affinché il modello in vigore sia superato adeguandosi alle esigenze dei singoli Paesi alleati, anche in proporzione ai singoli contributi al budget atlantico".
Il sì del M5S all'acquisto dei droni da guerra per 766 milioni è solo l'ultima conferma concreta di questo ribaltamento della politica estera già operato senza chiedere il permesso a nessuno nel programma elettorale pentastellato.

25 aprile 2018