Alle elezioni regionali del Friuli-Venezia Giulia del 29 aprile 2018
Mazzata astensionista ai partiti del regime capitalista e neofascista
Il 51,4% dell’elettorato si astiene, più 5,2% rispetto alle elezioni politiche. Crolla il M5S che perde il 15,1% rispetto alle politiche. La destra fa cappotto al “centro-sinistra” della Serracchiani e di Balzonello che perde il potere
Contro l’elettoralismo borghese pratichiamo l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo

Domenica 29 aprile 2018 si sono tenute le elezioni regionali in Friuli-Venezia Giulia, ad appena due mesi dalle elezioni politiche del 4 marzo e ancora nel pieno della crisi per la costituzione del nuovo governo nazionale. Come era accaduto per le elezioni regionali in Molise della settimana precedente, anche la consultazione friulana è stata al centro dell’attenzione mediata e dei vertici di tutti i partiti del regime per le ripercussioni che essa avrebbe potuto avere sulla formazione del nuovo governo di Roma. Qualcuno di loro si era anche illuso che ciò avrebbe costituito un forte richiamo alle urne per l’elettorato. Ma non è andata così.

Astensionismo stratosferico
L’interesse politico nazionale al massimo è riuscito a contenere l’ulteriore crescita dell’astensionismo che comunque veleggia ormai a livelli stratosferici.
569.465 elettori su 1 milione e 7 mila si è astenuto (disertato le urne, annullato la scheda o lasciata in bianco) pari al 51,4%. Rispetto alle passate elezioni regionali del 2013 l’incremento è dello 0,2%. Rispetto alle recenti elezioni politiche l’incremento è del 5,2%.
Non ci sfugge, ovviamente, che questo ultimo dato risulta un po’ falsato dalla differenza dei corpi elettorali fra i due tipi di elezioni, regionali e politiche come si può leggere in tabella. Nel primo caso il corpo elettorale comprende anche gli elettori all’estero e dunque l’astensionismo può essere “gonfiato” dagli elettori che non sono rientrati in Italia per votare. Nel secondo caso invece gli elettori all’estero non sono compresi nel corpo elettorale regionale ma in quello dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) che possono esercitare il voto anche a distanza. Comunque è un dato che alle politiche circa il 70% degli italiani residenti all’estero si sono astenuti e che in queste regionali si sono guardati bene dal tornare per andare alle urne.
Per la prima volta alle regionali in Friuli anche la diserzione dalle urne, la scelta elettorale più radicale ed esplicita che l’elettore astensionista possa esprimere, ha superato il 50% con un incremento rispetto al 2013 dello 0,9%. Nella provincia di Trieste addirittura è al 56,3% (+2,2% rispetto al 2013).
Cifre da capogiro, in una regione fra l’altro dove ancora nel 1993 si recava alle urne l’80,1% dell’elettorato.
L’astensionismo non è dunque solo il primo “partito” ma col 51,4% sbaraglia tutti gli altri. Il secondo partito, la Lega Nord, si ferma al 13,3% dell’intero corpo elettorale. Gli altri partiti sono tutti al di sotto del 7%.
Una distanza abissale che marca il solco profondo che ormai divide la grande maggioranza dell’elettorato dai governi e dalle istituzioni rappresentative borghesi, compresi quelli locali, e da tutti i partiti del regime capitalista e neofascista.
Il neogovernatore leghista Massimiliano Fedriga, sostenuto da ben 5 liste, pur ottenendo il 57,1% dei voti validi, per effetto dell’astensionismo può in realtà contare solo sul consenso del 27,7% dell’intero elettorato. Oggettivamente ciò equivale a un vero e proprio atto di sfiducia e di delegittimazione per il neogovernatore e il suo futuro governo.
In questa situazione nessun partito del regime può davvero cantar vittoria.

