Saranno ascoltati Salvini e Maroni
48 milioni della Lega in Svizzera e nei paradisi fiscali

Nei giorni scorsi la procura di Genova ha aperto un nuovo fascicolo a carico della Lega sulla scandalosa gestione tra il 2008 e il 2010 dei fondi pubblici da parte che finì per coinvolgere tutto il cerchio magico leghista a cominciare dal caporione Umberto Bossi, suo figlio Renzo e dell'ex tesoriere Francesco Belsito i quali si sono già beccati due condanne per truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita: la prima a Milano, nell'ambito del filone principale dell'inchiesta ribattezzata“The Family” e la seconda a Genova.
La nuova indagine nasce dal sequestro di 48 milioni di euro disposto proprio dai giudici genovesi al termine del processo stralcio contro Bossi e Belsito entrambi condannati rispettivamente a due anni e mezzo e a quattro anni e dieci mesi.
Secondo la sentenza, nel periodo tra il 2008 e il 2010, i caporioni fascio-leghisti hanno presentato rendiconti irregolari al parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici per oltre 56 milioni di euro. Denaro poi utilizzato in gran parte per le spese personali della famiglia di Bossi e dei suoi fedelissimi.
Insieme a Bossi, nello stesso processo genovese, sono stati condannati anche i tre ex revisori contabili del partito Diego Sanavio, Antonio Turci e Stefano Aldovisi (rispettivamente a due anni e otto mesi, due anni e otto mesi e un anno e nove mesi) e i due imprenditori Paolo Scala e Stefano Bonet (cinque anni ciascuno).
Belsito, Scala e Bonet sono accusati anche di riciclaggio per aver portato oltre confine, a Cipro e in Tanzania, parte dei soldi illecitamente ottenuti.
L’inchiesta “The Family” fu avviata dalla procura di Milano nel 2012 e nel giro di di un anno costrinse alle dimissioni tutto il gruppo dirigente leghista favorendo così l'ascesa al vertice del Carroccio di Salvini e Maroni.
Il 10 luglio 2017 arriva la prima condanna di Bossi a due anni e tre mesi, mentre il figlio Renzo e Belsito si beccarono rispettivamente un anno e sei mesi e due anni e sei mesi.
Dal secondo verdetto di Genova nasce ora una nuova inchiesta per riciclaggio avviata in seguito all’esposto presentato a dicembre 2017 da Aldovisi il quale sostiene che Maroni e Salvini hanno utilizzato volontariamente e in parte occultato alcuni milioni della Lega di provenienza indebita. Infatti, dei 48 milioni posti sotto sequestro i giudici ne hanno recuperati poco più di due. Anche perché a gennaio scorso la Lega di Salvini ha furbescamente creato un nuovo soggetto politico per salvare la cassaforte leghista dai provvedimenti dei magistrati. Il simbolo del Carroccio infatti è passato da “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” a “Lega per Salvini premier”; lo stesso con cui l’aspirante premier fascio-leghista per il centrodestra si è presentato alle elezioni.
Contro il blocco dei conti leghisti si era scagliato con particolare veemenza tutto il Carroccio con alla testa Salvini. Ma nei giorni scorsi la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla procura di Genova che chiede di estendere il blocco dei fondi anche alle somme che arriveranno in futuro alla Lega.
Il sospetto è che durante l'inchiesta genovese (2013-2015, periodo in cui erano segretari Salvini e Maroni) la Lega ha cercato di occultare il malloppo in Svizzera e in vari altri paradisi fiscali europei.
Su questa ipotesi di riciclaggio si basa il nuovo fascicolo aperto dalla Procura di Genova. Al momento non ci sono indagati. Ma i Pm hanno già fatto richiesta di acquisizione della documentazione presso le banche straniere e, appena esaminate le carte, hanno già fatto capire che i primi ad essere ascoltati come persone informate sui fatti e non come indagati, saranno proprio i responsabili della Lega di quegli anni, quindi gli stessi Salvini e Maroni.

25 aprile 2018