Salvini difende il palazzinaro corruttore Parnasi che ha finanziato la Lega
Tangenti anche a M5S e Lega per lo stadio di Roma
9 arrestati tra cui il corruttore Parnasi e Civita (PD), Palozzi (FI) e Lanzalone (M5S). 27 indagati tra cui Gola (M5S), Ferrara (M5S) e Bordoni (FI). Parnasi ha finanziato anche la campagna elettorale di Piva e Vaglio, candidati del M5S scelti da Di Maio. Lanzalone, consigliere di Grillo e Casaleggio, consulente della Raggi, era sicuro che Bonafede lo avrebbe messo dove voleva.
La sindaca pentastellata deve dimettersi subito

Nove arresti (6 in carcere e tre ai domiciliari) e 27 indagati è il bilancio provvisorio del nuovo terremoto politico-giudiziario che il 13 giugno si è abbattuto sul Campidoglio e scaturito dell'inchiesta condotta dalla procura di Roma sui lucrosi appalti per la costruzione del nuovo stadio della AS Roma calcio a Tor Di Valle.
Tra gli arrestati spicca il palazzinaro Luca Parnasi (suo il progetto e il terreno dello stadio) e amministratore della Eurnova, finito in carcere insieme al suo spicciafaccende Giulio Mangosi e quattro suoi collaboratori: Luca Caporilli, Simone Contasta, Nabor Zaffiri e Gianluca Talone.
Ai domicilari sono finiti invece il vicepresidente del Consiglio Regionale e numero due della commissione Lavori pubblici, Adriano Palozzi (FI), l'ex assessore regionale all'Urbanistica della Giunta Zingaretti e attuale consigliere regionale Pier Michele Civita (PD) e il presidente dell'Acea Luca Lanzalone: l’avvocato di Crema con tre studi a Genova, New York e Miami, consigliere di Grillo e Casaleggio che Di Maio e i vertici del M5S hanno premiato per il “buon lavoro svolto a Livorno e a Roma” garantendogli la presidenza di Acea (stipendio da oltre duecentomila euro l’anno) a titolo di ricompensa per aver sbloccato, in veste di superconsulente della sindaca Raggi, il dossier per la realizzazione del nuovo impianto sportivo che appena un anno fa gli stessi Cinquestelle e in particolare l'ex assessore all'Urbanistica Paolo Berdini definivano “la più grossa speculazione immobiliare d’Europa”.
Le accuse a vario titolo vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, alla corruzione e traffico di influenze.
Tra gli indagati spicca il capogruppo M5S in Campidoglio Paolo Ferrara che nei primi mesi del 2017 aveva partecipato alla trattativa con il gruppo Parnasi per la modifica della prima stesura del progetto; il capogruppo di Forza Italia in Campidoglio Davide Bordoni; l'ex assessore M5s del X Municipio di Roma (Ostia) Gianpaolo Gola; e ancora Francesco Prosperetti direttore della Soprintendenza speciale archeologica, Giovanni Malagò presidente del Coni, e l'immancabile faccendiere piduista Luigi Bisignani, coinvolto nelle più inquietanti inchieste giudiziarie degli ultimi decenni.
Sotto inchiesta ci sono anche Mauro Vaglio e Daniele Piva, entrambi candidati alle politiche nei collegi uninominali e scelti personalmente da Di Maio, ai quali Parnasi ha finanziato anche la campagna elettorale. Non sono stati eletti, ma secondo i Pm “erano entrati anche loro nel giro di corruzione intorno allo stadio della Roma”.

Corruzione sistemica a Cinquestelle
Secondo il Giudice per le indagini preliminari ( Gip) Maria Paola Tomaselli e il Procuratore aggiunto (Pa) Paolo Ielo: “L’indagine ha consentito di individuare un sistema riconducibile a Luca Parnasi, che ha fatto del metodo corruttivo verso esponenti istituzionali un significativo asset d’impresa. Un flusso costante di relazioni che, in una sorta di crescendo rossiniano, definisce un modello di corruzione sistemica, caratterizzata da un’opzione criminale insensibile ai mutamenti politici ed istituzionali... un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione... Un metodo corruttivo finalizzato a realizzare profitti al massimo grado e incurante dei danni sociali che esso provoca".
La tesi accusatoria è che: in cambio dei lucrosi appalti tutti i boss politici coinvolti dal M5S alla Lega, fino a PD e FI hanno ricevuto dagli imprenditori non solo tangenti ma anche una serie di favori e utilità: case, consulenze da decine di migliaia di euro finanziamenti per le campagne elettorali e assunzioni di amici e parenti.
Dunque l'inchiesta è destinata ad allargarsi a macchia d'olio anche perché le 288 pagine dell'ordinanza giudiziaria sono disseminate di omissis: segno evidente che le indagini non sono affatto concluse e che nei prossimi giorni il numero degli arresti e degli indagati potrebbe ulteriormente aumentare.