Cocente sconfitta di PD e M5S
Il più grande sconfitto è sicuramente il “centro-sinistra” e il PD che dopo cinque anni perde il governo della regione e incassa il pieno fallimento della giunta di Debora Serracchiani (renziana della seconda ora, poi salita sul carro del vincitore e divenuta vicepresidente del PD) e di Sergio Bolzonello che era candidato a sostituirla.
In cinque anni la coalizione perde 67.147 voti, passando dai 211.508 del 2013 ai 144.361 attuali. Il PD ne perde 30.757, attestandosi appena al 6,9% rispetto al 9,7% del 2013.
Voti che non vengono raccolti dalla lista Open-Sinistra FVG, la lista unitaria nata a sinistra del PD, riunendo fra l’altro Leu, Sel e altri a sostegno del candidato piddino Bolzonello, che di voti ne raccoglie 16.774. Meno dei 17.757 voti presi solo da Sinistra Ecologia e Libertà nel 2013.
L’altro grande sconfitto è il Movimento 5 stelle (M5S) che ottiene 29.810 voti pari appena al 2,7% dell’elettorato. Il risultato del M5S che aveva promesso in campagna elettorale di trasformare il Friuli nientedimeno che nella “Silicon Valley d’Europa” non è solo una battuta d’arresto ma un vero e proprio arretramento. Infatti anche rispetto alle elezioni in Molise dove, pur perdendo consensi rispetto alle politiche, ne guadagnava rispetto alle precedenti regionali, in Friuli-Venezia Giulia il M5S arretra su tutti i fronti. Quasi dimezza i suoi consensi rispetto al 2013 dove di voti ne aveva ottenuti 54.908, e perde addirittura 139.489 voti (pari al 15,1%) rispetto alle politiche di quest’anno.
Un risultato che dunque non può essere spiegato solo con il fatto che il M5S ottiene sempre meno voti nelle elezioni locali rispetto alle elezioni politiche (che comunque testimonia uno scarso radicamento nel territorio).
Fin qui il M5S, confrontando elezioni omogenee, aveva sempre ottenuto risultati migliori rispetto alle consultazioni precedenti. Questo risultato friulano segna invece una controtendenza che evidentemente è il frutto delle ultime scelte politiche e governative di Di Maio, Grillo e Casaleggio e indica che è già iniziata una certa disillusione nell’elettorato del M5S specie di quella componente di sinistra che si era fatto abbagliare dalla promessa di “cambiamento” e che ora si ritrova ingannata e strumentalizzata ai fini dell’alleanza con la destra neofascista, razzista e xenofoba di Salvini.
Non è quindi difficile intuire come una buona parte di elettorato di sinistra friulano che cinque anni fa ma anche solo due mesi fa aveva votato PD o M5S si sia riversato nell’astensionismo, mentre una parte di elettori di destra che temporaneamente erano approdati all’astensionismo siano tornati alle urne a sostenere la loro coalizione.

La destra conquista il potere
La coalizione di destra infatti ottiene complessivamente 264.769 voti pari al 62,7% dei voti validi. Solo alle politiche del 1996 il “centro-destra” aveva ottenuto in Friuli-Venezia Giulia una percentuale di voti validi superiore, ossia il 65%. Ma i voti allora erano quasi il doppio. Infatti, in quell’occasione la coalizione ottenne 549.371 voti, e ancora, nelle elezioni politiche del 2006, ne poteva contare 441.194. La stessa Lega Nord che vanta i suoi attuali 147.340 voti alle regionali e i 177.809 voti alle politiche come un risultato storico, in verità alle politiche 1996 aveva ottenuto 195.864 voti, mentre alle elezioni regionali 1993 ne aveva ottenuti addirittura 212.423. Il risultato di quest’anno dunque non è affatto un record assoluto. Ma tanto basta per far cappotto al “centro-sinistra” e allo stesso M5S che sono invece in caduta libera e conquistare il potere della regione.
La novità, che ormai è una conferma di ciò che è già avvenuto con le elezioni politiche del 4 marzo, è il ribaltamento del rapporto di forza fra Lega e Forza Italia all’interno della coalizione di “centro-destra”.
Frutto di questo ribaltamento sarebbe lo stesso neogovernatore friulano candidato solo all’ultima ora. Il candidato avrebbe dovuto infatti essere un esponente di Forza Italia, Renzo Tondo, già due volte presidente della regione. Ma dopo averlo annunciato ufficialmente il nome di Tondo è stato fatto cadere in favore di quello di Fedriga, deputato della Lega molto vicino a Salvini. Si dice che Forza Italia sia stata costretta a sacrificare Tondo in cambio del via libera all’elezione della berlusconiana di ferro Casellati alla presidenza del Senato. Un vero e proprio smacco per Berlusconi.
La Lega sta letteralmente prosciugando l’elettorato di Forza Italia: è passata dai 33.047 voti del 2013 (pari al 10,3% dei voti validi) ai 147.317 attuali (13,3%); mentre Forza Italia è calata vistosamente dagli 80.063 voti (7,3%) del 2013 ai 50.908 attuali (4,6%). Ciò determina uno smarcato spostamento a destra della coalizione che pertando non può più essere definita di “centro-destra” ma a tutti gli effetti una coalizione di destra.

Un voto al PMLI e al socialismo
Il problema per il proletariato e le masse popolari non sta comunque fra chi dei partiti del regime capitalista e neofascista guiderà il governo della regione o del Paese. La pratica ha dimostrato che qualsiasi sia il governo borghese e qualsiasi sia il partito del regime che ne abbia la maggioranza, sia questo di “centro-sinistra”, di “centro-destra” o di destra, ivi compreso il M5S, non è possibile nessun vero cambiamento fermo restando il capitalismo.
L’unica posizione da cui è possibile difendere gli interessi del proletariato e delle masse popolari è quello dell’opposizione al governo e alle istituzioni rappresentative borghesi che innanzitutto si esprime nella lotta di classe e di piazza, nelle fabbriche, nelle scuole e università, nei quartieri popolari e nelle periferie urbane, per difendere e imporre le proprie rivendicazioni e i propri diritti. Sul piano elettorale tale opposizione si esprime attraverso l’astensionismo. In particolare all’elettorato di sinistra, noi chiediamo di abbandonare definitivamente ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e pacifista e di impugnare con forza l’arma dell’astensionismo elettorale tattico come un voto cosciente dato al PMLI e al socialismo.
 

16 maggio 2018