Assad minaccia i curdi: “Negoziati o guerra”
Rojava disponibile ad avviare “colloqui incondizionati” col governo siriano

 
Era a un passo dal tracollo sotto i colpi dello Stato islamico e solo l'intervento militare dell'imperialismo russo, a difesa anzitutto delle sue basi nel paese, lo ha ripreso per i capelli e rimesso in sella a Damasco e seppur controlli solo una parte della Siria il presidente Bashar Al Assad, per niente pentito di aver bombardato il suo popolo, ha la sfrontatezza di alzare la voce e dettare le sue condizioni per il futuro. Mettendo nel mirino i curdi.
In una intervista alla tv Russia Today del 31 maggio Assad dichiarava che gli Stati uniti “devono lasciare la Siria”, ritirare subito soldati, consiglieri e agenti in particolare nelle regioni settentrionali controllate dai curdi. E fin qui va bene. Ma poi sosteneva che il regime di Damasco avrebbe ripreso il controllo delle zone settentrionali del paese sotto il controllo delle Forze democratiche siriane (Sdf), l'alleanza curdo-araba guidata dalle Ypg curde sostenute dagli Usa. “Siamo disposti ad aprire le porte del negoziato perché la maggior parte di loro sono siriani che amano il loro paese e non vogliono essere marionette degli stranieri”, sosteneva Assad che minacciava “altrimenti, ricorreremo alla liberazione di quelle zone con la forza”, assicurandosi di avere accanto i generali russi.
L'imperialismo americano non segue certo i consigli del dittatore di Damasco e definiva un accordo con Ankara per il ritiro delle forze curde da Manbij. I curdi mollati dagli Usa, una volta terminato il lavoro contro lo Stato islamico, rischiano di venire stritolati nel gioco tra Turchia, Russia e Usa, e sono tornati a rivolgersi a Assad. Un responsabile delle Sdf, a nome anche del Consiglio democratico siriano (Dsc), il 13 giugno dichiarava che “tenendo conto del controllo che le nostre forze hanno sul 30% della Siria e del fatto che il regime ora ha piena autorità su buona parte del paese, appare chiaro che queste sono le uniche due forze che possono sedersi al tavolo di negoziati e formulare una soluzione alla crisi siriana” e esprimeva la volontà delle organizzazioni curde siriane di avviare “colloqui incondizionati” col governo di Damasco.

27 giugno 2018