Nella mangiatoia anche la Lega di Salvini
Tra le carte dell'indagine spuntano anche 250mila euro che Parnasi, tramite una sua società, ha dato all'associazione "Più Voci" considerata vicina alla Lega. In un'intercettazione Parnasi precisa che la dazione è stata fatta per creare "un sistema di imprenditori, appaltatori" anche a Milano.
A confermarlo è Giulio Mangosi incaricato da Parnasi di tenere i rapporti con la politica: “Parnasi è abituato a questo metodo… Lui purtroppo è rimasto troppo anni '80. È abituato solo così”. Anzi si vanta pubblicamente coi suoi collaboratori ai quali ad esempio nel corso di una conversazione intercettata a gennaio scorso, alla vigilia delle elezioni politiche e amministrative, rivela: “Con voi posso parlare con franchezza. Io spenderò qualche soldo sulle elezioni, perché ci giochiamo una fetta di credibilità per il futuro. Ed è un investimento che devo fare. Molto moderato rispetto a quello che facevo in passato, quando ho speso cifre che manco te lo racconto”.
In un'altra intercettazione col suo “confidente e consigliere” Luigi Bisignani (piduista), Parnasi chiarisce che: “quei soldi servivano non solo a valorizzare la Lega, ma Stefano Parisi (candidato del centro-destra alle comunali vinte da Sala ndr.) e tutto il centro-destra. E sono stati un veicolo per accreditarmi a Milano in maniera importante. Avevo 38 anni e chi cazzo mi conosceva...”.
Ecco perché il caporione fascio-leghista, vicepremier e neo ministro degli Interni, Salvini, si è subito schierato a difesa del palazzinaro corruttore definendolo addirittura “persona per bene”.

Un corruttore seriale
In realtà Parnasi è un “corruttore seriale” che a suon di tangenti elargite a tutte le cosche parlamentari borghesi a cominciare da Lega e Cinquestelle, ma anche al PD e Forza Italia, ottiene appalti, variazioni al Piano regolatore e permessi per costruire anche in zone alluvionali o protette da vincoli urbanistici e paesaggistici. Non a caso il Gip definisce Parnasi “non solo capo di una complessa struttura imprenditoriale, ma anche regista di un’articolata strategia criminale tendente ad ottenere, con qualsiasi mezzo, provvedimenti favorevoli al suo gruppo imprenditoriale dalla pubblica amministrazione”.
Così, quando si tratta di aggiustare la grana del vincolo posto dalla Soprintendenza di Roma sulle tribune del vecchio Ippodromo di Tor di Valle che rischiano di bloccare sine die l’avanzamento del progetto dello stadio, liquida con 54 mila euro Claudio Santini, capo segreteria del ministro dei beni culturali Franceschini, per la mediazione che gli consente di avvicinare e risolvere la faccenda con il soprintendente Francesco Prosperetti.
Finanzia con 25 mila euro la campagna elettorale che lo eleggerà consigliere regionale per il Pdl Adriano Palozzi che si mette a disposizione e promette: “Vado a fare quello che ci è utile”.
Assicura all’ex assessore regionale PD Civita, di assumergli il figlio. Accontenta con qualche migliaio di euro il funzionario del Comune, l’ingegner Daniele Leoni. Rassicura Ferrara, capogruppo consiliare Cinque Stelle, circa il progetto di restyling “gratuito” del lungomare di Ostia che deve servire “a tenere buoni gli Spada “.
Ma soprattutto, annotano i magistrati, “per guadagnarsi definitivamente i favori del mondo Cinque Stelle, avvia un’attività di promozione in favore del candidato 5 Stelle Roberta Lombardi alla Regione, rafforzando così i suoi legami con lo stesso Paolo Ferrara e Marcello De Vito (presidente del consiglio comunale ndr) che gli hanno avanzato la richiesta”. In sostanza Parnasi mette a disposizione della candidata Roberta Lombardi il responsabile della comunicazione della sua Eurnova, Giulio Mangosi. Il primo febbraio 2018, Mangosi racconta ad un amico: “Ieri sono salito a bordo dalla Lombardi, non da interno ma in coordinamento con Augusto Rubei (attuale portavoce della ministra Trenta, ndr) che è il suo capo campagna e che è stato il capo campagna della Raggi. Sta lavorando per Di Maio pure a livello nazionale. Augusto è un ragazzo bravissimo che già conoscevo prima. Non è un Cinque Stelle, è uno molto intelligente e molto furbo... ha creato lui la Raggi a livello mediatico, ora sta aiutando la Lombardi, io gli sto dando supporto su tutto... gli darò supporto su tutti i giornali locali… Lei non vincerà mai però magari poi a livello nazionale semmai ce la fanno e quindi magari...»
La Lombardi in una intervista a “La Repubblica” del 14 giugno nega e attacca: “A portare Lanzalone a Roma è stato il gruppo che si occupava degli enti locali”. Quindi Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.

Il facilitatore pentastellato
Ma il vero capolavoro Parnasi lo compie con Lanzalone: il facilitatore pentastellato a cui Grillo, Casaleggio e Di Maio, affidano il compito di sbloccare l'iter burocratico e dare il via libera alla realizzazione dello stadio.
Fra Parnasi e Lanzalone l'intesa è perfetta. “Quando c’è Lanzalone... c’è Wolf “, ripeteva al telefono Parnasi paragonando il superconsulente della Raggi al personaggio di Pulp Fiction. E così, in cambio di una “consulenza” d'oro da centomila euro, Lanzalone accredita Parnasi come l’uomo su cui i Cinquestelle possono contare per la realizzazione del nuovo stadio della Roma. Tant'è che durante un pranzo a casa del costruttore Salini, in cui è ospite anche Bisignani, Parnasi annuncia entusiasta: “Ho il mondo Cinque stelle in mano... Possiamo capitalizzare il super rapporto con i 5 Stelle” con appalti per la manutenzione delle strade in cambio di investimenti nel real estate. Interventi di riqualificazione della ex Fiera e dello stadio Flaminio in un filotto di “ nuovi stadi”. Per il volley, il basket, il rugby.
Lo sbarco di Lanzalone a Roma non è dunque casuale. Ancor prima dell'incarico all'Ampas di Livorno affidatogli da Filippo Nogarin, Lanzalone vestiva già i panni dell'”avvocato degli affari sporchi” a Genova ma all'ombra delle giunte PD.
Tutti sapevano che Lanzalone è vecchio volpone della politica: ex giovane socialista nel Psi di Craxi, vicino all’allora presidente dell’Autorità portuale di Genova Rinaldo Magnani; coordinatore dei giovani del Patto Segni nel capoluogo ligure; poi con Forza Italia e dopo con l’Idv; legami amicali e imprenditoriali con un capobastone democristiano genovese, Marco Desiderato; consulente per la giunta arancione di Marco Doria “raccomandato” da un ex assessore comunale del Pdci, poi diventato dirigente nella società dei rifiuti genovese Amiu.
Ma solo ora che il bubbone è scoppiato gli stessi consiglieri Cinquestelle del Campidoglio ne prendono le distanze e cercano di scrollarsi di dosso ogni responsabilità ricordano che: “A presentarcelo è stato Alfonso Bonafede insieme a Riccardo Fraccaro (ora promossi entrambi ministri alla Giustizia e Rapporti col Parlamento) ma all'epoca tutori della Raggi incaricati dal direttorio nel dicembre 2016 di affiancare la sindaca in seguito all’arresto per corruzione dell’ex fedelissimo Raffaele Marra.
Non a caso Bonafede, ad oggi, è considerato il numero 2 del Movimento dopo Luigi Di Maio. Oltre a Lanzalone anche il premier Giuseppe Conte è considerato un sua creatura politica. Bonafede era il suo assistente all'Università di Firenze ed è stato lui a “reclutarlo” tra le file del Movimento e a segnalarlo a Di Maio e al vertice M5S. Dunque si può dire che il neo- Guardasigilli ha portato in dote al M5S due uomini di peso assoluto: il premier e il cosiddetto “sesto sindaco di Roma” Lanzalone.
Ma per capire meglio il ruolo cruciale che Lanzalone occupa all'interno del Movimento basta ricordare che è stato proprio lui a scrivere il nuovo statuto dei Cinquestelle. Ed è stato sempre lui a lanciare l’idea della seconda associazione che tanti problemi sta creando dal punto di vista legale (basti pensare alla causa intentata a Genova dai vecchi iscritti che reclamano nome e simbolo). Ed era ancora lui, appena otto ore prima di essere arrestato, a cena in un ristorante di Corso Vittorio, vicino al Senato, a 8 minuti a piedi dal quartier generale dell’associazione Rousseau a Roma, a consultarsi con Davide Casaleggio sui rapporti da tenere con le società partecipate dallo Stato in vista dell'imminente lottizzazione dei vertici a cominciare dalla Cassa depositi e prestiti, a cui aspirava lo stesso Lanzalone, Rai e Gse.

Il patto di governo
Non solo. Dalle 387 pagine dell’informativa del nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma, allegata agli atti dell’inchiesta, si evince che il nero patto di governo tra i 5 Stelle e la Lega è nato proprio a casa di Parnasi otto giorni dopo il 4 marzo. Il 12 marzo Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, e Luca Lanzalone, il “mister Wolf” fedelissimo di Luigi di Maio, insieme a Parnasi decidono a tavolino tutte le mosse che 89 giorni dopo le elezioni ha portato all'insediamento del governo Conte.
Per il Procuratore aggiunto Ielo e la Pm Barbara Zuin la cena a casa Parnasi riveste un'importanza decisiva ai fini dell’inchiesta come dimostrano le cinque pagine di omissis utilizzate nell'ordinanza di arresto per coprire le intercettazioni e soprattutto i nomi dei protagonisti ai più alti livelli. Dopo quella cena infatti c’è stato anche un pranzo, il 16 maggio scorso. Parnasi annuncia ai suoi ospiti l’arrivo di Giorgetti. Trattandosi di un parlamentare, gli investigatori non annotano quello che si dicono. Seguono però con attenzione ciò che accade dopo.
Parnasi rientra di corsa nella sede della sua azienda, la Ampersand, e riferisce alla sorella Flaminia e alla madre che a breve passerà a trovarlo «un avvocato dei 5 Stelle che potrebbe essere nominato Primo ministro». Si tratta proprio di Lanzalone. Anche in questo caso gli inquirenti omissano il contenuto di quella conversazione negli uffici della Ampersand. Ne indicano però l’oggetto: la formazione del nuovo governo. «Parnasi — scrivono i carabinieri — seguita a dispensare consigli a Lanzalone su come proporsi a Spadafora e agli altri esponenti dei 5 Stelle per proporre il suo nome». Davvero Giorgetti ipotizzò con Parnasi di proporre mister Wolf Luca Lanzalone come presidente del consiglio del governo Lega-5 Stelle? Di fatto si sa che il nome di Giuseppe Conte è stato avanzato pubblicamente da Luigi Di Maio il 21 maggio. Cinque giorni dopo. E di sicuro c'è che Parnasi ha messo in contatto il suo mentore Luigi Bisignani con Lanzalone e Giorgetti per la nascita del cosiddetto “governo del cambiamento”.

La Raggi deve dimettersi
Altro che “Non l’ho scelto io, manco lo conoscevo, me l’hanno imposto loro” come dice la sindaca Raggi nel tentativo di scrollarsi di dosso ogni responsabilità scaricando tutto su Bonafede e Fraccaro e tirando in ballo anche il sindaco di Livorno Filippo Nogarin e l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti (da 10 mesi traslocato nella giunta romana). Altro che: “Roma non è più ladrona, nei vent’anni precedenti i lavori pubblici si facevano con le mazzette, con noi tutto questo è finito”.
“Le indagini – è scritto nell’ordinanza – hanno offerto elementi concreti per ritenere che le figure istituzionali interessate, a cominciare dal sindaco Raggi, non solo hanno tollerato tale funzione di fatto esercitata, ma le hanno dato piena legittimazione”.
Perciò, anche se al momento la Raggi è fuori dalle responsabilità penali e giudiziarie, sul piano delle responsabilità politica, amministrativo e istituzionale è dentro fino al collo nello scandalo di “Stadiopoli” e perciò deve immediatamente dimettersi. Anche perché nei prossimi giorni sarà alla sbarra il 21 giugno prossimo nel processo per falso ideologico nell'ambito dell'inchiesta sulla nomina di Renato Marra, fratello dell'ex braccio destro di Raggi, Raffaele.
Raggi ma soprattutto Di Maio hanno ripetuto che nel Movimento “chi sbaglia paga”.
Bene! Allora loro per primi devono dire chiaramente a nome di chi Lanzalone tesseva rapporti e trattava nomine per i cda delle grandi aziende di Stato? Chi gli ha consentito di sedersi a cena con il costruttore Parnasi, il piduista Bisignani e il fascio-leghista Giorgetti prima della formazione del governo? Chi gli ha permesso di scrivere il nuovo statuto del Movimento per dare un potere immenso a pochissime persone ed escludere la base da qualsiasi scelta?
Niente distingue M5S e Lega dai partiti che hanno fin qui governato l'Italia. I cosiddetti “volti nuovi” di cui si vanta il governo Conte sono gli eredi e i continuatori, in peggio, della politica corrotta, antioperaia e al servizio del capitalismo dei governi che l'hanno preceduto, da quelli egemonizzati dalla Dc a quelli Craxi, Berlusconi, Renzi.
Ecco perché è quanto mai urgente buttare giù il governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio

20 giugno 2018